Mattinata “burocratica”.

Mattinata all’ ASL : Sono arrivata prima delle nove ed avevo già 25 persone davanti a me. Dapprima i computer non funzionavano, poi l’ impiegata allo sportello (l’ unico aperto) doveva dividersi tra utenti in coda, chiamate al telefono, corse alla fotocopiatrice dislocata chissà dove….. Finalmente è stato aperto un altro sportello e le cose si sono un po’ velocizzate; si erano fatte le dieci e venti quando sono riuscita a lasciare quell’ ufficio, ma io avevo un’ altra pratica da sbrigare in un altro reparto e qui la cosa era anche più tragica perchè non c’ erano i numeri che indicassero l’ ordine di arrivo degli utenti e non c’ erano nemmeno posti a sedere: c’ era un corridoietto stretto stretto e la gente si metteva autonomamente in fila sui due lati a seconda se doveva entrare nell’ ufficio di destra o di sinistra. Ogni tanto sorgevano dispute causate dai soliti furbastri che tentavano di evitare la coda e una signora molto anziana era particolarmente combattiva.

Alla fine anche questa pratica è arrivata a compimento, ma che pena!!

Credo che uno degli scopi delle complicazioni burocratiche della nostra sanità sia quello di scoraggiare i meno motivati ad accedere ai servizi: solo i più “sfigati” accettano di sottostare a simili “vie crucis”.

Il telaio.

C’ era una famiglia di agricoltori vicino a noi , che abitava in una casa che allora a me pareva quasi di lusso, infatti entrando ci si trovava in un ingresso ben pavimentato con mattoni rossi levigati e da lì si accedeva in un locale  ampio (a me che ero piccola sembrava vastissimo) dove si trovava una grossa stufa a legna e davanti a questa troneggiava un tavolo lunghissimo che certo in altri tempi aveva dovuto accogliere una famiglia patriarcale ben più numerosa di quella che io conoscevo. Da lì si arrivava a un altro locale dove mi pare ci fosse un lavandino con tante pentole di rame appese alla parete e poco discosto c’ era un grosso e rozzo telaio, che doveva avere una lunghissima storia alle sue spalle. Arrivava fin quasi al soffitto ed era talmente complesso, almeno per me, che quando vedevo la Dina (la padrona di casa) all’ opera ( nei mesi invernali) su quel marchingegno mi pareva impossibile che una persona sola potesse manovrare quella macchina enorme.

Un inverno mia madre chiese alla vicina di prestarle il telaio: probabilmente la nonna era riuscita a preparare molto filato e mia madre intendeva rinnovare la biancheria senza appesantire ulteriormente il conto sempre aperto al negozio di tessuti del paese. Una volta montato in casa nostra, quel telaio occupò buona parte del locale che fungeva sia da cucina che da soggiorno.

I fili dell’ ordito si alzavano e si abbassavano intrecciandosi sotto l’ azione di un pedale, mentre le mani di mia madre facevano scorrere velocemente la spola da un capo all’ altro e subito dopo tiravano con forza il pettine che doveva compattare l’ intreccio dei fili. Il tutto avveniva tra lo stridore dei pedali e il battere ritmico del pettine. Lentamente il tessuto cresceva e veniva arrotolato via via su un rullo, che stava nella parte inferiore del telaio.

Ricordo che mi piaceva molto stare a guardare la mamma al lavoro e vedere che il rotolo del tessuto si ingrossava a poco a poco. Alla fine erano state preparate lenzuola a una e a due piazze , che risultarono piuttosto spesse e anche molto ruvide: quando ci si coricava sopra , sembrava di essere su  una grattugia  e subito si provava un certo fastidio, ma poi a poco a poco ci si abituava e quel  massaggio che il tessuto grezzo esercitava sul corpo diventava quasi piacevole e sicuramente anche benefico .

Ora e sempre: UNITA’.

Nel mio sussidiario di quinta elementare c’ erano pagine dedicate alle biografie dei  personaggi più illustri della storia e della scienza, fra questi ricordo che allora ammiravo molto Giuseppe Mazzini : vedevo in lui il rivoluzionario irriducibile che aveva infiammato i cuori di tanti giovani proponendo loro i suoi ideali.

