Il piccolo matematico

Ho appena cambiato il pannolone a Giovanni (22 mesi tra poco) ; gli sto rimettendo le calze e mentre infilo la prima dico: – Uno…-  e mi sento rispondere prontamente : – Due!- Ripeto la stessa cosa mentre gli infilo le calzotte  e così deduco con soddisfazione che ha memorizzato i primi due numeri.

Più tardi lui mi invita a giocare con le costruzioni di legno .  Siamo tutti e due accovacciati per terra e mettiamo in fila i mattoncini colorati per formare un trenino; io ripeto il gioco dei numeri e dico “Uno” e lui risponde ” Due” . A questo punto oso dire “Tre!” e con mia sorpresa mi sento rispondere “Catto”.  E con mio grande stupore continuiamo così fino al dieci!!!!

Non ci posso credere! Ha da poco cominciato a dire tante parole nuove, ma non credevo avesse memorizzato anche i numeri fino al 10.  Nel frattempo si è avvicinata la mamma di Giovanni che non crede alle sue orecchie, ma anche ripetendo il gioco il piccolino non sbaglia un colpo…..  Giocando coi libricini della Pimpa e coi vari giochi sonori i bimbi imparano senza sforzo tantissime cose a questa età : il loro cervello è come una spugna : bisognerebbe approfittarne ….

Bravo, Giovanni, piccolo matematico!!!

Quando arrivò la TV.

Mio fratello nel 56 lavorava alla RAI e doveva preparare i collegamenti televisivi da Cortina per le Olimpiadi invernali.
Sapevamo che sarebbe comparso anche se per poco in un documentario  sulla imminente manifestazione sportiva e lo zio, che vendeva televisori, ce ne prestò uno, affinchè papà e mamma potessero vedere il loro figlio al lavoro.
Era grande , ingombrante e quando la notizia si seppe tra i vicini, ci fu grande curiosità, perchè in tutto il paese ce n’ erano pochissimi .
Quando fu messo in funzione, sembrò a tutti che si compisse una magia: era come avere il cinema in casa!
Ricordo che fu piazzato su un mobiletto apposito che aveva un secondo ripiano su cui fu piazzato un  grosso trasformatore. Sopra all’apparecchio fu posata una lampada gialla: sul suo paralume una serie di forellini formava la sigla TV che si vedeva bene in controluce.

L’ accensione era sempre un’ operazione piuttosto lunga, che creava una certa suspense: dopo qualche minuto di attesa cominciavano ad apparire sullo schermo prima dei puntini poi delle righe orizzontali e spesso bisognava mettere a punto l’ immagine in bianco e nero e quando tutto finalmente entrava in funzione, ci sentivamo tutti soddisfatti: finalmente si cominciava.

Cominciarono a venire i nostri vicini la sera dopo cena in casa nostra, ma non più per la solita chiacchierata (in filòs) o per la partita a carte, ma per vedere “Lascia e raddoppia” che allora furoreggiava e con il premio finale di cinquemilioni faceva sognare tutti.
Durante la giornata trasmettevano solo le gare olimpiche e io mi ricordo che quell’ anno l’ atleta che vinse il maggior numero di medaglie fu un certo Tony Sailer, un bellissimo ragazzo austriaco e fu forse allora che cominciai a interessarmi di sport, anche se in modo molto “intermittente”
Ricordo che a scuola parlavo anche alla maestra delle trasmissioni che avevo visto il giorno prima  suscitando lo stupore, la curiosità e forse anche l’ invidia  dei miei compagni.
Alla mia amica preferita invece raccontavo le trame dei film più appassionanti e mi sentivo un po’ una privilegiata.

La Grande guerra: storie di famiglia e non solo….

Riporto qui il post che ho scritto per il sito ” Per Lunga Vita” dell’ amica Lidia Goldoni.

Quest’anno si sono celebrati i cento anni dall’ entrata dell’ Italia nella Grande Guerra.
Molte sono state le occasioni per ricordare quel triste avvenimento con il terribile strascico di morti e di dolore che ha portato con sé.
Come spesso è accaduto nella storia, una ristretta minoranza ha fatto delle scelte, le cui conseguenze poi sono ricadute su una maggioranza inconsapevole e incolpevole.

