Era d’estate….tanto tempo fa…

Riporto da Eldas (la piattaforma “il cannocchiale” è sempre meno accessibile , perciò tento di recuperare i post cui tengo di più).
Avevamo finito di pranzare. Io avevo aiutato a sparecchiare, ad asciugare le posate e a pulire i fornelli . Mia madre continuava a riordinare la cucina, mio padre era sulla poltrona pronto per schiacciare un pisolino; gli altri erano già usciti per andare al lavoro. Io andai al piano di sopra , feci scendere la scaletta retrattile e salii in soffitta: mi piaceva andare a frugare tra vecchi libri e oggetti non più in uso. Lassù faceva un gran caldo, allora aprii la finestrella di un abbaino, che dava sul tetto, nella speranza di far entrare un filo d’ aria, ma non era così, anzi le tegole infuocate rendevano l’ aria irrespirabile.
Quel giorno mi azzardai a uscire dall’ abbaino e a sedermi sul suo piccolo davanzale: il sole a picco infuocava la pianura e cancellava le ombre, le strade deserte erano inondate da una luce violenta , i prati attorno (c’era lì vicino il campo da calcio) erano rinsecchiti e sugli alberi non si muoveva una foglia. Si sentiva solo il frinire incessante e monotono delle cicale, tutti gli altri animali cercavano scampo al gran caldo dormendo. Da quell’ insolito punto di osservazione il paese, nella sua immobilità, sembrava una cartolina tridimensionale , ma io conoscevo chi abitava dietro quei muri, sotto quei tetti….e di tanto in tanto arrivava una voce che io riconoscevo bene. In quella solitudine lasciai briglie sciolte alla mia fantasia di bambina (avevo circa 11 0 12 anni) e immaginai storie fantastiche in cui io diventavo una lucertola, che si crogiolava al sole. Ho ripetuto quel gioco altre volte, ma nessuno lo ha mai saputo, altrimenti chissà quali strepiti avrei sentito.
Quando il caldo diventava insopportabile, scendevo dalla soffitta e mi ritrovavo nella penombra della zona notte, in cui le finestre rimanevano accuratamente chiuse per tutto il giorno e venivano aperte solo dopo il tramonto. Al piano terra la temperatura era più sopportabile, ma in assenza di condizionatori e ventilatori (ricordo che da piccola si vedevano i ventilatori solo quando si andava a recitare il rosario nelle veglie funebri, accanto al cadavere del poveretto che aveva avuto la sventura di morire in quei giorni soffocanti), si sudava anche stando fermi e si era tentati di stare a braccia sollevate, proprio come facevano le galline che tenevano le ali e il becco aperti.
Nella mia infanzia abitavo in una casa senza acqua corrente e allora c’ era sempre a disposizione un secchio d’ acqua, attinta dal pozzo, con il mestolo a portata di mano a disposizione di tutti per alleviare l’ arsura. Non avevamo allora il frigorifero e tutto il cibo andava consumato in giornata. Ricordo le cene a base di pane e cocomero, lasciato per ore al fresco nel pozzo dentro al secchio o nel lavandino pieno d’ acqua. Al mattino le donne del cortile riempivano con acqua dei mastelli che lasciavano al sole tutto il giorno, così, la sera, quando gli uomini tornavano dal lavoro potevano trovare acqua tiepida per le loro abluzioni all’ aria aperta. In quei momenti c’ era chi chiamava in aiuto i figli per cacciare le zanzare sempre in agguato dopo il tramonto. Ogni tanto allora sentivi lo schiocco di una sberla e una voce infantile esultante che gridava :- Presa!!!
Già, le zanzare!!!! Erano un vero tormento e la sera non potevi accendere la luce se le finestre erano aperte…. A questo proposito ricordo un episodio del tutto particolare. Quell’ estate (io ero sposata da anni e vivevo in Brianza) ci eravamo trasferiti dai miei nella bassa reggiana, perché mio marito, siciliano, aveva avuto l’ assegnazione provvisoria di un ufficio in quella zona. Mio marito ha avuto via via vari hobby e in quel momento si dilettava di pittura ad olio. Così una sera, si ritirò nella stanzetta al piano superiore in cui aveva sistemato le sue attrezzature e , poiché faceva molto caldo, pensò bene di spalancare la porta finestra. Io ero al piano terra con tutti gli altri a guardare la tivù con le finestre rigorosamente chiuse. A un certo punto alzando per caso gli occhi vidi che il soffitto della stanza non era più bianco, ma grigio, anzi quasi nero e subito non capii, poi mi bastarono pochi secondi per realizzare quanto stava accadendo e mi precipitai al piano di sopra. Lì vidi mio marito intento a dipingere , incurante della fitta nube di zanzare che lo avvolgeva e che aveva riempito quella stanza e la casa intera. Non si era nemmeno accorto che molte zanzare erano rimaste impastate sulla tela insieme ai colori.
Lascio immaginare la litania di imprecazioni contro quel maldestro genero, che tra l’ altro aveva anche  il torto di essere forestiero.

