UTE: de mulieribus illustribus – dialetto, soggetto e strumento della memoria.

Docente: Alberta Chiesa.

elisabetta-iElisabetta I, detta la regina vergine, ebbe parecchi amanti, ma non volle mai sposarsi per non dipendere mai da un uomo che sarebbe diventato re.

Fu un’abilissima politica e portò il suo paese verso la prosperità che rese possibile la prima rivoluzione industriale inglese. Tale prosperità fu anche la conseguenza del sistematico saccheggiodelle navi spagnole che tornavano cariche di merci preziose dal Nuovo Mondo. Fu una donna molto vanitosa e lanciò la moda di imbiancarsi il viso (doveva coprire le cicatrici del vaiolo)e quella di rasarsi le sopracciglia e i capelli sulla fronte; poneva molta attenzione ai suoi vestiti e manteneva una corte molto costosa. Amava molto il teatro e fu durante il suo regno che Shakespeare rappresentò le sue opere.

Ebbe anche problemi di salute, che lei però mascherò sempre con ostinazione per dare sempre un’immagine di forza e di sicurezza.

E’ stata senz’altro una donna che ha lasciato un’impronta importante nella storia del suo paese. Per approfondire le notizie biografiche cliccare QUI

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docenti : Enrico, Ghioni, Franco Gottardi e Adrana Vasirani

La seconda lezione di oggi verteva sul dialetto e in particolare sulle antiche ricette, in prosa o in poesia, tramandate per via orale da madre a figlia, da suocera a nuora per secoli e ogni famiglia aveva la sua particolare ricetta: quell’ingrediente in più o in meno che la rendeva “diversa”. Sono stati ricordati i piatti della cucina povera che caratterizzava l’alimentazione della popolazione di queste zone fino a non molti decenni fa:  polenta, tucc, minestrone, zuppa di cipolle (sopa de scigulen), missoltit, buseca (trippa).

Interessante l’annotazione sul sempre vivo scambio tra dialetti e lingua italiana: anche Tullio De Mauro, recentemente scomparso, sosteneva che la morte dei dialetti può essere fatale anche per la lingua nazionale.

Anche oggi due belle lezioni e un pomeriggio piacevolissimo.

 

 

7 marzo : tanti auguri , Vanna!

Nel 50 della sua professione religiosa (5 anni fa) , le sue consorelle di Ban Seng Arun hanno scritto la storia  di Madre Giovanna Catellani (che è mia sorella) e io la sintetizzo  così:

Tra le sorelle venute in Thailandia, una particolare importanza ha avuto l’opera di madre Giovanna Catellani nel dare impulso alla crescita dell’ordine…..Nata nel 1943 a Rolo (RE) è  entrata in monastero nel 1960 , ha emesso la professione religiosa nel 1962 ed è partita per la Thailandia nel 1968. In quel tempo esisteva il solo monastero di Ban Pong (fondato nel 1936) e dopo due mesi le è stato affidato il compito di maestra delle novizie, affiancandole un’interprete. Già 4  anni dopo è partita con dieci suore  da Ban Pong per fondare un nuovo monastero a Ban Seng Arun a sud di Bangkok. Dopo dodici anni questa  comunità si era talmente ampliata che si è reso necessario pensare alla fondazione di una nuova comunità a Sampran, cui si unì nel 1979 un altro monastero nel nord della Thailandia e così pure nel 1986, nel 1988 e nel 2002 in altre zone del paese.

Nel frattempo le comunità thai hanno ottenuto di costituire una federazione autonoma , che suor Giovanna presiederà a lungo, per lasciare poi la guida della federazione a suore thai….

Il racconto termina con la menzione del lavoro di traduzione in lingua siamese dei testi  necessari alla formazione delle religiose e con il ringraziamento affettuoso e riconoscente per la generosità con cui suor Giovanna si è donata alla sua missione e alle consorelle.

E io oggi, nel giorno del suo 74° compleanno unisco al loro “grazie” il mio.

Auguri, Vanna!!!

Film: L’attesa di P. Messina.

l'attesaIl film si apre con una cerimonia funebre e con un bacio a un Crocifisso, il Figlio morto sulla croce. Poi la scena cambia e ci si ritrova dentro a una villa solitaria sulle pendici dell’Etna: fuori imperversa la luce accecante del sole di primavera, dentro domina il buio, la penombra e anche gli specchi vengono oscurati in segno di lutto. In questa oscurità vive Anna, in preda a un dolore che la impietrisce…. ma arriva Jeanne, una giovanissima ragazza francese, la fidanzatina di Giuseppe che l’ha invitata come ospite a casa sua, ma Giuseppe non c’è e Anna non spiega la sua assenza se non dopo molte richieste di spiegazione: Giuseppe è dovuto andare via e tornerà per Pasqua (siamo nella settimana santa) perciò Jeanne può fermarsi ad aspettarlo. Col passare dei giorni Jeanne e Anna stringono un rapporto di amicizia, ma solo per intromissione del factotum di casa , Pietro, Jeanne capirà che Giuseppe in realtà è morto e che la madre vuole continuare a farlo vivere nei suoi pensieri non accettando la dolorosa realtà di un distacco definitivo e capisce che è proprio per conoscere meglio attraverso di lei quel figlio che non c’è più. Con l’abbraccio fra le due donne alla partenza di Jeanne, questa non rivela ad Anna di aver scoperto la verità, per consentirle di continuare a vivere nella sua illusione.