Ideali fasulli di una élite annoiata del quieto vivere sono stati enfatizzati in ogni paese europeo fino a determinare un conflitto che cancellerà un’ intera generazione di giovani.
Tra quei giovani c’ era anche il mio nonno materno.
Lui non era un intellettuale imbevuto di nostalgie risorgimentali, era solo un giovane contadino che, non ancora trentenne, si è visto costretto a lasciare la sua giovane moglie e i suoi figli, tutti piccolissimi, per indossare una divisa e imbracciare un fucile.
Tra i ricordi, che mia madre rievocava ogni tanto, naturalmente non ci sono le pene, i tormenti della vita di trincea: probabilmente il nonno non ha avuto modo di parlarne con nessuno, forse nemmeno con la moglie, per non angustiarla anche di più di quanto già non lo fosse. Tuttavia oggi sappiamo bene quali orrori abbiano dovuto vivere i soldati, immersi perennemente nel fango, negli escrementi e nel fetore dei cadaveri, oltre all’ insensatezza di ordini impartiti da generali incompetenti e senza scrupoli, che li mandavano all’ assalto per conquistare poche centinaia di metri, che sarebbero stati persi il giorno dopo…..per non parlare della scarsità di cibo, degli indumenti inadatti e dei pidocchi….
Tuttavia il mio allora giovane nonno era riuscito a sopravvivere a quei tre anni di inferno, la guerra era finita, l’ armistizio era stato firmato e lui era rientrato a casa in licenza per le feste di Natale.
Mia madre, che allora aveva appena 8 anni ed era la primogenita, ancora negli ultimi tempi della sua vita ricordava quei giorni e diceva:
“Era bello mio padre; non era tanto alto, ma aveva un bel viso tondo ornato da un paio di baffetti corti. Era così felice in quei giorni di licenza !! E quando è partito si è fermato sulla porta dicendo a noi bambini che sarebbe tornato presto e che saremmo stati sempre insieme. Poi si era allontanato fischiettando”.
Passarono pochi giorni e arrivò un telegramma: Onesto Magnani era deceduto a Cento di Ferrara dove era di stanza.
Mia nonna Marcellina aveva allora trentun anni, quattro figli già nati e uno in arrivo.
In paese qualcuno accettò di accompagnarla a Cento, non so con quali mezzi. Non credo che si fosse mai allontanata tanto dal paese, ma lei, incinta, partì per poter riconoscere il marito e provvedere al rientro della salma per la sepoltura nel cimitero del paese.
Da allora cominciò per lei e per i suoi figli una serie di vicissitudini facilmente immaginabili: prima di tutto dovette combattere contro la burocrazia che non voleva riconoscerle lo status di vedova di guerra, perché il marito era morto di spagnola quando la guerra era finita ormai. Ma nonna Marcellina non si lasciò scoraggiare e cominciò a peregrinare tra uffici di paese e provinciali per ottenere la pensione per lei e per i suoi figli e alla fine ci riuscì.
Cosa poteva fare ? Non se la sentiva di restare tutta sola a portare avanti la sua numerosa famiglia e decise di tornare in casa coi genitori ( cosa che, mia madre , una volta diventata grande, ha sempre ritenuto sbagliata: lei e i suoi fratelli avrebbero potuto usufruire degli aiuti previsti per gli orfani di guerra , cosa che non fu possibile ottenere dopo che risultavano abitare in casa di un socialista , come era il bisnonno).
Mia madre aveva nove anni. Fino ad allora era andata a scuola ed era brava, le piaceva studiare e imparare tante cose. Frequentava la quarta classe, ma, dopo il trasferimento nella casa del nonno, lei dovette cominciare a lavorare nei campi, ad alzarsi all’ alba per accudire le mucche e pulire la stalla. Quasi tutte le mattine poi doveva anche fare la sfoglia, ma poiché era troppo piccola, per poterla stendere bene saliva su un panchetto.
