Se non avessi visto ….

raggio di soleSe non avessi visto il sole
avrei sopportato l’ombra
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio.

(E. Dickinson)

A quanti è capitato di tollerare  condizioni di vita o situazioni difficili e quasi di non avvertirne appieno il peso perché anestetizzati dall’abitudine!

Ma se in quell’ombra penetra casualmente un raggio di sole, che mette in risalto la cruda realtà, allora diventa inaccettabile ciò che prima era “normale”.

La Dickinson è bravissima a evocare con poche parole sentimenti ed emozioni che ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle…

 

(questa poesia è stata presa da questo sito)

La voce delle madri.

A conferma del fatto che le buone notizie non hanno grande risonanza, solo oggi ascoltando Rai3 ho saputo di una marcia delle madri in Israele. Quattromila donne, israeliane, palestinesi e cristiane, ai primi di ottobre hanno marciato per le strade della Terra Santa cantando insieme una “Preghiera per la pace”.
Sono convinta da tempo che l’unica speranza per il cambiamento del mondo possa venire dalle donne, che da sempre hanno tra le mani le vite da accudire dalla nascita alla morte: chi più di loro può sentire l’assurdità della guerra che spegne anzitempo le vite che loro hanno protetto e nutrito con tanto sacrificio ? Forza donne! Fatevi sentire sempre più forte!

Ganimede e l’aquila.

Guardate la meraviglia di questa aquila, che compare nella tela di Rubens. Ritrae Ganimede che viene rapito da Zeus , trasformatosi in aquila, per diventare il coppiere degli dei.

La meraviglia di questo quadro sta nell’iper-realismo della riproduzione dell’aquila, che vista da vicino è davvero strabiliante. Rubens si dedicava alla figura umana, mentre per eseguire pitture di animali si valeva di un collaboratore specializzato……e che specializzazione!!!! Peccato che la foto qui sotto non possa dare che una pallida idea della maestria del pittore.

Ganimede e l'aquila di Rubens

UTE: Un pomeriggio con Rubens.

ecco il ritratto della figlia di Rubens , non destinato alla vendita e quindi non rifinito.
ecco il ritratto della figlia di Rubens , non destinato alla vendita e quindi non rifinito.

Quando si dice di qualcosa che è “barocca” si vuole sempre dare un significato un po’ dispregiativo, volendo indicare qualcosa di manierato, di superficiale, di ridondante.

Se però guardiamo i quadri di Rubens a me  viene in mente solo un’idea di grande bellezza e grande maestria. Noi dell’ UTE oggi siamo stati a vedere la mostra del pittore fiammingo a Palazzo Reale a Milano.

E’ stata un’immersione  nel colore e nella luce di opere straordinarie di un artista che ha tratto ispirazione e insegnamento dalla cultura classica e dai nostri pittori. E’ stato  interessante scoprire come  Rubens abbia voluto operare con trasparenza , proponendo ai suoi committenti tre diversi tipi di quadri: quelli eseguiti completamente da lui, quelli eseguiti da lui con la collaborazione di altri artisti, quelli eseguiti solo dai suoi collaboratori sotto la sua supervisione. Nella mostra si può ben cogliere la differenza fra queste diverse opzioni.

Rubens inoltre era bravissimo nel ritrarre le figure umane, ma chiedeva l’intervento dei suoi collaboratori specializzati nel ritrarre animali  o strutture architettoniche. In questo si può dire che Rubens abbia intuito un’idea che poi ebbe molto successo in ogni campo: si ottengono risultati migliori con la specializzazione , restringendo il proprio campo d’azione e approfondendone lo studio.

Rubens non fu un artista dalla vita tormentata, anzi ebbe da subito molto successo ed era anche un ottimo diplomatico, ottimamente inserito tra i potenti del suo tempo.

UTE: L’impiegato nella letteratura – Presentazione: In cammino verso Santiago.

Con l’industrializzazione si hanno due figure di impiegati: l’operaio e l’impiegato amministrativo. Quest’ultimo viene pagato più dell’operaio, pertanto si ritiene superiore; inoltre non comprende le lotte sociali e le teme.

