Vicino alla casa in cui abitavo da piccola, c’ era un grosso casolare ; lì abitava una famiglia composta da tre fratelli, di cui uno solo era sposato con figli, gli altri due erano scapoli o “put”, come si dice da noi.
Primo era leggermente claudicante e camminava aiutandosi con un bastone: forse da piccolo era stato colpito, come tanti bambini a quei tempi, dalla poliomielite. Aveva, nonostante ciò, un portamento elegante e modi signorili: sorriso sempre pronto e una parola gentile per tutti noi bambini. Parlava lentamente e non l’ ho mai visto arrabbiato, per questo io lo consideravo un uomo molto saggio. Nei momenti liberi si sedeva davanti alla porta di casa col cappello a coprirgli i radi capelli grigi e le mani appoggiate al bastone e salutava tutti quelli che passavano davanti alla casa.
L’altro fratello, di nome Adelmo, era invece tutto l’ opposto: piuttosto tarchiato, viso abbronzato e modi sanguigni.
Era lui che si dedicava ai lavori più pesanti e spesso, verso sera , in estate , lo si sentiva cantare a squarciagola o richiamare a gran voce la Lola o la Bianchina : allora tutti capivano che stava mungendo le mucche e tutti sorridevamo divertiti da quell’ allegria chiassosa.
Nelle famiglie patriarcali c’ era sempre qualche figlio o figlia che rinunciava a sposarsi per dedicarsi alla cura dei genitori o delle proprietà della famiglia , che così conservava intatto il suo patrimonio.