Delle peripezie di mio padre in quel periodo non so molto, lui non amava ricordare quei tempi. So solo che a un certo punto il podere della famiglia fu venduto, che mio padre, una volta cresciuto e sposato con mia madre, aveva cercato un lavoro, ma per ottenerlo avrebbe dovuto iscriversi al partito che ormai aveva preso il potere e lui allora decise di mettersi in proprio e fare il pollivendolo ambulante. Cominciò ad andare nelle fattorie a comprare “dai rasdori” uova, polli, galline, conigli per portarle ai mercati. Si alzava alle quattro del mattino e con le stie piene e pesantissime caricate davanti e dietro sulla bicicletta (a volte mia madre doveva aiutarlo a salire in sella tanto il carico era pesante) andava fino a Carpi. Così riusciva a portare a casa quanto bastava a noi 5 figli , ma si può ben immaginare che si potevano soddisfare solo i bisogni essenziali.
Mia madre raccontava che quando lei e mio padre erano andati a vivere da soli avevano solo un letto e una sedia: eppure venivano entrambi da famiglie che avevano avuto terreni e case di proprietà, ma la guerra che aveva portato via i capifamiglia li aveva precipitati nella povertà.
Forse la gente del popolo aveva sempre saputo quanto le guerre siano stupide, insensate e inutilmente atroci, ma anche coloro che avevano inneggiato alla guerra, che l’ avevano voluta per cercarvi gloria e onore, una volta in trincea, compresero bene quanto fossero stati ingannati, di quale menzogna fossero state vittime .
Riporto qui una poesia famosa tratta dalle lezioni dell’ UTE dello scorso anno Accademico.
DULCE ET DECORUM EST (di Owen).
Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,
le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,
finché volgemmo le spalle all’ossessivo bagliore delle esplosioni
e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.
Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,
procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono
azzoppati; tutti orbi;
ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilo
di stanche granate che cadevano lontane indietro.
Il GAS! IL GAS! Svelti ragazzi! – Come in estasi annasparono,
infilandosi appena in tempo i goffi elmetti;
ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare
dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce…
Confusamente, attraverso l’oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra
come in un mare verde, lo vidi annegare.
In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.
Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo
dietro il furgone in cui lo scaraventammo,
e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,
il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;
se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
osceni come il cancro, amari come il rigurgito
di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –
amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore
a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,
la vecchia Menzogna: Dulce et decorum est
Pro patria mori.
(Traduzione dell’ ultima frase latina che dà il titolo alla poesia : E’ dolce e onorevole morire per la patria)
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Forse perché quando si parla di Grande Guerra risento il dolore che traspariva dalla voce di mia madre , forse perché da lei ho capito quale tragedia essa abbia rappresentato per la sua famiglia ( e in seguito per la mia famiglia che si è ritrovata nella povertà), non posso sentir parlare di guerre: non credo che ci possa essere una guerra giusta, se non per difendersi da un inevitabile attacco imminente. I danni che esse provocano non fanno che aggravare le situazioni e aggiungere sofferenze a sofferenze, …e, come dimostra la storia della mia famiglia, i danni della guerra non finiscono con la firma dell’ armistizio o dei trattati di pace, ma proiettano la loro ombra nefasta sul futuro per generazioni.