L’impiegato aspira ad essere parificato alla borghesia, ma non ne ha né la cultura né i mezzi economici e questo ingenera in lui invidia e rancore; teme la meccanizzazione e nell’informatizzazione che possono mettere a repentaglio il suo posto di lavoro.  I suoi valori sono : rispetto dell’autorità, ordine, disciplina, diligenza nel lavoro, decoro e rispettabilità.

In Italia, dopo l’unificazione  ci fu l’esigenza di uniformare le varie amministrazioni pubbliche degli stati preesistenti e la strada scelta fu quella di “piemontesizzarle” tutte senza distinguere tra quelle più avanzate e quelle più arretrate..

Dopo questa introduzione il prof. Galli ci ha letto alcuni passi della commedia teatrale “Le miserie di monsù Travet” e un divertente brano del primo libro di Fantozzi, che ben ritrae il clima natalizio all’interno di una grande azienda.

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in-cammino-verso-santiago-libroNella seconda ora la scrittrice Enrica Mambretti ci ha presentato il suo libro “In cammino verso Santiago”, il diario da lei scritto giorno per giorno durante il suo pellegrinaggio.

Il racconto è stato accompagnato da bellissime fotografie , che ci hanno consentito di ammirare paesaggi bellissimi e suggestivi e penso che a molti dei presenti sia venuto per un attimo il desiderio di partire, ma 800 chilometri a piedi non sono impresa adatta a tutti…

Io avevo già letto il libro e questa presentazione mi ha fatto meglio percepire lo spirito che anima i pellegrini verso Santiago di Compostela.

Non chiamiamola banda….

Banda-Ponte-90esimo-giugno-2014-2 (1)

Se sentite parlare di banda musicale, vi viene in mente una musica militaresca, molto cadenzata, qualche lamento di ottoni un po’ maltrattati da suonatori un po’ anzianotti?

Fino a ieri sera questo era quello che associavo all’idea di banda musicale di paese, ma poi ho avuto modo di ascoltare la banda “Cav, Masciadri” di Pontelambro. Il concerto , che era stato organizzato da una ONLUS erbese che si occupa da vent’anni di ragazzi disabili, ha avuto luogo nella chiesa parrocchiale di Arcellasco.

Già appena entrata il mio primo pregiudizio si è polverizzato: i componenti della banda non avevano i capelli grigi, anzi credo che l’età media si aggirasse sui vent’anni, visto che molti erano proprio dei teen ager. Poi il concerto è cominciato e sono rimasta felicemente sorpresa dalla dolcezza che si sprigionava sotto la guida di un giovanissimo maestro…. nessuna marcia militare o inno fracassone…. ma melodie ora dolci ora solenni riempivano le volte della chiesa. Non era la classica banda, ma una vera e propria orchestra fatta di strumenti a fiato e di percussioni. E una menzione particolare merita il giovanissimo primo clarino : veramente molto bravo!!

Penso che molti come me siano stati colti alla sprovvista, almeno così ho capito io dagli applausi degli spettatori, che alla fine hanno tributato al corpo bandistico una entusiastica standing-ovation.

Il concerto è stato seguito da un semplice rinfresco , che ha dato modo a noi tutti di conoscere meglio sia i componenti della banda, sia l’attività dell’Associazione “NOI GENITORI” che tanto bene opera sul nostro territorio.

Poesia: La nebbia (Rodari)

nebbiaTelefonando in Emilia ho sentito che là da giorni incombe una cappa di nebbia impenetrabile.

Me li ricordo bene i nebbioni della bassa, quando devi guidare con la testa fuori dal finestrino dell’auto per vedere la striscia bianca di mezzeria e quando non riesci a trovare la strada che ti porta a casa….La nebbia, come la neve, è bella solo se puoi godertela stando in casa  al calduccio con un buon libro o con un buon film in TV e in buona compagnia.