Il film si fa apprezzare per molti aspetti: la fotografia in primis. Ogni inquadratura sembra un quadro di qualche pittore fiammingo o del Caravaggio:raggi di sole penetrano dalle persiane semichiuse rivelando forme avvolte nell’oscurità ; corridoi bui fanno intravvedere da lontano la luce prorompente della Sicilia . Altro pregio è da ritrovare nella recitazione delle due protagoniste, Juliette Binoche e Lou de Laâge, entrambe inarrivabili nel gioco di sguardi e di espressioni : la loro comunicazione è più affidata a questi segni che alle parole.

Un particolare interesse rivestono  poi i riferimenti alla settimana di Passione, che culminano nella processione del Venerdì Santo. Lì in mezzo alla folla, ad Anna pare di vedersi accanto il figlio almeno per un attimo e quindi si mette a cercarlo con angoscia crescente  , forse con la stessa angoscia  con cui un’altra madre, Maria,  ha seguito suo Figlio lungo  la via del Calvario.

Il film, per la cui fruizione è stata determinante la guida di don Ivano, è piaciuto molto ai numerosi presenti, ma a me è parso un po’ freddo: forse il regista era troppo preso dalla ricerca estetica e ha trascurato  il lato comunicativo ed empatico della vicenda: solo il lungo silenzioso abbraccio finale mi ha coinvolto emotivamente.

Per questo suo primo film il regista, che ha collaborato a lungo con Sorrentino (quello di “La grande bellezza) si è ispirato a un’ opera teatrale  di Pirandello intitolata “La vita che ti diedi” di cui QUI potete trovare trama e altre notizie, QUI invece si può leggerne il testo integrale.

 

Teatro : Notre Dame de Paris.

Oggi al teatro Linear Ciack di Milano si rappresentava “Notre Dame de Paris”  di Cocciante. Chi non ricordasse la trama, che è piuttosto intricata, può rinfrescare la memoria cliccando su queste righe colorate.

Notre DameVedendo lo spettacolo si capisce perchè da quasi vent’anni esso continui ad avere grande successo di pubblico: un gioco di luci molto sapiente movimenta la scenografia ; il corpo di ballo è strepitoso e riempie il palcoscenico di acrobazie ed evoluzioni mirabolanti; le voci dei protagonisti sono tutte eccezionali e poi ci sono le musiche di grande effetto.

Solo un piccolo appunto: l’acustica non era perfetta e a tratti il volume della base musicale registrata risultava troppo forte e un po’ fastidioso.

Direi che  è molto attuale il tema dello straniero che chiede asilo e che viene guardato con diffidenza: lo straniero è per forza cattivo, è facile accusarlo di ogni nefandezza, lo straniero è in balia di quelli che detengono il potere , siano essi guardie o religiosi in preda al fanatismo e alla superstizione. Poi c’è Quasimodo , il gobbo, il deforme, l’emarginato, quello che tutti prendono in giro, ma che ha un’anima nobile e sensibile.

Alla fine , dopo che il sipario si è chiuso sui cadaveri dei protagonisti, è scattata una lunga standing ovation ed è stato chiamato in scena lo stesso Cocciante che ha cantato a cappella alcune battute dell’ultimo pezzo del musical: è stato un bellissimo momento.

Se si vuole vedere un brano dello spettacolo Cliccare su questo link.

 

Pane azzimo ed erbe amare…

IMG-20170301-WA0002Siamo entrati nella stanza semibuia; i bambini si sono seduti al lungo tavolo apparecchiato . Le catechiste hanno acceso le candele ed è iniziata la rievocazione dell’ Ultima Cena di Gesù, secondo il rito ebraico: il pane azzimo, le erbe amare, l’agnello, il vino rosso (sostituito con succo di frutta), la frutta secca….Man mano veniva spiegato ogni momento della rievocazione  e il valore simbolico degli alimenti e dei gesti. La lettura del Vangelodi Luca ha concluso la breve cerimonia.

I bambini hanno partecipato con interesse e credo che non dimenticheranno questa esperienza che ha segnato il loro cammino verso la Prima Comunione.