Piccoli in fuga.

bambini-migranti-generiche-496716.610x431Questo articolo , che ho trovato su “Avvenire”, fa venire un gran “magone”: bambini costretti a scappare dalla loro terra per non cadere nelle mani di una criminalità spietata, che li costringe a scegliere tra una vita da assassino e una da clandestino .

Questi bambini non avrebbero il diritto di essere considerati dei “rifugiati” e quindi di entrare in un paese in cui poter vivere serenamente la loro età? O perchè si tollera che in certi paesi la gente si trovi in balia della violenza più disumana?

L’articolo parla di bambini sud-americani, ma chissà quanti sono nelle stesse condizioni (anche se forse non sempre per gli stessi motivi) nei nostri centri di accoglienza o davanti ai muri di filo spinato sorti a protezione dei nostri privilegi…..

Uno dei bambini intervistati racconta che la madre stessa lo ha spinto a fuggire, accompagnandolo all’autobus dopo avergli dato tutto il denaro che ha potuto raccogliere, e lo ha salutato senza una lacrima, sapendo che forse non lo potrà più rivedere…..Credo che dopo la partenza dell’autobus quegli occhi abbiano continuato a piangere a lungo….

Bolle di sapone fai da te.

Ai tempi  in cui ero bimba io, la plastica e l’ industria non  erano  ancora entrate nel mondo delle bolle di sapone e non potevi comprarle al negozio in paese. Te le dovevi preparare con un po’ di pazienza: quando il sapone del bucato era diventato così sottile che non poteva più essere utilizzato, io ne prendevo alcune scaglie e le mettevo in un barattolo con un po’ d’acqua, mescolavo a lungo con un bastoncino e poi lasciavo riposare la soluzione in un posticino tranquillo, dove nessuno poteva urtare il contenitore.
Dopo qualche ora, o il mattino seguente, quando il sapone si era ormai sciolto, io andavo a cogliere il fiore del tarassaco (o dente di leone) e il suo stelo cavo  diventava la mia cannuccia.
All’ inizio ne sentivo in bocca il sapore amarognolo che poi a poco a poco svaniva.

A questo punto l’attrezzatura era al completo e non mi restava che trovare il posto migliore per incominciare il gioco. Di solito cercavo un luogo  elevato perchè le bolle avessero modo di volteggiare più a lungo prima di toccare terra, così il posto ideale era sul ballatoio al primo piano dove si apriva una finestra . Lì c’ era una vecchissima cassapanca. Io mi ci sedevo sopra, soffiavo le bolle fuori dalla finestra ed esse cominciavano a volare tremolando verso il basso finchè scoppiavano all’ improvviso. Erano così belle, così colorate, così leggere, così delicate.
Ed era bello anche soffiare dentro al barattolo: le bolle crescevano, crescevano fino a debordare dal contenitore e la luce si rifletteva su di esse in mille modi diversi.
Quando mi stancavo, riponevo il barattolo nel solito posticino tranquillo: l’ indomani avrei potuto giocare di nuovo.

Bolle di sapone.

