Adolescenti e genitori.

Non posso credere che un un figlio arrivi a progettare di uccidere il padre e la madre senza aver dato prima segnali di grave turbamento.

E’ vero che l’adolescenza è l’età più difficile nel corso della vita, è   vero anche che spesso i ragazzi si chiudono a questa età e che diventa arduo capire i loro sentimenti, le loro paure, le loro angosce, ma se le parole diventano inutili, credo che sia sempre possibile “leggere” altri segnali di disagio….i segnali che vengono dal comportamento, dagli atteggiamenti, dalle compagnie frequentate …..E una volta colti questi segnali , possibile che non si possa fare nulla?

Ma forse un genitore sottovaluta il disagio del figlio (o della figlia) perchè lo vede sempre frapponendo fra sé e la persona che gli sta davanti , l’immagine di quel bimbo fragile e dolce che ha tenuto tra le braccia tante volte…..o forse, peggio, i genitori troppo presi dal “tirare avanti la baracca” non riescono a capire la muta richiesta di aiuto che a un certo punto i figli rivolgono loro, magari mascherata da atti di ribellione aperta ….

Quello dei genitori è sempre stato il mestiere più difficile e si sbaglia comunque agli occhi dei propri figli, ma se con umiltà ci si mette in ascolto, qualche errore si può evitare o almeno si può sperare di  rimediare a quelli eventualmente commessi.

Poesia: Poeta nel tramonto…

Poeta nel tramonto…

tramonto sulla neveNuda è la terra, e l’anima
ulula contro il pallido orizzonte
come lupa famelica. Che cerchi,
poeta, nel tramonto?

Amaro camminare, perché pesa
il cammino sul cuore. Il vento freddo,

e la notte che giunge, e l’amarezza
della distanza… Sul cammino bianco,
alberi che nereggiano stecchiti;

sopra i monti lontani sangue ed oro…
Morto è il sole… Che cerchi,
poeta, nel tramonto?  ( A. MACHADO)

L. Armstrong: Il lato soleggiato della strada.

Grab your coat and get your hat, leave your worry at the doorstep
Just direct your feet to the sunny side of the street
Can’t you hear that pitter pat and that happy tune is your step
Life can be so sweet on the sunny side of the street

I used to walk in the shade with those blues on parade
But I’m not afraid ’cause this rover, crossed over

If I never had a cent I’ll be as rich as rockfeller
Gold dust at my feet on the sunny side of the street

With those blues on parade
Because this rover, it crossed over

If I never had a cent I’ll be as loaded as old rockfeller
With that gold dust ’round my feet
On the sunny side of the street
On the side, at that side of the street that is sunny

TRADUZIONE:

Afferra il tuo cappotto e il tuo cappello, lascia le tue preoccupazioni sulla soglia, dirigi i tuoi piedi verso il lato soleggiato della strada. Non senti che quello scalpiccio e quell’allegro motivo è il tuo passo? La vita può essere così dolce sul lato soleggiato della strada. Ero solito camminare nell’ombra con quei momenti bui, ma non ho paura perchè questo vagabondo è passato dall’altra parte (DELLA STRADA). (Anche) Se mai ho avuto un centesimo, sarò ricco come Rockfeller. Polvere d’oro ai miei piedi sul lato soleggiato della strada. Con quei momenti bui , perchè questo vagabondo è passato dall’altra parte. Se non ho mai avuto un centesimo, sarò ricco come il vecchio Rockfeller, con quella polvere d’oro intorno ai miei piedi sul lato soleggiato della strada ….sul lato…a quel lato della strada che è soleggiato…

UTE: Populorum Progressio – Le ragioni degli altri.

Nella prima lezione di ieri, Don Ivano ha parlato dell’enciclica “Populorum progressio” di Paolo VI di cui ricorre quest’anno il 50° anniversario della pubblicazione.  Non ho potuto seguire tutta la lezione, ma anche solo riportando alcuni brevi passi se ne può ricordare il valore profetico:

« Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della chiesa »

” I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello.

..] La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.

Purtroppo la voce di Paolo VI è rimasta per lo più inascoltata e noi stiamo pagando salato il conto di un  neo-colonialismo cinico e predone.

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Nella seconda ora di lezione la dr.ssa Mariella Russo ci ha guidato alla comprensione della cultura degli altri, dei nostri nuovi concittadini: tale conoscenza non deve significare negazione della nostra cultura, ma deve rappresentare un arricchimento, un aiuto a “comprendere”.

Quale  concetto di lavoro? La nostra Costituzione inizia affermando che ” l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” e questo dice quanto per noi il lavoro significhi libertà e dignità della persona, ma non è sempre stato così… Nelle civiltà antiche il lavoro era riservato agli schiavi, poi col Cristianesimo questa concezione cambia: San Paolo afferma “Chi non lavora non mangi” e San Benedetto col suo motto “ora et labora” dà al lavoro la stessa importanza data alla preghiera. Nell’età dei Comuni poi solo chi partecipava alle corporazioni (e quindi aveva un lavoro) poteva partecipare al governo della città.

