Storie di famiglia: Eva, Fatima e nonno Vincenzo

Dai racconti di mia sorella Ilva:

Da sempre, in ogni comunità, quando anche  la medicina era poco più che stregoneria, c’ era un guaritore o una guaritrice cui la gente ricorreva  sperando nel beneficio che una sua parola, un gesto, una pozione potessero porre fine a malanni e sofferenze.

Nel mio paese , nei primi decenni del secolo scorso, c’ era  Eva che  tutti dicevano avesse un “dono” speciale e che in molte circostanze si era guadagnata la riconoscenza dei suoi compaesani.

Nel 1917 però , in piena guerra, Eva (detta “Lèva) si trovò impotente a fronteggiare qualcosa che era troppo più forte dei suoi poteri: sua figlia Fatima, una bambina di pochi anni, era in pericolo di vita per una difterite ( il terribile crup) , rischiava di morire soffocata. Doveva essere portata all’ ospedale di Carpi, l’ unico della zona (distante 15 Km.). Chi poteva accompagnarla?

Mio nonno paterno, aveva allora 52 anni. Era stato nell’ arma dei carabinieri ed era tra i pochi che, nei dintorni, disponesse di un calesse e di un cavallo. In quei giorni però lo aveva colpito una brutta forma di polmonite e aveva la febbre alta.

Probabilmente in quel momento c’ erano pochi altri uomini in paese e lui si sentì in dovere di rispondere a quella richiesta di aiuto e senza curarsi di ciò che sarebbe potuto accadergli, caricò Eva e la sua bimba sul calesse e sfidò il freddo di quell’ inverno infausto.

Fatima potè così essere curata e si salvò, nonno Vincenzo invece morì pochi giorni dopo.

 

 

 

Nevicate.

Quando ero piccola io,  quasi ogni anno  le nevicate erano abbondanti e seppellivano la pianura sotto un pesante mantello bianco che addolciva i contorni delle cose e diffondeva nell’ aria una luce diversa, anche di notte.
Ricordo come mi piaceva stare in casa vicino alla stufa o vicino al camino e guardare fuori dalla finestra la neve che scendeva giù fitta, mentre il papà entrando col suo tabarro imbiancato faceva entrare una zaffata d’ aria fredda che ti faceva apprezzare ancor di più il tepore della casa e intanto diceva:
– Se continua così ne verrà una gamba…..-
Oppure: – Col freddo che fa questa ce la porteremo fino alla primavera….
Intanto io preparavo delle briciole di pane da lanciare sulla neve per gli uccellini affamatissimi, ma si sapeva che molti preparavano invece delle vere e proprie trappole per catturarli e mangiarseli con la polenta, ma allora non ci si scandalizzava molto per questo.
C’ era poi chi aveva avuto modo in autunno di fare la sapa (il mosto cotto) e con la neve ora si preparava una granita speciale o almeno così dicevano (io non l’ ho mai assaggiata).
Era bello fin che la neve cadeva, ma poi cominciavano i disagi: la spalatura, l’ acqua di neve che ti bagnava le scarpe e penetrava a gelarti i piedi e non c’ erano mezzi diversi che il camminare a piedi, mentre sprofondavi lasciando le tue impronte nella neve che crocchiava sotto di te.

Gemmea l’ aria….

Stamattina fa freddo; ieri sera i vetri dell’auto erano coperti di ghiaccio e stamattina il cielo è limpidissimo, proprio come dice il Pascoli in questa poesia: Novembre.

Gemmea l’aria, il sole così chiaro

che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno; solo, alle ventate
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cadere fragile. E’ l’estate,
fredda, dei morti.

C’ è solo una differenza : una volta queste condizioni atmosferiche erano tipiche dell’ inizio di novembre….ora invece il freddo arriva con un mese di ritardo…..

Giù il cappello!

Segnalo questo articolo di ” Huffington post” che vuole dare risalto alla figura del padre  di Valeria  Solesin (perchè non anche la madre?) che nella sua normalità sta dando un esempio di grandissima umanità : ha ben dimostrato che per lui gli assassini di sua figlia non hanno niente in comune con la fede islamica di milioni di persone comuni e pacifiche e ha dichiarato che i funerali della figlia erano aperti a tutte le preghiera di ogni credo religioso.

Quest’ uomo mi ricorda molto il signor Castagna di Erba con il suo contegno ammirevole di fronte a coloro che gli avevano ucciso il nipotino, la moglie e la figlia.  Ma mi torna alla mente anche il comportamento dei genitori di Yara Gambirasio, sempre dignitosi e composti nel loro dolore.

Non mancano mai i motivi per rammaricarsi di quanti siano tra noi  i cialtroni che parlano per dare aria ai denti, ma per fortuna ci sono anche tante persone che ci fanno sentire orgogliosi di essere loro concittadini e davanti alle quali ci si deve togliere il cappello.

 

Comunicazione di servizio!!! :-)

Per rendere più facile l’ accesso alle storie di famiglia che potrebbero interessare alcuni recenti lettori del blog, ho modificato il menu (i titoli delle varie categorie che compaiono nelle striscia nera qui in alto) inserendo proprio la voce “Storie di famiglia” .

Sotto questa categoria si possono trovare le storie riguardanti i tempi e i personaggi della mia infanzia e della mia famiglia (sia quella di origine che quella attuale), nonchè i racconti dei parenti che vorranno aggiungersi a quello bellissimo della cugina Lia.

Questa risistemazione del blog ha richiesto molto tempo, ma ne sentivo la necessità.

Spazio aperto: mia cugina Lia racconta….