 

Riporto da ELDAS:

Ieri sera Samuele (un anno) ha trovato la bottiglietta delle bolle di sapone e l’ ha portata alla sua mamma perchè giocasse insieme a lui.
Così è cominciato il gioco e quando le bolle sgorgavano dall’ anello insaponato e cominciavano a volteggiare, Samuele si illuminava in viso e gridava felice, mentre cercava di afferrarle tendendo le sue manine paffute.
A un certo punto ha cominciato a mettersi carponi per vederle da sotto scendere adagio su di lui. Dopo un po’ però il pavimento era diventato umido e scivoloso e Samuele si ritrovava a terra anche senza volerlo.

Quello delle bolle di sapone è un gioco antico, che ha sempre affascinato i bimbi di tutti i tempi: che incanto quelle bolle leggerissime, che sembrano catturare l’ arcobaleno e  che svaniscono in un attimo, lasciando solo una lacrima come ricordo di un attimo di magia!

Provino.

Quando i nipotini si trovano insieme, sperimentano l’ uso delle nuove tecnologie (il mio telefonino)  in modo creativo.

Elisa , la maggiore, di solito si occupa della regia e della sceneggiatura , mentre Samuele e Davide si cimentano nell’arte della recitazione e il divertimento è assicurato.

 

Meglio di Mr. Bean…

Stamattina i miei nipotini hanno fatto un po’ di storie prima di andare a messa  e bisogna riconoscere che bisognerebbe inventare un modo nuovo di celebrare il rito religioso della domenica, almeno per i più piccoli.

Una volta in chiesa però si sono comportati decisamente meglio di un certo mr. Bean….

Per le vie di Erba.

3993_comune-di-erba-(9)L’abitudine all’uso dell’auto in città fa sì che percorriamo sempre le stesse vie e che abbiamo una conoscenza del tutto parziale e incompleta anche dei luoghi in cui abitiamo da sempre.

L’altro giorno con Samuele dovevo andare a ritirare una borsa di pelle che mia figlia aveva portato per farla riparare da un artigiano del luogo: qui c’è ancora chi si occupa di queste cose. Ho parcheggiato l’auto appena giunta nella zona in cui doveva trovarsi il laboratorio (e che credevo di conoscere), poi a piedi abbiamo cominciato a percorrere le stradine che si aprono ai lati della via principale: viuzze strette, case venute su come per caso in tempi in cui non si parlava ancora di piano regolatore…..Era facilissimo anche perdere il senso di orientamento visto che non c’erano punti di riferimento e le strade seguivano traiettorie chiaramente non programmate con razionalità.

Abbiamo girato un po’ senza cavare un ragno dal buco, poi abbiamo cominciato a chiedere informazioni, ma nessuno sembrava conoscere la via che cercavamo.

A un certo punto però si è fermata un’auto che occupava tutta la sede stradale della viuzza e ne è scesa una signora.

Ho chiesto a lei dove si trovasse la via che stavo cercando e finalmente mi son sentita rispondere con gentilezza e con chiarezza: dovevo tornare sui miei passi ….

Mentre ci stavamo incamminando di buona lena verso la nostra meta, Samuele mi ha chiesto: – Tu la sapevi?- Questa domanda mi ha un po’ disorientato : cosa avrei saputo?  e ho chiesto al nipotino di spiegarsi meglio , ma lui ha ripetuto: – Tu la sapevi già prima quella signora?-

A questo punto i miei lunghi anni (infruttuosi!!!!) di studio della lingua inglese mi sono venuti in soccorso e ho intuito che il bambino come al solito aveva pensato in inglese e tradotto il suo pensiero in italiano, solo che non aveva tenuto presente che dove per lui basta il verbo “Know” , a noi servono due verbi diversi e ben distinti : sapere e conoscere…. Samuele mi aveva chiesto se conoscevo già quella signora, perchè era stata molto gentile, come se fossimo vecchie conoscenze.

Dev’ essergli capitato di rado di incontrare per le strade di Londra estranei con atteggiamenti amichevoli….