Un amico virtuale ha pubblicato un post provocatorio sul fenomeno della migrazione, nel quale afferma che i genitori che partono o lasciano partire i propri figli sui barconi sono da condannare perchè li espongono alla probabilità non remota di morire in mare . E’ a lui che ho pensato quando ho letto questa poesia.
Ma che colpa ho?
Che colpa ho se il giorno della nostra partenza dal
cielo siamo stati mandati in posti diversi sulla terra,
Che colpa ho se il mio si chiama Africa.
Che colpa ho se il giorno del mio arrivo sono stato
ricevuto da un allevatore di bestiame anziché
da un ginecologo,
Che colpa ho se la mia sala parto si chiama
campo profugo.
Che colpa ho se i primi suoni che ho sentito nella vita erano quelli di bombe, mitra e fucili,
Che colpa ho se la prima parola che ho imparato
è stato ‘nemico’.
Che colpa ho se per dissetarmi devo fare dei buchi
nella terra per cercare qualche goccia d’acqua,
Che colpa ho se per sfamarmi devo aspettare il giorno
fortunato in cui qualche pannocchia e fagioli vengono lanciati da un aereo amico.
Che colpa ho se i miei giocattoli sono proiettili, bombe a mano e mine inesplose,
Che colpa ho se l’unica giostra che conosco si
chiama ‘bunker’
Che colpa ho se i miei amici inseparabili si chiamano dissenteria, malaria e colera. Gli amici che fanno di tutto per non lasciarmi solo neanche per un giorno.
Che colpa ho se la parola vaccino per me esiste solo
nelle favole.
Che colpa ho se mi hanno convinto che per vivere
qualcuno (il nemico) deve morire da qualche altra parte.
Che colpa ho se nonostante la mancanza di cibo
e d’acqua sono ‘cresciuto’ molto in fretta ugualmente, diventando un adulto solo a quattro anni.
Che colpa ho se io sono un bambino africano!!!
blessing sunday osuchukwu – tratto da “Le lacrime degli angeli”.
Ecco , Luigi, se la prospettiva per i propri figli è solo questa, io posso capire chi li trascina in un viaggio pieno di pericoli sì, ma in fondo al quale potrebbe esserci una possibilità di vita non indegna di un essere umano.