Una sera a teatro: Variazioni enigmatiche (di E. E. Schmitt)

E’ una strana storia , la cui protagonista principale non entra mai in scena, e nella quale , quando si pensa di aver capito come stiano le cose, tutto cambia all’ improvviso, facendo intravedere scenari e realtà impensate.

Uno scrittore famoso e misantropo vive da solo su un’isola sperduta e parrebbe dedito a fugaci passioni carnali, invece si viene a scoprire che ha scelto la solitudine per preservare dall’ usura della quotidianità un  amore giovanile per una donna con la quale ha intrattenuto un pluriennale rapporto epistolare molto intenso. Un giornalista viene a fargli un’ intervista, ma poi si scopre che non è un giornalista , ma un maestro di musica che ha sposato la donna di cui lo scrittore è innamorato. Ogni colpo di scena viene anticipato dall’ ascolto di un disco intitolato appunto “Variazioni enigmatiche” e il dialogo tra i due personaggi  diventa sempre più incalzante fino a far scoprire verità impreviste , che portano a concludere che l’ amore ha infinite varianti e variazioni, ma è sempre degno di rispetto e di apprezzamento quando è  sincero e disinteressato.

Gli interpreti mi erano del tutto sconosciuti, ma ora posso dire che Saverio Marconi e Gian Paolo Valentini sono due bravi attori teatrali.

Il Natale di Martin (di L. Tolstoj)

Il Natale di Martin

di Leone Tolstoj

 

In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.
Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore.
– Non ho più desiderio di vivere – gli confessò. – Non ho più speranza.
Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.
Martin si comprò una Bibbia. In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.
E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati… Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi.
Martin rifletté. Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò.
All’improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto. Non c’era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: – Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò.
L’indomani mattina Martin si alzò prima dell’alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso. Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.
Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi. Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. – Entra· disse – vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo.
– Che Dio ti benedica!-  rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde.
– Non è niente – gli disse Martin. – Siediti e prendi un po’ di tè.
Riempi due boccali e ne porse uno all’ospite. Stepanic bevve d’un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po’. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.
– Stai aspettando qualcuno? – gli chiese il visitatore.
– Ieri sera-  rispose Martin – stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile. Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: “Guarda in strada domani, perché io verrò”.
Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. – Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l’anima e per il corpo.
Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale. Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un po’ di pane e della zuppa. – Mangia, mia cara, e riscaldati –  le disse.
Mangiando, la donna gli disse chi era: –  Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.
Martin andò a prendere un vecchio mantello. – Ecco – disse. –  È un po’ liso ma basterà per avvolgere il piccolo.
La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. – Che il Signore ti benedica.
–  Prendi – disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta.
Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un’ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava. Dopo un po’, vide una donna che vendeva mete da un paniere. Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all’altra. Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.
Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia. – Lascialo andare, nonnina – disse Martin. – Perdonalo, per amor di Cristo.
La vecchia lasciò il ragazzo. – Chiedi perdono alla nonnina – gli ingiunse allora Martin.
Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: – Te la pagherò io, nonnina.
– Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato – disse la vecchia.
– Oh, nonnina – fece Martin – se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati? Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.
– Sarà anche vero – disse la vecchia – ma stanno diventando terribilmente viziati.
Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. – Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.
La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.
Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l’ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.
Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si apri invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una voce gli sussurrò all’orecchio: – Martin, non mi riconosci?
– Chi sei? – chiese Martin.
– Sono io – disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola.
– Sono io – disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.
– Sono io – ancora una volta la voce. La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.
Martin si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro. In cima alla pagina lesse: Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.
Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo.

Il ventilabro.

il ventilabro veniva usato per separare il grano dalla pula

La mia carissima amica Graziella, mi ha inviato questa sua poesia , che parla di un oggetto che forse pochi di noi conoscono….

IL VENTILABRO

Malinconico un ventilabro

non separava più nulla;

abbandonato, univa polvere e ragni.

Mi balenò un’ idea e un presepe

è spuntato minuscolo e carino,

ma importante è il suo messaggio.

Ventilabro soddisfatto!

Ringrazio Graziella per questo suo dono, che testimonia la sua squisita sensibilità.