Ute: l’inchiostro della malinconia – Maria Malibran.

Victor Hugo diceva che “la malinconia è la gioia di essere tristi”.

raffaello_scuola_di_ateneIl termine malinconia deriva dal greco “melaine” (= nero) e ” Kolé ” (bile) – spero di aver scritto correttamente  dato che non conosco il greco- e fa quindi riferimento alla medicina antica dei Greci nella quale venivano individuati quattro umori  nel corpo umano: il sangue, il flegma, la bile gialla e la bile nera; dal loro equilibrio dipendevano  la salute e il benessere dell’individuo. Nel Medio Evo si parlava di melencolia, più tardi il termine si modificò e si parlò di malinconia.

Nella letteratura e nella filosofia greca è molto presente il tema della malinconia, intesa come fatica di vivere. Lo stesso dicasi per la cultura ebraica, infatti possiamo ricordare la storia di Giobbe o il “Vanitas Vanitatum” del Qoelet (o Ecclesiaste). Nel Medio Evo si riflette sul “tedium vitae” che colpisce anche i monaci sotto forma di accidia, intesa come voglia di non fare nulla, tema che verrà ripreso nell’ 800 da Baudelaire.

A questo punto il nostro valentissimo docente, il prof. Porro, ci ha mostrato una lunga sequenze di opere pitoriche di svariati autori che hanno voluto rappresentare nei loro quadri la consapevolezza della vanità delle cose  e dell’esistenza umana.

Una bella lezione, esposta con la solita piacevolezza: tutti i presenti hanno molto apprezzato.
NOTA: Il quadro è “La scuola di Atene ” di Raffaello. Vi sono rappresentati i più grandi filosofi greci: Platone , al centro col dito che indica il cielo (mondo delle idee) Aristotele al suo fianco che indica la terra, Eraclito in basso , isolato e assorto nei suoi pensieri: si dice fosse un malinconico.

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Maria Malibran, fin da piccolissima cominciò a studiare canto sotto la guida severissima , per non dire feroce, del padre, cantante lirico. Studiava musica, suonava pianoforte e arpa e sapeva parlare italiano, spagnolo, francese e inglese.

Esordì sul palcoscenico a 8 anni ed ebbe grande successo fin da giovanissima. In America conobbe il faccendiere Malibran che la sposò per rimediare ai suoi guai finanziari; quando questi fece bancarotta, Maria chiese il divorzio e tornò in Europa, dove riscosse grandi successi nonostante la riprovazione della società per la sua relazione con un noto violinista belga, che potè sposare solo dopo aver ottenuto il divorzio. Morì a Manchester a 28 anni per le conseguenze di una caduta da cavallo.

Si possono trovare altre notizie QUI.

Di lei è rimasta la fama di grande diva e il suo ricordo ha l’alone del mito come accade a tutti i grandi scomparsi prematuramente. Purtroppo nessuna traccia è rimasta della sua voce che si dice fosse un vero miracolo della natura per estensione ed espressività. Niente però ci vieta di riascoltare il brano che ha concluso questa bella lezione tenuta dal maestro Alessandra Zapparoli con la collaborazione, per il montaggio dei  filmati, del prof. Francesco Pintaldi.

Tra donne…

Oggi in parrocchia abbiamo festeggiato il giovedì grasso con una bella tombolata che metteva in palio bellissimi premi; nella pausa tra una cinquina e l’altra, abbiamo gustato torte squisite preparate da alcune delle partecipanti alla festa.

Con l’occasione noi della “Sala Argento”, il gruppo che si ritrova ogni lunedì pomeriggio, abbiamo esposto alcuni dei lavori che stiamo preparando con la tecnica del decoupage per il nostro mercatino. Eccone alcuni…  Tutti li hanno ammirati, speriamo che poi si decidano anche a comprarli….

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Sentirsi Peter Pan …

Sono in coda davanti al bancomat.  Tra coloro che sono arrivati prima di me c’è un tipo abbastanza curioso.

Ha capelli radi piuttosto lunghi , rossicci, palesemente tinti, che gli scoprono la sommità del capo. Ha un orecchino al lobo dell’orecchio sinistro; indossa un giaccone color bordò attillato e un paio di pantaloni a metà polpaccio che gli fasciano le gambe rinsecchite. Nonostante tutti i suoi sforzi per apparire giovane, le sue rughe e le sue guance cadenti dicono che è certo più vicino agli ottanta che ai settanta.

Oggi qui è giovedì grasso e penso che questo  curioso personaggio potrebbe benissimo sfilare su un carro mascherato – sul tema “nuovi mostri”-  lanciando coriandoli e stelle filanti . In quella situazione sarebbe molto spiritoso e divertente; qui, davanti al bancomat, fa quasi tristezza vedere questo anziano rimasto Peter Pan solo dentro di sè.