Al giorno d’oggi il lavoro è un problema soprattutto per i giovani che si vedono offrire a ripetizione stage poco o per nulla retribuiti; in Cina un operaio deve lavorare 12/14 ore al giorno per 28 giorni al mese!!! In Giappone dopo licenziamenti di massa si sono fatte riassunzioni con superlavoro anche non pagato e si assiste a un grande numero di suicidi per eccessivo lavoro.

Il mondo economico è basato sulla competizione , che se portata agli eccessi è una vera follia: ci si deve invece orientare alla collaborazione.

Una volta i padroni brianzoli pensavano al benessere dei loro operai costruendo per loro case e asili .

Sorridere? Noi sorridiamo poco, in India invece il sorriso ha quasi valore religioso: devi sorridere alla divinità che  è in te e  in chi incontri…. Da noi si misura il PIL (Prodotto Interno Lordo) in Buthan si misura il FIL (Felicità interna lorda).

Solidarietà. In Corea ognuno deve fare ogni giorno un gesto di solidarietà verso un membro del gruppo cui appartiene. In Africa si fa il pane insieme. Gli immigrati, facendo gruppo, trovano il coraggio, qui da noi, di sfidare mafia e camorra e all’ospedale di Saronno sono state due infermiere straniere a denunciare i delitti finiti sui giornali in questi giorni: gli immigrati si fidano delle nostre istituzioni più di quanto non ce ne fidiamo noi….

Sguardo. Per noi guardarsi negli occhi è segno di lealtà, in Oriente guardare negli occhi una persona equivale a volerla sfidare.

In alcuni paesi è inconcepibile che un uomo debba ubbidire a una donna, anche se dovesse essere un suo superiore nel lavoro.

Ricordando don Ireneo…

Leggo sul quotidiano on line Erbanotizie che è morto padre Ireneo, il cappellano dell’Ospedale Fatebenefratelli di Erba. Aveva 97 anni .

Ho di lui un ricordo che spesso mi si riaffaccia alla mente. Quand’ero più giovane avevo spesso bisogno di momenti di “revisione” del mio motore, cioè avevo bisogno di piccoli interventi chirurgici che necessitavano il ricovero ospedaliero. Quando ero all’ospedale di Erba , vedevo ogni sera arrivare in reparto don Ireneo: non molto alto, magro, capelli bianchi corti e sorriso cordiale sulle labbra. A ognuno rivolgeva una parola buona e si informava dei motivi del ricovero.

Ricordo che una sera , nel bel mezzo della solita conversazione, disse  a un certo punto: ” Vede signora, se chiedo agli uomini come stanno, cominciano subito a raccontarmi le loro pene, le loro sofferenze con molti particolari; se faccio la stessa domanda alle donne, queste parlano soprattutto della preoccupazione di aver dovuto lasciare soli i figli, il marito e gli altri familiari…..”

Con queste poche parole, padre Ireneo aveva fatto un elogio molto bello alle donne, che sovente sono  attente più  alle esigenze di coloro che amano  che alle proprie.

 

Superficialità: colpa grave.

Imprecisioni e superficialità sono forse peccati veniali e non meritano i rigori della legge, ma non si possono perdonare a chi vuole governare una città come Roma: questa è in sintesi la storia dell’ex- sindaco di Roma. Marino infatti è stato assolto dal suo giudice, ma pur riconoscendo la sua buona fede, possiamo perdonargli di aver fatto naufragare la sua giunta sotto i colpi della magistratura, per la sua faciloneria? Può permettersi di essere superficiale chi ha ricevuto il mandato di governare una città complicatissima e sa di essere sotto la lente di ingrandimento delle opposizioni? Io direi di no e tutto sommato è un bene che Marino si sia dimesso.

D’altra parte però mi chiedo se la magistratura non possa esperire tutti gli accertamenti possibili PRIMA di mandare sotto processo un cittadino : possibile che le imprecisioni e le superficialità non potessero essere certificate in tempi brevi? Si sarebbe risparmiato un processo e i magistrati avrebbero potuto impiegare meglio il loro tempo…. o no?

Perchè tanti procedimenti giudiziari a carico di politici vanno poi a finire in un nulla di fatto? Non sono forse un po’ superficiali anche i magistrati inquirenti?

 

 

Letture: Storia della bambina perduta.

“Storia della bambina perduta” è il quarto romanzo della saga “L’amica geniale” di Elena Ferrante.

L’ho letto con piacere perchè il modo di raccontare è sempre accattivante e la storia è piena di colpi di scena;  i personaggi poi sono tanto ben definiti da poterli “vedere” mentre si leggono le loro vicende.

La storia è quasi completamente ambientata in un rione povero di Napoli, in cui la violenza, i soprusi, la droga il malaffare convivono fianco a fianco con tanta gente per bene che cerca di sopravvivere al degrado con dignità e con la gente che invece per necessità o per paura lega le proprie sorti a quelle dei malviventi fingendo di non sapere di cosa si occupino.

