Il presepe vivente.

Sto riandando con la memoria a più di cinquant’ anni fa: allora per noi bambini il Natale non era il giorno dei doni, che infatti ci venivano regalati per S. Lucia; era però il giorno in cui la tradizione voleva si dovesse indossare qualcosa di nuovo, fosse anche solo una maglietta o un paio di calze. Ma il fascino della festa stava tutto nella sua preparazione: la novena del pomeriggio nella chiesa fredda, la preparazione dei cappelletti  e quella del presepe nelle case e quell’ anno, cui mi riferisco, anche la preparazione del presepe vivente, che coinvolse buona parte dei giovani della parrocchia.

Mia sorella di poco più grande di me, ma molto alta per la sua età, doveva fare S. Giuseppe, la sua amica L. dal viso dolcissimo, avrebbe fatto la Madonna e un bambino molto piccolo , biondo e roseo (era il figlio del casaro), doveva fare Gesù Bambino. Erano previsti i pastori e l’ arrivo in processione dei Magi. Credo che al centro del comitato- festa ci fossero le suore dell’ oratorio femminile.

Quel 6 gennaio infatti ricordo che partimmo tutti dall’ oratorio  facendo corteo ai magi vestiti con abiti luccicanti e corone improbabili . Quando arrivammo in chiesa , gremita di gente, mi colpirono le luci che illuminavano la navata principale; sulla balaustra erano posti dei bambini e delle bambine vestite da angioletti ; ai piedi della stessa balaustra c’ era la Sacra Famiglia: io stentavo a riconoscere mia sorella : le avevano scurito il viso , indossava un lungo mantello e teneva in mano un lungo bastone.

Ricordo che i canti accompagnati dall’ organoo creavano un’ atmosfera indimenticabile e io ammiravo con stupore la scena;  conservo la riproduzione di una vecchia foto di quell’ evento: essa ha sempre il potere di riportarmi indietro nel tempo.

Quando si specula sulla povertà…

Quando più di quarant’ anni fa sono arrivata qui in Brianza si era in un periodo di grande immigrazione dal sud e ricordo che alcuni miei alunni , arrivati di recente dalla Calabria o dalla Sicilia, abitavano in locali fatiscenti, in certi casi erano stalle sottratte da poco al loro uso originario e nemmeno ristrutturate,  altri occupavano un locale ricavato alla base di un’ antica torretta, che non aveva certo i carismi dell’ abitabilità.

Ricordo che sentivo una grande indignazione nel vedere dei bambini costretti a vivere in condizioni così miserabili e ancor più mi indignavo al pensiero che comunque c’ era qualcuno che si faceva pagare un affitto per quei rifugi che assomigliavano più a tane che a case.

Ora al posto degli immigrati meridionali ci sono gli immigrati extracomunitari e forse chi affitta loro le case non pone tutta l’ attenzione necessaria al buon funzionamento degli impianti e così accadono le tragedie, come quella nella quale un’ intera famiglia  (papà, mamma, due bambini di 3 e 4 anni e uno in arrivo) sono morti nel sonno per il cattivo funzionamento di una caldaia.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/01/06/news/la_famiglia_sterminata_dal_monossido_la_procura_indaga_il_padrone_di_casa-10898346/

Gli anni passano, ma non cambia il cinismo di chi specula sulla povertà…