Quanno nascette o Ninno…

Questo canto, scritto nel 1754 da S. Alfonso Maria de’ Liguori, è quello da cui fu poi tratto il popolarissimo canto “Tu scendi dalle stelle”, ma la versione antica in dialetto napoletano mi pare più suggestiva.

 

 

Quanno nascette Ninno a Bettlemme
Era nott’e pareva miezo juorno.
Maje le Stelle – lustre e belle Se vedetteno accossí:
E a cchiù lucente
Jett’a chiammà li Magge all’Uriente.

De pressa se scetajeno l’aucielle
Cantanno de na forma tutta nova:
Pe ‘nsí agrille – co li strille,
E zombanno a ccà e a llà;
È nato, è nato,
Decevano, lo Dio, che nc’à criato.

Co tutto ch’era vierno, Ninno bello,
Nascetteno a migliara rose e sciure.
Pe ‘nsí o ffieno sicco e tuosto
Che fuje puosto – sott’a Te,
Se ‘nfigliulette,
E de frunnelle e sciure se vestette.

A no paese che se chiamma Ngadde,
Sciurettero le bigne e ascette l’uva.
Ninno mio sapuritiello,
Rappusciello – d’uva -sì Tu;
Ca tutt’amore
Faje doce a vocca, e po ‘mbriache o core.

No ‘nc’erano nnemmice pe la terra,
La pecora pasceva co lione;
Co’ o caprette – se vedette
O liupardo pazzeà;
L’urzo e o vitiello
E co’ lo lupo ‘npace o pecoriello.

Buon Natale!!!

Auguro Buon Natale e Buone Feste a tutti quelli che passando di qui avranno modo di leggere questo bel racconto di Dino Buzzati. E’ un po’ lungo, ma vale la pena di arrivare fino in fondo. Il Natale è la festa di chi sa donare e donarsi agli altri, è la festa che invita a condividere ……

img-20171222-wa0002Tetro e ogivale è l’antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d’inverno. E l’adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c’è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale – ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, il carcerato la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l’arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L’arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l’arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.

Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l’inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. “Chi bussa alle porte del Duomo” si chiese don Valentino “la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?” Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata di vento entrò un poverello in cenci.

“Che quantità di Dio! ” esclamò sorridendo costui guardandosi intorno- “Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori. Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale. ”

“E’ di sua eccellenza l’arcivescovo” rispose il prete. “Serve a lui, fra un paio d’ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore.”

“Neanche un pochino, reverendo? Ce n’è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!”

“Ti ho detto di no… Puoi andare… Il Duomo è chiuso al pubblico” e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.

Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio disparve. Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c’era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all’improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d’ore l’arcivescovo sarebbe disceso. Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c’era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti. Don Valentino uscì nella notte, se n’andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l’indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava sedendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l’un l’altro e intorno ad essi c’era un poco di Dio.

“Buon Natale, reverendo” disse il capofamiglia. “Vuol favorire?”

“Ho fretta, amici” rispose lui. “Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto, voi siete in compagnia, non ne avete un assoluto bisogno.”

“Caro il mio don Valentino” fece il capofamiglia. “Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino.”

E nell’attimo stesso che l’uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.

Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte. Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.

“Ma che cosa fa, reverendo?” gli domandò un contadino. “Vuol prendersi un malanno con questo freddo?”

“Guarda laggiù figliolo. Non vedi?”

Il contadino guardò senza stupore. “È nostro” disse. “Ogni Natale viene a benedire i nostri campi.”

” Senti ” disse il prete. “Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l’arcivescovo possa almeno fare un Natale decente.”

“Ma neanche per idea, caro il mio reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi.”

“Si è peccato, sicuro. E chi non pecca? Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì.”

“Ne ho abbastanza di salvare la mia!” ridacchiò il contadino, e nell’attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.

Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell’atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente). Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all’orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. “Aspettami, o Signore ” supplicava “per colpa mia l’arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!”

Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?

Finché udì un coro disteso e patetico, voci d’angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.

“Fratello” gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli “abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego.”

Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.

“Buon Natale a te, don Valentino” esclamò l’arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. “Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?”

70 anni fa.

Settanta anni fa nasceva la nostra Costituzione! Io penso a quei saggi che l’hanno redatta: provenivano da aree culturali molto diverse tra loro e  la mattina in Parlamento si dividevano in maniera feroce, ma nel pomeriggio riuscivano a dimenticare i loro contrasti per scrivere i principi fondamentali della convivenza civile nel nostro paese.

Penso a quei saggi e non posso che inchinarmi alla loro saggezza, frutto anche delle sofferenze patite negli anni della dittatura. E, mentre penso a loro, mi viene alla mente quasi involontariamente il confronto con i nostri politici di oggi, che non sanno dimenticare gli interessi particolari in nome dell’interesse generale, che non sanno superare le proprie piccole ambizioni e non sanno guardare oltre il proprio orticello. Continuano a dividersi su tutto anche all’interno dello stesso partito.