Nei quattro volumi si ripercorre la storia d’Italia dagli anni 50 fino ai primi anni duemila : questi sono anche gli anni della mia vita e ripercorrerli insieme alle due protagoniste dei romanzi della Ferrante mi ha riportato alla mente atmosfere ed  eventi  vissuti direttamente o attraverso le cronache dell’epoca. Mi sono sentita rappresentata anch’io nelle pagine del romanzo quando Lenù parla della caduta degli ideali che avevano ispirato la sua giovinezza e quella di tanti suoi amici…… Io pur non avendo mai preso parte alle vicende burrascose del ’68 e degli anni successivi (ero troppo occupata a fare la mamma lavoratrice) però ero cresciuta con l’idea che ognuno dovesse impegnarsi per realizzare un mondo più giusto, più vivibile e con l’ottimismo di chi crede di poter contribuire a rendere migliore la società. Poi però mi sono accorta, soprattutto attraverso i miei figli ormai cresciuti  e i loro amici, che loro erano più disincantati, che il raggio dei loro interessi si era molto accorciato e pensavano più realisticamente o forse più egoisticamente.

Mi ha molto colpito come l’autrice ha  raccontato la sparizione di Tina, la bimba citata nel titolo: credo che si sia ispirata al fatto realmente accaduto della scomparsa  di Angela Celentano  e attraverso il racconto del dolore della madre di Tina ho vissuto da vicino le sofferenze della madre di Angela che abbiamo visto tante volte in televisione.

Scrivere quattro libri sugli stessi personaggi mantenendo sempre vivo  l’interesse del lettore non è impresa da poco , per questo la Ferrante merita tutti gli elogi e i riconoscimenti che le sono stati tributati

Le mondine.

Oggi su Rai3 ho seguito un’interessante trasmissione che parlava degli scioperi delle mondine nei primi anni del novecento.
Mi sono ricordata immediatamente di una vicina di casa di quando ero piccola: era andata in Piemonte a fare la mondina e al suo ritorno aveva le gambe completamente martoriate da piaghe e punture di insetti e raccontava episodi che testimoniavano la vita durissima di quei 40 giorni. Quelle donne stavano immerse nell’acqua sotto il sole, a combattere contro sanguisughe, bisce e zanzare e a sera dovevano accontentarsi di un pagliericcio per dormire: queste condizioni di lavoro le hanno indotte a combattere con estrema determinazione contro lo sfruttamento, ottenendo il riconoscimento di diritti, come le otto ore e la parità di salario con gli uomini, che altre categorie conseguirono solo molto più tardi.

Molto eloquente è la testimonianza che ho trovato in questo sito e che riporto qui di seguito:

Lei era una locale, una mondina del posto, nelle risaie ci è andata appena terminata la quinta elementare e ha continuato fino all’avvento dei diserbanti. Racconta «Avevo dieci anni, mi presero per portare le botticelle d’acqua alle ragazze che lavoravano, poi ho cominciato anch’io a mondare. Facevo un’ora in meno, perché davo una mano a pelare le patate e a pulire le verdure in cucina». I ricordi di Rosa sono ricordi di sanguisughe che si attaccavano alle gambe, di bisce d’acqua repellenti, di insetti che mordevano provocando un bruciore fortissimo. Le sue parole somigliano al copione di un film «Le forestiere, come le chiamavano tutti, scendevano dai treni che arrivavano soprattutto dall’Emilia, poi salivano sui carri per andare alle cascine. Lì firmavano il contratto e ricevevano un cappello per il sole e il chinino contro la malaria. A noi locali bastava un’ora di bicicletta ed eravamo sul posto di lavoro». Quanto guadagnava una mondina? Rosa scuote la testa e si lascia andare a un sospiro eloquente «Cinque lire e un chilo di riso per dieci ore (negli anni ’50, ndr). La fatica era tanta, ma c’era anche tanta allegria. Nei quaranta giorni si vedevano centinaia di donne piegate sulle piantine con i cappelli in testa. Lavoravano e cantavano in coro. Durante la sosta del pranzo le forestiere raccontavano pettegolezzi e fatti divertenti sui loro paesi. Venivano in risaia per guadagnare soldi e per starsene un po’ lontane da casa». Cosa si mangiava a pranzo e a cena ? «Riso, riso, riso. Pasta la domenica, ogni tanto la frutta raccolta sugli alberi. Il brodo fatto con le ossa del maiale, che ricordava il sapore della carne, era un lusso. La sera, chi non andava a dormire correva a ballare. C’era sempre una fisarmonica che suonava, e ai ragazzi del posto le mondine piacevano molto. Li vedevi passare tra le risaie in bicicletta e in lambretta, guardavano le forestiere, ci parlavano, davano appuntamento. Molte si sono sposate e sono rimaste qui».