Suor Anastasia.

Il rapimeno di due suore missionarie mi ha fatto ricordare un incontro.

Ero arrivata alla stazione ferroviaria di Bergamo dopo una giornata di viaggio; erano le otto di sera e a quell’ ora in marzo fa già buio . Stavo consultando le tabelle degli orari dei treni tra un va e vieni di extracomunitari: gli unici che a quell’ ora popolassero la stazione.
Accanto a me si accostò una suora,  che attirò subito la mia attenzione: era piccola, minuta e certo non più giovanissima, ma con un sorriso che faceva trasparire una grande serenità  Anche lei si interessava degli orari della mia stessa tratta, così seppi che andavamo nella stessa direzione, anzi avevamo la stessa meta.
IC’ era da aspettare e ci mettemmo a chiacchierare. Così seppi che aveva avuto degli intoppi imprevisti ma che voleva comunque essere a casa prima di notte perchè ora svolgeva la sua missione in una casa di riposo per suore ormai troppo anziane per il servizio nelle missioni o nelle parrocchie e le consorelle che avrebbero dovuto sostituirla non erano abituate come lei a svegliarsi di notte.
Quando il treno arrivò, prendemmo posto nello stesso scompartimento e proseguimmo la conversazione.
Ci scambiavamo le nostre esperienze di vita. Veniva dal Veneto e aveva fatto la missionaria in Egitto e Uganda per tanti anni. Mi raccontò come per fare la doccia avevano preparato un marchingegno con un secchio e una corda, che, al momento opportuno, scaricava un po’ d’acqua fredda.
Mi disse che la gente era talmente povera che quando la sua famiglia le mandò un paio di ciabatte nuove, non ebbe il coraggio di indossarle perchè sarebbero sembrate un lusso eccessivo rispetto a ciò che i suoi assistiti potevano permettersi.
Ciò nonostante aveva una grande nostalgia dell’ Africa e della solarità degli Africani.
Il treno viaggiava con un ritardo notevole, ma non ce ne accorgemmo.

Una volta scese alla stazione, mio marito ed io l’ accompagnammo alla sua abitazione e solo ora sto pensando a lei, perchè immagino che le due suore rapite le assomiglino un po’ e spero che il bene che certo hanno profuso serva loro da scudo  in questa circostanza difficile.
E’ un momento difficile per i cristiani  nel mondo e in particolare per i missionari: forse la loro testimonianza così forte e così autentica del Vangelo crea molto disagio in chi certi valori vuole negare per fanatismo o per avidità.

UTE: Diete e origine delle leggi.

Dopo l’ analisi  dal punto di vista scientifico dei nutrienti essenziali , i dottori Rigamonti e Spampati ci hanno illustrato i possibili limiti delle diete vegerariane e vegane oggi tanto “trendy”.

Le proteine vegetali pur preziosissime, non sono sfficienti a garantire il soddisfacimento del fabbisogno individuale, pertanto chi le adotta dovrebbe controllare ogni tanto i propri valori ematici, per monitorare per tempo eventuali carenze e assumere gli integratori più adatti.

Anche gli anziani,, contrariamente a quanto si pensa comunemente,  hanno bisogno di un giusto apporto di proteine per favorire il ripristino della massa muscolare, anzi dovrebbero aumentare l’ assunzione di tali nutrienti, dato che il metabolismo dell’ anziano ne assimila meno.

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Nella seconda ora di lezione la prof.ssa Tatafiore ci ha intrattenuto sull’ origine e la funzione delle leggi.

Con Solone si hanno le prime leggi scritte nel 594 a. C. per dirimere i contrasti tra il popolo e i notabili (non ricordo bene il termine giusto). In seguito Eraclito afferma che le leggi traggono alimento dalla legge divina; con l’ arrivo della democrazia Pericle avverte la necessità di nuove leggi, più adatte alla nuova situazione politica.

Ma se la legge non è universalmente valida, perchè osservarla?  Se giusto e legale spesso non coincidono  ci si deve riferire sempre ai Valori che ispirano le leggi, che hanno il compito di porre dei limiti alla volontà di sopraffazione dei propri simili da parte dell’ uomo.

 

(Ribadisco che qui riporto solo una sintesi stringatissima tratta dai miei appunti.)

 

La predica più bella.

Ieri ho partecipato alla cerimonia funebre per una conoscente nella cappella di una casa di riposo. Sono arrivata un po’ in anticipo per poter porgere le condoglianze alla famiglia della defunta. Poco dopo il mio arrivo vedo accomodarsi su una poltroncina poco distante un uomo molto anziano: lo riconosco come una ultranovantenne sacerdote in pensione che vive nella casa di riposo. Il peso degli anni ha tanto incurvato la sua schiena da dover camminare appoggiandosi a un girello.