La Costituzione ha quasi la mia stessa età e forse mostra qualche piccola ruga, ma ciò non toglie che sia un patrimonio prezioso di cui dobbiamo essere grati ai nostri padri e che potremo  consegnare con orgoglio ai nostri nipoti.

 

Fare repulisti…

papa_franc_58398883TV2000 ha appena trsmesso qualche passaggio del discorso del Papa alla Curia romana per gli auguri di Natale.  A un certo punto ho fatto un balzo sulla poltrona! Il Papa stava dicendo parole di grande coraggio, che mai si sono sentite dire; citando le parole di qualcuno di cui non ricordo il nome ha detto:

“Fare repulisti a Roma (intendendo nella Curia) è come voler ripulire la Sfinge con uno spazzolino da denti!!!”

E proseguiva dicendo come sia difficile rinnovare un’istituzione millenaria composta da un’umanità eterogenea per provenienza e cultura e denunciava la presenza di alcuni approfittatori e traditori  in mezzo a tanta santità.

Papa Francesco sta provando a fare la parte dello spazzolino, ben sapendo che non riuscirà a completare la sua opera, ma consapevole anche che la Chiesa non può più permettersi di nascondere il male che si annida a volte in certi ambienti. A cosa è servito coprire i pedofili per tanto tempo? A cosa è servito ignorare gli affari poco chiari in cui la banca vaticana si era impegolata?

Nel tempo in cui la gente non si accontenta più di mezze verità o di bugie pietose, l’unica possibilità di sopravvivenza per la Chiesa è diventare una casa di cristallo, trasparente … ricordando il monito :”Se il tuo occhio ti dà scandalo, cavalo”.

L’impresa di Papa Francesco è molto ardua, anche perchè c’è da scommetterci: da oggi avrà qualche nemico in più.

Come tradire il Natale.

Como è una città che per molti anni ha tollerato pazientemente l’indecoroso affare delle paratie sul lungolago, affare gestito dalla giunta di destra e costato una montagna di soldi, letteralmente buttati al vento….ma una città che tollera questo potrà mai tollerare che dei volontari portino un po’ di latte caldo ai senzatetto che dormono all’addiaccio?

Certamente no!!! La gente indaffarata a sciupare il proprio denaro in regali spesso inutili non deve essere disturbata dalla vista di un clochard! Tale vista potrebbe suscitare pericolosi sensi di colpa e indurre le persone  a gettare al povero sdraiato a terra qualche spicciolo ….  inibire la sua propensione a spendere…

In genere a Natale nelle città si moltiplicano le iniziative di solidarietà per dare alla festa il significato che dovrebbe avere: si fanno pranzi per i poveri, si allestiscono rifugi per le notti più fredde….a Como invece si proibisce alle associazioni di volontari di portare loro un po’ di sollievo!!!!  Ma si può immaginare  che la notte di Natale anche i membri della  giunta Comunale saranno nei primi banchi in Duomo ad assistere alla Messa, che è così bella!!!

 
Ipocriti!!!

Auguri in musica.

wp_20171219_16_11_12_proIl coro dell’Università della Terza Età di Erba oggi ci ha intrattenuto con il suo tradizionale concerto natalizio.

E’ stato un susseguirsi di canti di diverse epoche e di diversi paesi, alcuni più noti come “Adeste fideles” ,”Astro del ciel” , “Gingle Bells”e altri meno noti, ma sempre suggestivi. Mi ha commosso in particolare la “Barcarola” di Offenbach, perchè mi riportava alla mente le scene del film “La vita è bella”.

Oggi anche il maestro Alessandra Zapparoli, che dirige il coro, era senza voce per un attacco influenzale e ha chiesto aiuto al Maestro Fasoli, che  si è improvvisato  presentatore, rivelando doti fino ad ora nascoste e si è fatto apprezzare anche per il garbo e per la simpatia con cui ha commentato i pezzi in esecuzione, oltre che per la sua bravura come valentissimo  pianista.

Il repertorio ben pensato e l’esecuzione accurata dei vari pezzi in programma ha entusiasmato il pubblico che gremiva la sala. E’ stato un piacevolissimo modo di scambiarci gli auguri e di darci appuntamento all’anno nuovo.

UTE: Riflessioni sul Natale.

E’ stato un Don Ivano influenzato e con la voce rauca, ma con la stessa passione e sensibilità di sempre, a proporci una bella riflessione sul Natale riferendosi alle opere di  pittori, poeti e scrittori.

nativita-mosaico-washingtonC’è un mosaico rappresentante la natività nel Santuario di S. Giovanni Paolo II a Washington, che si ispira alle parole di Isaia “Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse….” e che ben introduce ai temi che il Natale richiama ogni anno: il tema della povertà, della pace e della famiglia.