Rodari ha scritto una poesia sulla nebbia, ma lo ha fatto a modo suo: con il sorriso della speranza…

Oggi la nebbia vuole
farmi scordare il sole.
Mi soffia attorno neri,
disperati pensieri,
ad ogni foglia che cada
piangendo sulla strada.
Ma il sole è ancora là
Un giorno vincerà
con la spada d’un raggio…
Per ridarci coraggio
!

 (G. Rodari)

Non dimentichiamolo mai: sopra la nebbia il sole continua a splendere….

I cappelletti

Questa mattina devo fare i cappelletti che congelerò per utilizzarli nelle prossime feste ed ecco che i ricordi affiorano……

In casa mia il piatto della domenica  erano i quadrucci  o le farfalline in brodo di carne cui seguiva la consumazione del lesso con contorno di cipolline e sottaceti vari o insalata russa; a volte però il lesso veniva consumato la sera della domenica e veniva perciò sostituito dal pollo arrosto, che mia madre cucinava in modo squisito.

Solo nelle feste solenni, come Natale, Pasqua, Capodanno, ferragosto, o il santo patrono del paese, si facevano i cappelletti.  Ricordo di essere stata mandata anch’ io qualche volta dal macellaio a comperare “un pezzo di polpa per fare lo stracotto”  Così il mattino dell’ antivigilia della festa mia madre prendeva il pezzo di carne , lo metteva in una casseruola capiente con carota, sedano, aglio, cipolla, prezzemolo .garofano, cannella e lo faceva andare un po’ sul fuoco con un pezzo di burro, poi lo copriva con acqua e lo portava a ebollizione, quindi  abbassava la fiamma dopo aver messo il sale  …..

Già al primo bollore la casa cominciava a riempirsi di quei profumi che ti facevano pregustare non solo i cappelletti, ma anche l’ atmosfera della festa che stava per arrivare. La pentola continuava a borbottare per molte ore, finche il liquido di cottura si era ristretto quasi del tutto (quasi,  cioè poteva restarne un dito nel fondo della pentola).

A questo punto la carne , tenerissima, veniva tritata finemente su un tagliere e rimessa poi nella pentola per amalgamarsi col suo sugo di cottura. Si aggiungeva parmigiano a volontà e anche pane grattugiato. Il ripieno dei cappelletti era pronto.

La mattina della vigilia si comincuiava a preparare la sfoglia: la farina di grano tenero veniva posta sulla spianatoia a forma di cratere, nel quale trovavano posto le uova sgusciate. La pasta doveva essere non troppo dura per poter essere spianata facilmente, ma neanche troppo tenera, altrimenti si sarebbe appiccicata al mattarello. Mia madre, che si dedicava all’ incombenza della pasta fatta in casa fin da quando era poco più che una bambina, aveva un’ abilità sorprendente nel manipolare l’ impasto e in seguito il mattarello volteggiava sapientemente tra le sue mani . In breve  la pasta si assottigliava docilmente allargandosi sempre più. Ricordo che per controllarne lo spessore, mia madre la guardava in controluce dopo averla parzialmente arrotolata sul mattarello.  Quando il suo occhio esperto si riteneva soddisfatto, cominciava a tagliare le pastelle con la rotella dentata e le porgeva alla squadra dei riempitori: io e le mie sorelle in prima fila con l’ aiuto della nonna Marcellina, mentre mio padre si occupava della chiusura delle pastelle riempite e richiuse a triangolo.  Mia sorella maggiore era sempre la più veloce, mentre io mi attardavo spesso ad assaggiare il pesto o a eliminare , mangiandoli, i cappelletti mal riusciti.

Mio padre, dopo aver richiuso i cappelletti con vera maestria, li metteva tutti perfettamente allineati sulla tovaglia, come tanti soldatini, tanto che alla fine, con una semplice moltiplicazione si sarebbe potuto  calcolarne il numero con precisione.!!  E guai a chi avesse osato rovinare la sua domestica piazza d’ armi …

Il giorno della festa, si cominciava la mattina a preparare il brodo con il manzo e la gallina e a mezzogiorno a tavola tutti si riempivano i piatti fino all’ orlo e qualcuno faceva anche il bis