Alle medie invece mi appassionò maggiormente la figura di Garibaldi:  lui, l’ eroe dei due mondi, era sempre alla testa dei suoi uomini, ne condivideva i pericoli e i disagi , mentre Mazzini mi appariva come colui che dice”armiamoci e partite!!”

Quando poi fui alle superiori, imparai ad apprezzare soprattutto il conte di Cavour e le sue capacità di statista e di “tessitore” di relazioni diplomatiche, che gli permisero di portare il piccolo Regno di Sardegna al tavolo dei “grandi” d’ Europa.  Fu allora che sentii per la prima volta accennare anche ai problemi dei decenni successivi all’ unità d’ Italia : quello che era stato definito sbrigativamente brigantaggio e che era stato stroncato con violenza ottusa era la comprensibile reazione a una politca coloniale messa in atto da politici miopi.

In seguito ho avuto l’ occasione di leggere, molti anni fa, un libro di uno storico inglese che poneva l’ accento sul sorgere e sull’ evoluzione del problema meridionale in Italia e mi ha fatto capire come lo stato italiano , dopo l’ unificazione , non ha mai avuto tra i suoi obiettivi la valorizzazione del Sud, che a poco a poco si è sempre più impoverito anche grazie a una classe dirigente meridionale che mirava a tenere in soggezione dei sudditi, piuttosto che a promuovere dei cittadini.

Solo ultimamente si è cominciato a parlare degli orrori che hanno accompagnato l’ unificazione: massacri di interi villaggi, campi di concentramento, vere e proprie azioni di guerra per reprimere ogni richiesta di maggiore giustizia.

Con tutto questo ,  a mio avviso l’ unità di questo nostro paese è pur sempre cosa buona, perchè solo unito può sperare di far sentire la sua voce in Europa e quindi nel mondo. Vogliamo darci una struttura federalista? Va bene; questa può essere l’ occasione per costringere tutti a una maggiore responsabilità nei confronti della “cosa pubblica”, ma se qualcuno mirasse a dividere noi Italiani in tante “tribù” contrapposte, farebbe la rovina  sia del nord che del sud.

Prima seduta del Parlamento italiano: 18 febbraio 1861.

Tricolore e Unità d’ Italia.

http://www.reggioemilia150.it/Sezione.jsp?titolo=7 gennaio – Il programma completo&idSezione=97

E’ con particolare soddisfazione che prendo nota degli avvenimenti di oggi a Reggio Emilia, mia terra d’ origine: il Presidente Napolitano sta presenziando alla celebrazione della nascita del tricolore , dando contemporaneamente inizio ai festeggiamenti del 150° anniversario dell’ unità d’ Italia.

Spero che questa ricorrenza serva a riscoprire il valore dell’ unità, anche se raggiunta con metodi spesso poco orodossi: l’ unità è un bene in sè specie oggi in un mondo in cui sono le aree continentali a competere a livello mondiale.

Io per parte mia non mancherò di sintonizzarmi su Rai Storia alle 12 per seguire il concerto da Reggio Emilia e spero che saremo in tanti davanti al teleschermo.

Il presepe vivente.

Sto riandando con la memoria a più di cinquant’ anni fa: allora per noi bambini il Natale non era il giorno dei doni, che infatti ci venivano regalati per S. Lucia; era però il giorno in cui la tradizione voleva si dovesse indossare qualcosa di nuovo, fosse anche solo una maglietta o un paio di calze. Ma il fascino della festa stava tutto nella sua preparazione: la novena del pomeriggio nella chiesa fredda, la preparazione dei cappelletti  e quella del presepe nelle case e quell’ anno, cui mi riferisco, anche la preparazione del presepe vivente, che coinvolse buona parte dei giovani della parrocchia.

Mia sorella di poco più grande di me, ma molto alta per la sua età, doveva fare S. Giuseppe, la sua amica L. dal viso dolcissimo, avrebbe fatto la Madonna e un bambino molto piccolo , biondo e roseo (era il figlio del casaro), doveva fare Gesù Bambino. Erano previsti i pastori e l’ arrivo in processione dei Magi. Credo che al centro del comitato- festa ci fossero le suore dell’ oratorio femminile.