Il tema della povertà è ben evidente nel dipinto di Leandro da Ponte “Adorazione dei pastori” dove al centro si vede un pastore inginocchiato accanto al Bambino che la Madonna mostra nella sua nudità…Attorno è tutto buio e la capanna è cadente, ma la luce che proviene dal Bimbo illumina i pastori, poveri come LUI. Anche lo scrittore Goffredo Parise ci aiuta a riassaporare l’atmosfera dei Natali poveri di una volta, quando “….Noi si era quelli che desideravano” , in contrapposizione con quelli che possiedono e non sanno dare valore alle cose.

Il tema della pace viene visualizzato bene dalla natività di Giotto nella Basilica di Assisi, dove Gesù Bambino si fa anello di congiunzione tra cielo e terra e viene sottolineato dalla poesia di Luigi Orsini tratta da “Armonie” , mentre la prosa di un anonimo, forse un cappellano militare, ci ha trasportati in un freddo Natale di Stalingrado nel 1942 tra i soldati che sanno quanto sia in pericolo la loro vita ogni momento.

caravaggio_-_il_riposo_durante_la_fuga_in_egittoInfine il tema della famiglia. Caravaggio col suo dipinto “Riposo durante la fuga in Egitto” ha ritratto un S. Giuseppe che tiene in mano uno spartito mentre un angelo suona il violino per cullare il sonno di Gesù e di Maria che, china su di lui, pare essersi appisolata per la stanchezza della fuga. E’ un quadro di grande dolcezza che ha ispirato la poetessa Luisa Vassallo per una sua delicata poesia. Molto suggestivo  anche il racconto di Ignazio Silone “Il ciocco” che racconta l’usanza abruzzese di mettere nel camino un ciocco che brucerà tutta la notte di Natale. In ogni casa poi si usava lasciare la porta aperta e qualche provvista sul tavolo: la Sacra Famiglia , qualora fosse passata di lì, avrebbe potuto trovare riparo e ristoro.

La riflessione si è conclusa con alcuni brani di soldati che, dal fronte, scrivono la loro nostalgia per la propria casa e per la famiglia.

Povertà, Pace e Famiglia saranno anche per noi i temi su cui riflettere nelle festività che stanno per arrivare.

UTE: musica: nuove espressioni dopo la Riforma Protestante.

Non avendo potuto partecipare alla lezione del 12 dicembre scorso, ho chiesto al prof. Pintaldi di inviare un breve resoconto sulla lezione tenuta dal M° Alessandra Zapparoli ed eccolo qui di seguito:
La lezione di musica del Maestro Alessandra Zapparoli si inserisce nel filone delle lezioni dell’A.A. 2017 – 2018 sulla Riforma e Controriforma. Riallacciandosi al tema della lezione sul gregoriano, dopo un breve cenno al Luteranesimo, entra in tema con le splendide musiche dei grandi musicisti come Bach, Haendel, Mozart, Verdi per finire sul roch sinfonico moderno, un excursus che dà l’ampiezza di pensiero della musica, filtrato dalle mani e dalle menti geniali di questi grandi autori.
bachBach, come fervente credente, si rivolge soprattutto alla musica sacra, composta per onorare Dio. La sua musica è legata, in particolar modo, al Luteranesimo che accentua il distacco dalla Chiesa latina anche attraverso la traduzione in lingua tedesca di testi sacri come la Bibbia. In questo contesto si inserisce la figura di J.S. Bach con i suoi cantati, i suoi corali composti per essere eseguiti dall’assemblea tutta e non da un coro di professionisti come nel gregoriano. Nei corali la struttura del contrappunto avviene per colonne musicali che prendono quasi la forma di armonie, cioè di accordi che creano strutture melodiche estremamente semplici, in cui risalta di più il testo legato all’esplicazione degli argomenti, contrariamente al testo latino in cui è più evidente una ritmica o una metrica.
Attraverso il DVD di supporto è stato possibile immergersi nell’ascolto di brani famosissimi tratti dai Concerti Branderburghesi ordinati a Bach dalla corte di Germania per allietare le serate e composti per piccola orchestra o dalla Passione secondo Matteo o la Toccata e fuga in re minore. Interessante il passaggio alla musica di Haendel attraverso brani famosi tratti dal Messia e in particolare l’Halleluiah eseguito da un coro di voci miste secondo l’usanza dell’epoca.
Il confronto dei Dies Irae, tratti dalla musica di Mozart e di Verdi, offrono lo spunto per parlare di questi musicisti e della tecnica del contrappunto, tecnica musicale basata su precisi schemi matematici.  Dopo un veloce richiamo alla musica di Gyorgy Ligeti, importante nella storia della musica per portare il germe della rottura del contrappunto bachiano usando sonorità sovrapposte, si conclude con il passaggio dal sublime momento della Lacrimosa ad un brano assolutamente moderno di rock sinfonico eseguito con strumenti elettronici moderni e con evidente richiamo alle melodie classiche. (inviato da Francesco Pintaldi)

 

Grazie infinite, Francesco!