Ho chiesto a mia cugina Lia di regalarmi il ricordo di ciò che il suo papà, Enzo,  fratello minore di mio padre, raccontava quando riandava con la mente alla sua infanzia e ai suoi anni giovanili e di  raccontare quanto lei stessa ricorda della nostra famiglia. Ed ecco quanto molto gentilmente lei mi ha scritto:
Cara Diana, temo che anche i miei ricordi sull’infanzia di mio padre siano molto frammentari e, soprattutto, riguardano lui solo e non la sua famiglia. Avrei dovuto scrivere quello che raccontava. So del suo desiderio di avere zoccoli di legno ( immagino come quelli del film “l’albero degli zoccoli” di Olmi )e che fu una grande gioia quando li ebbe, così poteva scivolare sul ghiaccio, andando a scuola a piedi, anche d’inverno, dalla casa del “Cantonazzo” (contrada assai distante dal paese).
So che quando facevano qualche festa in casa, mettevano una spessa asse di legno sul pozzo, che era interno alla casa, e lì si accomodavano i “suonatori”…
Poi mi raccontava che, “quand me fradel Bruno l’era ande’ a tor l’ impero, me’ a gheva da tgnir al negozi di bicicleti da per me, ca gheva quatordes an !!”( Si capisce la trascrizione del dialetto?)
Pensa, diceva che Bruno era andato a “prendere” l’ impero, la stessa espressione che ho trovato nel libro di Pennacchi “Canale Mussolini”, perché Mussolini diceva che l’impero sulle terre d’Africa era nostro di diritto , ereditato dai Romani , per cui noi dovevamo andare a riprendercelo!
Quando era militare, costruiva le radio a galena per i suoi superiori, meritandosi così qualche licenza extra, per poter reperire il materiale. Ma qui siamo già avanti nel tempo, verso il 1938, quando mio padre parti’ per fare il militare e non ne tornò che dopo 7 anni, alla fine della guerra.
 C’è un episodio di quel periodo che mio padre raccontava con commozione: doveva imbarcarsi su una nave in partenza per l’ Africa, ma non partì da Napoli,  perché il suo colonnello, a cui faceva da autista e che gli voleva bene, lo rimandò indietro perché lui( mio padre) aveva famiglia.
Pensa, la nave fu affondata !  Dopo l’8 settembre ci fu il lungo ritorno a casa : da Postumia in Emilia a piedi.
Per la nonna Carolina … Be’, io ero la sua nipote preferita e mi difendeva sempre a spada tratta, anche contro i miei. Le sono rimasta affezionata e la ricordo spesso, non ostante fosse brontolona e musona. Poveretta, la vita non era stata buona neanche con lei e forse non era riuscita a superare i torti subiti.  Mah! Pace all’anima sua. Adesso è col ” pover Visens, c’ l’era tanto bel visti’ da carabinier!”.
Grazie infinite, Lia! Il tuo bellissimo racconto viene ad aggiungere qualche tassello alla storia delle nostre famiglie ….io la lascio qui a disposizione dei nostri nipoti…se un giorno vorranno conoscere qualcosa in più circa le loro radici…

Si vis pacem…..

Cosa ha scatenato l’ odio?

Questo articolo de “Il Fatto Quotidiano” cerca di indagare e di spiegare i motivi che stanno all’ origine degli atti di terrorismo che stanno paralizzando le nostre città.

A me la spiegazione del fanatismo religioso insensato non è mai andata giù…. I cristiani non sono i soli infedeli  secondo l’ Islam….anche induisti e shintoisti o buddisti lo sono , ma gli attacchi contro di loro sono molto rari.

C’è dunque qualche altra motivazione ben più forte di quella religiosa….

In questi giorni si sente spesso ripetere l’ antico detto latino : Si vis pacem, para bellum” (Se vuoi la pace prepara la guerra). Io però credo che oggi sia più giusto dire : Se vuoi la pace , opera con giustizia.

 

I miei primi giorni di scuola….

In casa mia si parlava solo il dialetto, come tutti  nei dintorni, a parte qualche bambino delle famiglie che abitavano in piazza e che avevano come status-symbol gli abiti sempre alla moda e la parlata elegante, ma io quelli non li conoscevo nemmeno.
Ricordo che quando giocavamo alle “signore” io e le mie amichette ci sforzavamo di parlare in italiano (non so con quali risultati) e per accentuare la raffinatezza del nostro eloquio atteggiavamo la bocca in un modo curioso.
Non ero mai andata all’ asilo, perchè era troppo lontano e quindi al momento di cominciare la scuola io mi sono trovata catapultata in un mondo del tutto estraneo e ostile , a mio avviso, quasi come può capitare oggi a un bambino straniero.
Per i primi giorni resistetti stoicamente, ma una mattina mi alzai ben decisa a non andare più in quella scuola, visto che io non sapevo fare nulla di quello che mi veniva richiesto.
Devo aver fatto un bel po’ di capricci, se a un certo punto mio padre, per la prima ed unica volta nella mia vita, arrivò a darmi una bella pacca sul sedere.

Ricordo anche le tragedie che feci il giorno in cui per compito dovevo scrivere una pagina di “i” : non mi sembravano mai fatte abbastanza bene e mi disperavo; venne  in aiuto anche mio fratello Franco , che era ormai un giovanotto e che spesso si divertiva alle mie spalle . Dopo avermi offerto la sua assistenza tecnica per migliorare la mia grafia, non potè resistere alla tentazione di fare una battuta cattiva e mi disse : Se iangi così per la “i” , chissà quanto dovrai piangere domattina con le “U” che si scrive come fossero due “i” attaccate!!!-

Credo che a questa battuta il mio pianto diventasse  un vero diluvio….ma poi in breve tempo mi rassegnai al mio destino di scolara e mi inserii nel nuovo ambiente con soddisfazione mia e dei miei genitori.