Quel 6 gennaio infatti ricordo che partimmo tutti dall’ oratorio  facendo corteo ai magi vestiti con abiti luccicanti e corone improbabili . Quando arrivammo in chiesa , gremita di gente, mi colpirono le luci che illuminavano la navata principale; sulla balaustra erano posti dei bambini e delle bambine vestite da angioletti ; ai piedi della stessa balaustra c’ era la Sacra Famiglia: io stentavo a riconoscere mia sorella : le avevano scurito il viso , indossava un lungo mantello e teneva in mano un lungo bastone.

Ricordo che i canti accompagnati dall’ organoo creavano un’ atmosfera indimenticabile e io ammiravo con stupore la scena;  conservo la riproduzione di una vecchia foto di quell’ evento: essa ha sempre il potere di riportarmi indietro nel tempo.

Quando si specula sulla povertà…

Quando più di quarant’ anni fa sono arrivata qui in Brianza si era in un periodo di grande immigrazione dal sud e ricordo che alcuni miei alunni , arrivati di recente dalla Calabria o dalla Sicilia, abitavano in locali fatiscenti, in certi casi erano stalle sottratte da poco al loro uso originario e nemmeno ristrutturate,  altri occupavano un locale ricavato alla base di un’ antica torretta, che non aveva certo i carismi dell’ abitabilità.

Ricordo che sentivo una grande indignazione nel vedere dei bambini costretti a vivere in condizioni così miserabili e ancor più mi indignavo al pensiero che comunque c’ era qualcuno che si faceva pagare un affitto per quei rifugi che assomigliavano più a tane che a case.

Ora al posto degli immigrati meridionali ci sono gli immigrati extracomunitari e forse chi affitta loro le case non pone tutta l’ attenzione necessaria al buon funzionamento degli impianti e così accadono le tragedie, come quella nella quale un’ intera famiglia  (papà, mamma, due bambini di 3 e 4 anni e uno in arrivo) sono morti nel sonno per il cattivo funzionamento di una caldaia.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/01/06/news/la_famiglia_sterminata_dal_monossido_la_procura_indaga_il_padrone_di_casa-10898346/

Gli anni passano, ma non cambia il cinismo di chi specula sulla povertà…

Tre deliziosi monelli.

Ieri mattina, sono arrivati anche Elisa e Davide ( con i genitori naturalmente).

Elisa non pare aver risentito dell’ influenza , mentre Davide è apparso piuttosto magro e indebolito, forse perchè il malanno di stagione lo ha colpito in un momento di forte crescita: si è allungato di parecchio e i pantaloni sono tutti troppo corti. Elisa (8 anni) e Samuele (3 anni) da sempre si trovano benissimo insieme, perchè Elisa si diverte ad assecondarlo ; Davide (4 anni) invece sente istintivamente che Samuele mette a rischio la posizione di cocco piccolino cui è abituato e questo lo innervosisce. Per questo a volte si apparta e preferisce giocare da solo, allora però io cerco di mettermi vicino a lui e di stimolarlo a inserirsi nel gioco.  Per evitare discussioni e dispute Babbo Natale ha portato giochi il più possibile uguali, ma i due sono riusciti a litigare lo stesso.

Stamattina Samuele  continuava a salire e scendere le scale da solo con ai piedi solo le calzine, rischiando fortemente di scivolare, per questo la sua mamma stanca di ripetergli di smetterla lo ha sgridato e ha detto a Samuele che era un biricchino . Per rafforzare il concetto, ha invitato anche Davide a dire a Samuele la stessa cosa.

Davide non se lo è fatto ripetere due volte e ha detto ben chiaro :- Samuele, sei biricchino….- poi si è fermato un po’ e ha ripreso – sei anche uno sciocco e uno stupido..- e avrebbe continuato se la mamma di Samuele non gli avesse detto di non approfittare troppo della situazione.  :-)))

 A Davide non è parso vero di poter dare libero sfogo ai suoi sentimenti forzatamente repressi !!!