Genocidio !!!

http://www.corriere.it/esteri/10_ottobre_20/video-indigeni-torture_0d865860-dc5a-11df-be1f-00144f02aabc.shtml

Non avevo mai sentito parlare di questo genocidio che si protrae da oltre quarant’ anni:”…. sono stati 40 anni di oppressioni e brutalità che hanno già ucciso migliaia di persone e che, per ferocia e vastità di proporzioni, sono classificati come il peggiore abuso perpetrato oggi contro i popoli tribali del mondo”

Così si conclude l’ articolo del Corriere.it linkato sopra. Gli Indonesiani per poter sfruttare le grandi ricchezze minerarie della Papua Nuova Guinea, cerca di estirpare da questa terra le numerose tribù di indigeni, alcune delle quali pare non abbiano ancora avuto contatti col mondo esterno.

All’ articolo sono allegati due video veramente impressionanti per la crudeltà che i soldati indonesiani riversano sugl’ inermi indigeni, catturati e trattati come bestie. L’ Indonesia impedisce alla stampa e alle organizzazioni umanitarie l’ accesso all’ isola ed è forse per questo che non se ne è sentito mai parlare, ma ora che qualcosa è trapelato, sarebbe imperdonabile far finta di non sapere.

 

Questa mattina .

Stamattina il tempo invitava a stare all’ aperto e ne ho approfittato per andare al mercato.  Lungo la strada il sole era ancora caldo e un venticello fresco, ma gentile , rendeva piacevole la passeggiata.

Sulla piazza, dove da secoli si tiene il mercato, c’ era un’ aria un po’ malinconica : doveva essere l’ ora di punta, invece non c’ era affatto l’ affollamento e l’ allegria che ricordavo di avervi trovato in altre occasioni.  Pochi si fermavano alle bancarelle e i venditori guardavano tristemente la gente che passava, guardava e riprendeva il cammino. Solo ai banchi della frutta e verdura c’ era la coda. Ho acquistato una maglia, delle mele e un attrezzo per tagliare le patate a bastoncino, poi sono tornata a casa mentre il vento, diventato più freddo e più robusto, infastidiva gli ambulanti , costretti a stare fermi dietro le loro bancarelle.

Era un po’ che non camminavo a piedi lungo quella strada e ho notato diversi cambiamenti: molti negozi non ci sono più , sono stati chiusi, mentre al posto di una vecchia fabbrica c’ è ora la nuova biblioteca comunale : presto andrò a visitarla.

Mali di stagione.

Ero dalla parrucchiera; la radio tenuta a basso volume trasmetteva musica intervallata da notiziari. Le clienti  parlavano di pettegolezzi su gente a me sconosciuta e io nell’ attesa del mio turno sfogliavo annoiata una rivista.

A un certo punto, la parrucchiera se ne uscì con un’ esclamazione che mi colpì:- Meno male che stasera comincia il “grande fratello” e così finalmente la sera ci sarà qualcosa da guardare in tv ! –

Non sono più andata volentieri in quel negozio e, quando se ne è aperto uno più vicino a casa mia,  ho cambiato parrucchiera.

 Adesso è appena partita la nuova edizione del GF che ritorna inesorabile come i primi raffreddori d’ autunno. So che partecipa anche uno strano ragazzo di un paese poco distante da qui: sembra che sia andato in giro per un po’ di tempo vestito da frate e che invece oggi faccia il gigolò : mi pare il protagonista ideale di una trasmissione come quella.

Ho sentito una volta un sociologo apprezzare il “Grande fratello” come specchio della società odierna…. sarà, ma io che non me ne intendo sono certa che in giro, tra la gente che si incontra tutti i giorni , si può trovare di meglio.

“Non c’ è amore più grande …”

lea_garofalo1E’ una storia terribile quella di Lea Garofalo. Nata e vissuta in un ambiente di ‘ndrangheta, di faide infinite, a un certo punto, forse per amore della figlia cerca di allontanarsi dal paese. Denuncia il proprio compagno e i suoi affari loschi, diventa testimone di giustizia, ma per questo viene ucciso suo fratello.

Per un certo periodo usufruisce di un programma di protezione, poi ci rinuncia, o come dice qualcuno , la protezione le viene tolta. A quel punto sa di rischiare , sa che la sua vita è appesa a un filo , ma sempre per soddisfare una richiesta della figlia , si reca Milano per incontrarla ed è qui che scatta la trappola: Lea scompare. 

Solo ora, dopo un anno, un pentito ha raccontato di come sia stata sequestrata, uccisa e sciolta nell’ acido.

Chissà se questo suo estremo sacrificio basterà a proteggere sua figlia e a darle la possibilità di vivere una vita serena.

 Lea va  ricordata come donna coraggiosa che ha saputo dire “no”. Sta scritto che “non c’ è amore più grande di chi dà la sua vita ” e Lea Garofalo questo lo ha saputo fare.

15 ottobre: una giornata per le donne.

“Le donNoppaw Campaignne agricoltrici svolgono la maggior parte del lavoro agricolo nei paesi in via di sviluppo, ma spesso soffrono delle condizioni di lavoro peggiori, hanno bassi salari e una protezione sociale molto scarsa o inesistente. Le donne agricoltrici producono la maggior parte del cibo consumato a livello mondiale, eppure sono spesso escluse dalla proprietà di un terreno, così come dai crediti e dagli affari di cui hanno bisogno per migliorare la propria situazione socio-economica. Sono le principali utilizzatrici e custodi delle risorse naturali locali, ma raramente hanno voce in capitolo nell’ambito delle istituzioni nazionali e locali, in cui si decide come gestire tali risorse. Forniscono cure e gestiscono l’economia familiare, ma raramente condividono equamente tali responsabilità con gli uomini, né hanno un potere decisionale all’interno della famiglia”

E’ un brano del messaggio del segretario dell’ ONU Ban Ki-Moon in occasione della ” giornata delle donne agricoltrici” che si celebrerà domani, 15 ottobre.