 

Natale è Pace…

Stamattina alla Scuola di italiano  abbiamo puntualizzato alcune strutture grammaticali , conversando e completando schede , poi , visto che era per me l’ ultima lezione  prima di Natale, ho proposto la lettura di un episodio molto conosciuto e toccante successo esattamente un secolo fa sul fronte anglo-tedesco nei primi mesi della Grande Guerra.

La comprensione del brano era piuttosto difficile per i miei studenti: troppe parole mai sentite prima….filo spinato, trincee, terra di nessuno….Con un po’ di pazienza e qualche schizzo alla lavagna siamo riusciti a entrare in quell’ atmosfera…. Vigilia di Natale,freddo pungente, fango, nebbia fitta, ombre che si muovono guardinghe….Poi improvviso e inaspettato una canto dolcissimo si leva dalla trincea tedesca : è STILLE NACHT . Gli Inglesi ascoltano stupiti e commossi e quando quel canto finisce, rispondono con un altro canto natalizio e quel “dialogo canoro” a distanza dura quasi un’ ora e parla di voglia di casa, di nostalgia del calore della propria famiglia, di paura per l’ avvenire più che mai incerto…. Poi un soldato tedesco rompe gli indugi , esce dalla propria trincea e va verso quella inglese, seguito da molti suoi compagni disarmati …..Quegli uomini costretti a considerarsi nemici, a spararsi reciprocamente, per quel giorno e per il giorno seguente decidono di dichiarare la pace e si scambiano piccoli doni e gesti di fraternità…..

Tutti hanno seguito con vivo interesse il racconto e hanno concluso che il Natale vuol dire soprattutto PACE e invito alla fratellanza.

Ci siamo poi scambiati gli auguri e alla fine sul mio tavolo ho trovato un pacchettino, dono di uno di questi ragazzi , che hanno vissuto esperienze difficili, ma hanno conservato una profonda umanità e viva sensibilità.

UTE: medicina e psicanalisi.

I Tanti impegni di questi giorni mi impongono una sintesi stringatissima delle due interessantissime lezioni di ieri.

Medicina: Il dr. Lissoni con la consueta chiarezza e piacevolezza espositiva ci ha parlato dei pericoli della sedentarietà prolungata, cui ci costringe il modo di vivere odierno. Rallentando e riducendo il nostro consumo di calorie, porta all’ obesità , al diabete di tipo 2 e ai diturbi cardiocircolatori. La lezione arricchita di immagini eloquenti e dati statistici inequivocabili, ci ha dimostrato l’ importanza di non stare mai troppo a lungo seduti e di approfittare di ogni possibile occasione per muoversi o comunque stare in piedi.

Psicanalisi: Einstein incontra Freud nel 1936 e gli pone domande sull’ aggressività umana. Freud dice che l’ aggressività fa parte della nostra natura, ma è controbilanciata dal desiderio di stare in un gruppo..

L’ equilibrio tra Tanatos ed Eros ci permette di vivere. La convivenza si basa su regole imposte da un’ autorità esterna, che noi introiettiamo e diventa il nostro Super-io che inibisce la nostra aggressività.

Il progredire della civiltà dovrebbe portare all’ abolizione della guerra.

Islam nemico delle donne?

In molti paesi islamici  le leggi e le tradizioni assegnano alle donne un ruolo di sottomissione  umiliante, ma non è dappertutto così. Parliamo ad esempio della Tunisia :

La Tunisia ha le politiche più progressiste del mondo arabo, rispetto alle donne, sin da quando il Presidente Habib Bourguiba proclamò il Codice sullo status personale nell’agosto 1956, subito dopo aver dichiarato l’indipendenza del paese dalla Francia. Il Codice abolisce la poligamia senza eccezioni, e punisce l’uomo che sposi una seconda moglie con un anno di prigione e una multa. Proibisce ai mariti di divorziare unilateralmente e dà alle donne più diritti di custodia sui bambini. Bourguiba e i liberali nazionalisti che andarono al potere nel 1956 non stavano rispondendo alle richieste di un movimento femminista, perché all’epoca non ve n’era alcuno. Vedevano il miglioramento dei diritti delle donne come una parte integrante del loro sforzo per fare della Tunisia un paese moderno, libero da “anacronistiche tradizioni e mentalità da retroguardia”. Si basarono molto sulle idee di Tahar Haddad, il riformatore islamico tunisino che scrisse il famoso libro “Le nostre donne nella sharia e nella società” più di settant’anni orsono. (copiato da tunisia.htm)

Allora non è dell’ Islam che si deve aver paura, ma della ristrettezza mentale di chi interpreta il Corano in modo da difendere i privilegi degli uomini che detengono un potere, al quale non vogliono rinunciare. Cliccando sul link indicato più sopra, si può avere un’ idea  più chiara della condizione femminile in Tunisia . …

Pomeriggio di festa.

