Gustav vov Aschenbach è un musicista non più giovane che sta attraversando un periodo difficile, sia per alcuni insuccessi professionali che lo hanno costretto a ripensare il suo concetto di arte, sia per motivi di salute: il suo cuore ha bisogno di riposo.
E’ il 1911, alla fine della Belle Époque, e il musicista arriva al Lido di Venezia. L’ Hotel Des Bains nel quale trova alloggio, accoglie turisti appartenenti all’ élite della società del tempo e tra questi c’ è una famiglia polacca di cui fa parte un adolescente bellissimo, che sembra incarnare l’ idea di bellezza e di purezza che lui ha sempre inseguito con la sua arte. Ma il suo interesse diventa amore e lui prima rifugge da questo suo sentimento , poi vi si adagia e trova felicità nell’ osservare i giochi del ragazzo sulla spiaggia. Intanto la sua mente ripercorre momenti felici, momenti tragici (la morte della figlioletta), i fallimenti della sua vita artistica e le lunghe discussioni a sfondo filosofico con un suo amico e collaboratore. Venezia lo ha accolto con le sue atmosfere morbide, con le sue luci velate e con la bellezza dei suoi palazzi , ma nasconde una terribile verità : le sue strade sono percorse da un’ epidemia di colera e le sue calli rivelano un aspetto diverso della città, fatto di labirinti bui invasi dalla sporcizia.
Gustav, arrivato in città in cerca di salute, non solo fisica , ma anche spirituale, contrarrà invece la malattia e morirà in un’ amosfera di lento disfacimento sulla spiaggia, mentre il giovane polacco si allontana nel mare e gli addita un orizzonte lontano, avvolto da una luce magica e malinconica insieme.
Sono ammirevoli le ricostruzioni degli ambienti sia interni che esterni: abiti, arredi e ogni particolare è studiato per ricreare l’ atmosfera di un’ epoca straordinaria , che però comincia a perdere le sue illusioni. I dialoghi sono scarsissimi, ma parlano gli sguardi e le inquadrature che indugiano a lungo sulle scene e sui personaggi, imponendo alla narrazione un senso di lento decadimento, quasi di sfinimento.
Mi ha colpito il dialogo in cui si paragona il tempo della vita a quello segnato dalla clessidra: all’inizio il ritmo sembra lento e non si è indotti a riflettere sull’ inesorabilità del suo scorrere, ma, quando si arriva alla fine, ecco che il tempo, come la sabbia, scivola via senza lasciarci alcuna possibilità di fermarlo.
Visconti ha condensato in questo film un po’ della sua storia personale e molto del suo modo di concepire l’ arte e la vita.