Lamia segnalazione vuole attirare l’ attenzione sui diritti delle donne nei paesi in via di sviluppo e nel contempo invitare tutte le donne , ma anche gli uomini, a firmare l’ appello per l’ assegnazione del futuro premio Nobel per la pace alle donne africane, vera spina dorsale del continente nero.

Chi volesse firmare potrà cliccare qui:

 http://www.noppaw.net/?page_id=16&lang=it

Quando una telefonata impegnava un pomeriggio.

– Puoi venire con me a telefonare? – Mi aveva chiesto la mia amica Maria. Certamente non potevo rifiutarle questo piacere. Eravamo agli inizi degli anni sessanta e ci trovavamo in una casa di montagna in Val Camonica, lontano dai centri abitati
Si era alla fine di giugno, ma come capita spesso in montagna, l’estate sembrava scomparsa di colpo: pioggia mista a nevischio e vento gelido ci sferzarono durante tutto il cammino lungo una strada sterrata, che sembrava appesa al fianco della montagna; finalmente vedemmo l’agognata insegna del telefono pubblico accanto a quella di un bar isolato su quella che più che una strada sembrava una mulattiera.
Al nostro ingresso fummo assalite dall’odore di vino e di tabacco, mentre alcune facce di montanari segnate dalle fatiche e dal tempo ci scrutarono stupite; certamente si chiedevano cosa ci facessero  lì due ragazze con quel tempaccio .
Maria non si perse d’animo e si avvicinò al gestore chiedendogli di poter chiamare al telefono la persona che doveva contattare.
Il centralino dopo un po’ ci disse di attendere. E noi attendemmo in un angolo pazientemente.

Il fatto è che il centralino doveva contattare il posto pubblico della località interessata, lì  qualcuno doveva andare a chiamare la persona richiesta, che a sua volta doveva raggiungere il posto telefonico pubblico e dare l’ok . A questo punto la telefonata poteva aver luogo  e se il gestore era dotato di contatore, la telefonata poteva procedere tranquillamente, ma se dovevi inserire i gettoni dovevi stare attento al bip che segnalava la prossima fine del collegamento.
Quando Maria potè telefonare era ormai passato tutto il pomeriggio e rientrammo alla base che faceva quasi buio.

Ai nostri giorni tutto questo sembra appartenere alla preistoria, perciò  io non finirò mai di restare a bocca aperta davanti ai progressi attuali dei mezzi di comunicazione.

Due “put”

Vicino alla casa in cui abitavo da piccola, c’ era un grosso casolare ; lì abitava una famiglia composta da tre fratelli, di cui uno solo era sposato con figli, gli altri due erano scapoli o  “put”, come si dice da noi.

Primo  era leggermente claudicante e camminava aiutandosi con un bastone: forse da piccolo era stato colpito, come tanti bambini a quei tempi, dalla poliomielite. Aveva, nonostante ciò, un portamento elegante e  modi signorili:  sorriso sempre pronto e una parola gentile per tutti noi bambini. Parlava  lentamente e non l’ ho mai visto  arrabbiato, per questo io lo consideravo un uomo molto saggio. Nei momenti liberi si sedeva davanti alla porta di casa col cappello a coprirgli i radi capelli grigi e le mani appoggiate al bastone e salutava tutti quelli che passavano davanti alla casa.

L’altro fratello, di nome Adelmo, era invece tutto l’ opposto:  piuttosto tarchiato, viso abbronzato e modi sanguigni.

Era lui che si dedicava ai lavori più pesanti e spesso, verso sera , in estate ,  lo si sentiva  cantare a squarciagola o richiamare a gran voce la Lola o la Bianchina : allora tutti capivano che stava mungendo le mucche  e tutti sorridevamo divertiti da quell’ allegria chiassosa.

Nelle famiglie patriarcali c’ era sempre qualche figlio o figlia che rinunciava a sposarsi per dedicarsi alla cura dei genitori o delle proprietà della famiglia , che così conservava intatto il suo  patrimonio.

Bambini speciali

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_04/nino-luca-insegnanti-sostegno_f491f6fa-cf95-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml

Sono storie di bambini “speciali” che vedono sfumare le loro speranze di valorizzazione delle loro potenzialità.. L’ insegnante di sostegno rappresenta nella scuola questa possibilità, ma i tagli della Gelmini non discernono tra spese inutili e spese importanti.

Nella mia esperienza scolastica ho avuto spesso l’ occasione di trovarmi a collaborare con insegnanti di sostegno : ne ho incontrato di preparatissime, che avevano frequentato corsi di specializzazione per handicap particolari e che sapevano mettere in atto interventi mirati ed efficaci; ne ho incontrate altre, forse meno preparate, ma con grande disponibilità . Con tutte si è sempre potuto offrire non solo al bambino con handicap, ma a tutta la classe, momenti altamente istruttivi ed educativi.. 

In questi giorni si è sentito parlare di classi differenziali ( e addirittura di rupe Tarpea !!! ) per i bambini meno fortunati; invece io dico per esperienza diretta che avere in classe un bambino con handicap, se ci sono le risorse necessarie, come lo è l’ insegnante di sostegno, può rappresentare per i bambini cosiddetti “normali” una grande opportunità umana, educativa e di apprendimento.