Pomeriggio di festa . Il telefono tace.

Devo fare tante cose ancora, ma mi sento cosi’ pigra… ; poi mi annoio e prendo in mano il lavoro a maglia mentre guardo un film che riesce sempre a coinvolgermi (Nato il 4 luglio).

E mi ritrovo a pensare a quante volte nella storia le generazioni dei “vecchi” hanno irretito i più giovani con le loro grandi menzogne : vale la pena di morire per la gloria,…in guerra si può dimostrare la propria grandezza,….bisogna salvare la patria…è successo molte volte anche nella storia recente.

Anche quelli che hanno gestito questo paese senza tenere conto delle ripercussioni sui nostri figli e sui nostri nipoti,  hanno raccontato una catena infinita di bugie, facendoci pensare che il benessere che avevamo conquistato non potesse più essere messo in discussione, mentre invece oggi i giovani non riescono a far valere il  diritto a costruire il proprio futuro e si trovano sulle spalle il peso di un debito di cui non sono responsabili.

E cosa dire di quei giovani che vengono utilizzati come kamikaze per attentati disumani o di quelli che accorrono a infoltire le file dell’ ISIS?  Inseguono falsi ideali col miraggio di  affermare valori che il mondo d’oggi non riconosce più.  Anche loro come il ragazzo americano di “Nato il 4 luglio” o come i giovani che si arruolavano per andare nelle trincee della Grande Guerra cantando inni pieni di vuota retorica, si accorgeranno del grande inganno di cui sono solo vittime sacrificali.

Il telefono tace ancora e  il chiacchierio della televisione fa da sottofondo ai miei pensieri…

 

UTE: Letteratura e musica.

Letteratura : poeti italiani della Grande Guerra. (prof. Meggetto)

Furono molti i poeti italiani , che parteciparono alla Grande Guerra ed è merito loro se oggi non si pone tanto l’ accento su Vittorio Veneto, bensì su Caporetto.

Spesso i poeti in trincea scrivevano su foglietti di fortuna, che andavano perduti durante gli assalti o nel fango maleodorante in cui vivevano quasi costantemente. Anche per questo le loro opere non furono conosciute nell’ immediato, ma furono pubblicate solo a guerra finita.

Tra i poeti che inneggiavano alla guerra come momento eroico troviamo innanzitutto D’Annunzio, ma anche Buzzi , Barni, Govoni e un insospettabile Saba…(trentenne allo scoppio della guerra);  molti tra costoro, eccezione fatta per D’ Annunzio, dopo l’ esperienza concreta della guerra ebbero modo di ricredersi…..

Ungaretti, Rebora , Montale, Corrado Alvaro e altri  raccontarono invece l’ orrore della guerra, diventata un ‘ “industria della macellazione” , per la potenza delle nuove armi messe a disposizione dalle moderne tecnologie . Il più grande di tutti è certo Ungaretti , di cui copio qui la poesia “Sono una creatura”

 Ungaretti, Giuseppe – Sono una creatura
(Valloncello di Cima Quattro, 5 agosto 1916)                        
   Come questa pietradel S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo

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Musica: La musica colta del primo novecento in Italia. (prof. Zapparoli)

Dopo la presentazione nella scorsa lezione della musica popolare e militare del periodo bellico, la nostra docente ci ha  commentato e fatto ascoltare alcuni brani di musica colta dello stesso momento storico. Mentre infuriava una tragedia senza pari, musicisti come Respighi o Casella vollero affermare il valore della bellezza, il valore  della vita che deve trionfare sulla morte e sul dolore e lo fecero con le loro musiche raffinate  e ricche di  armonie suggestive .

Cliccando QUI si può ascoltare “Le fontane di Roma” di O. Respighi.

Naturalmente il puntuale commento della nostra docente ci ha permesso di comprendere meglio la bellezza di questa opera che vuole descrivere nello stesso tempo la magnificenza delle fontane romane e la diversa atmosfera che le circonda nei diversi momenti della giornata.