Passa qualche minuto e una suora , di poco più giovane di lui, ma molto più arzilla, lo aiuta a infilarsi la cotta e la stola: vuole concelebrare la messa nel solo modo che gli è consentito dalle condizioni fisiche : stando seduto nella sua poltroncina.

Di tanto in tanto il mio occhio lo segue e lo vedo sempre intento  a ripetere sottovoce, all’unisono col celebrante , le orazioni che chissà quante volte ha ripetuto nella sua vita ed è ammirevole per l’ intensità  che traspare dal suo volto e dai suoi atteggiamenti.

Mi è venuto spontaneo fare il confronto coi casi scandalosi comparsi nelle prime pagine dei giornali nei giorni scorsi…… l’ ex abate che coi soldi dell’ otto per mille si pagava gli sfarzi degni di un principe rinascimentale, il cardinale che si è fatto restaurare un lussuoso appartamento coi soldi destinati a un ospedale e ci vive accudito da ben tre suore!!!!!!

Non ci sono più suore nelle parrocchie, ma quante sono quelle adibite alla cura dei principi della Chiesa?

Leggevo qualche giorno fa del calo vistoso dei cattolici che praticano la chiesa e frequentano i sacramenti…..forse sono rimasti solo quelli che hanno sempre fondato la loro fede sul Vangelo e sulla persona di Cristo….perchè chi faceva riferimento ai “Pastori di anime” spesso è rimasto scandalizzato e deluso.

Invece ieri io sono rimasta veramente ammirata dalla fede di quel vecchio sacerdote,  che certo non si è arricchito durante la sua vita e che perciò vive insieme a tutti  gli anziani che non possono contare su un’ assistenza familiare negli ultimi anni della loro vita.

Quell’ uomo è stato per me la predica più bella.

Strano vagare nella nebbia ( H. Hess)

È strano vagare nella nebbia!
Solo è ogni cespuglio e pietra,
Nessun albero vede l’altro,
Ognuno è solo.

Pieno di amici era per me il mondo,
Quando la mia vita era ancora luminosa;
Adesso, che la nebbia cala,
Nessuno si vede più.

In verità, nessuno è saggio
Se non conosce il buio,
Che piano ed inesorabilmente
Da tutti lo separa.

Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è essere soli.
Nessuno uomo conosce l’altro,
Ognuno è solo.

Tra LEONARDO ed EDUARDO.

Oggi pomeriggio , la mia amica B. ed io siamo andate a Milano. Dovevamo andare a vedere una commedia di Eduardo, ma siamo  partite un po’ in anticipo per avere il tempo di andare a visitare la ” Vigna di Leonardo” che si trova di fianco alla chiesa della Madonna delle Grazie e di fronte al museo che ospita il ” Cenacolo Vinciano”.  E ‘ un’ emozione forte entrare nella casa donata a Leonardo da Lodovico il Moro, ammirarne gli affreschi, i soffitti in legno, gli stemmi e i ritratti di coloro che , nei secoli, l’ hanno abitata. Uscendo nel giardino poi mi sembrava di vedere il genio passeggiare lungo i vialetti : forse è proprio all’ ombra di questi alberi che ha ideato alcune delle sue numerose invenzioni. E’ anche sorprendente pensare che tra i palazzi , l’ asfalto e il cemento che lo assediano, si sa potuto conservare per secoli questo incantevole angolo verde al centro di Milano.

 

Ma il tempo incalzava e ci siamo dirette verso il teatro dedicato a Strehler.  La compagnia di Luca De Filippo era in scena con la commedia ” Non ti pago”.

E’ la storia divertente di una vincita al lotto contesa tra Ferdinando, titolare di un banco del lotto e giocatore accanito , ma perseguitato dalla sfortuna, e il suo dipendente (ed aspirante genero) fortunato come il Gastone di Paperopoli. Giocando sulle superstizioni  e i vizi dei vari personaggi, Eduardo ha saputo trovare molti spunti comici, ben sottolineati dalla bravura degli interpreti.

Il teatro era quasi al completo e il pubblico si è certo divertito a giudicare dagli applausi a scena aperta e da quelli finali.