Rolo: museo della tarsia.

Rolo,  piccolo centro abitato nella bassa reggiana, vanta un’origine antichissima e durante i secoli ha sviluppato in particolare un artigianato di altissima qualità: quello della TARSIA.

Vi erano infatti botteghe molto rinomate che hanno prodotto mobili di sorprendente bellezza, che documentano un’abilità molto vicina all’arte.

Ora, mi si dice che sono rimasti pochi maestri intarsiatori; essi però alimentano un mercato non trascurabile.

Giustamente Rolo ha da tempo dedicato un museo all’arte della tarsia e alla lavorazione del legno e ieri sera i ragazzi delle medie facevano da ciceroni ai loro genitori per illustrare le attrezzature antiche, i cicli produttivi, le tecniche  e i preziosissimi mobili che vi si possono ammirare.

E’ stata una graditissima sorpresa anche per me, che pure qui sono nata e ho vissuto la mia giovinezza, sentendo solo parlare dell’antica tradizione della tarsia. Davide, dopo un iniziale momento di incertezza, è stato un bravissimo cicerone e, alla fine, era molto soddisfatto.

Ecco due esemplari di tavoli esposti; peccato che le foto non rendano loro giustizia….wp_20180519_21_42_17_prowp_20180519_21_44_09_pro

Teatro: NON TI CONOSCO PIU’.

2-locandina-ute-180525

Questo sopra è il link per visionare la locandina dello spettacolo che il 25 maggio prossimo verrà rappresentato  in Sala Isacchi alle ore 15.

Potremo assistere alla commedia:“Non ti conosco più”.

La bravura della compagnia teatrale UTE “I NOX” assicura qualche ora di puro divertimento. Vi aspettiamo numerosi: l’ingresso e aperto anche ai non iscritti!

Arte: Dentro i capolavori: le ninfee di Monet.

Oggi pomeriggio  la prof. Beretta ci ha accompagnato nel mondo “profumato” di Monet. Perchè profumato? Perchè Monet oltre che creare quadri stupendi è stato anche un artista-giardiniere: seminava personalmente i suoi fiori,  con la stessa genialità con cui creava le sue tele.

monet-impressione
Impressione: levar del sole – prima opera innovativa di Monet, molto dileggiata dalla critica.

Aprendo la lezione, la nostra docente ha precisato che l’arte “impressionista ” voleva rappresentare sulla tela la prima immagine impressa sulla retina dell’occhio al primo sguardo, per questo le immagini appaiono prive di contorni delimitati e quindi sfumate.

Monet, come molti impressionisti, è uno studioso degli effetti della luce e per questo viaggia molto, dal Nord al Sud del continente europeo e conquista una certa fama coi suoi quadri en-plei-air.

Nel 1883 si stabilisce a Giverny (50 km. a nord di Parigi) con la seconda moglie e i figli di entrambi. La casa è molto grande e ha un vasto terreno attorno adibito alla coltivazione di frutta. Monet fa abbattere gli alberi da frutto e comincia a piantare fiori per creare macchie di colore, così come fa nei suoi quadri. Il suo giardino diventa la  principale fonte di ispirazione per le sue tele

le-ninfee-monet
ninfee – soggetto predominante nell’ultimo periodo.

Nel 1893, acquista altro terreno e fa deviare le acque di un fiume vicino per creare un laghetto all’interno della sua proprietà; attorno al lago crea una paesaggio orientaleggiante con ponticello in stile  giapponese e fiori esotici. Per meglio cogliere gli effetti di luce sulle acque del lago e sulle ninfee, si fa costruire un “bateau-atélier” dove passa ore ed ore a dipingere. Vedendo i suoi quadri si ha l’impressione che siano stati dipinti di getto, invece Monet lavorava contemporaneamente su molte tele e ad ognuna dedicava solo pochi minuti ogni volta. In questo  periodo produce molte opere con un unico soggetto: le ninfee. Esse però sono sempre e solo un pretesto per studiare i riflessi del cielo nell’acqua.

Nel 1915 fa costruire una grande serra dove si ritira per dipingere enormi tele, lunghe anche 15 metri. E’ ormai quasi cieco, ma continua a lavorare esprimendo una grande genialità nella rappresentazione della luce e nella tecnica pittorica.

La lezione, affollatissima ha fatto vivere a tutti i presenti un’ora di full-immersion (come si dice oggi) nella bellezza.

 

La vita è sempre anche mente e coscienza.

la-vita-e-sempre-anche-mente-e-coscienza

Clicando sul link qui sopra è possibile leggere la versione integrale della lezione di Fisica Moderna tenuta oggi pomeriggio dal nostro  amatissimo docente, scienziato  e poeta, prof. Damiani.

Per i lettori più pigri riporto qui solo la conclusione della lezione, come sempre molto suggestiva.

 

Il mistero dentro di me
Solo io sento me stesso vivere
Solo io posso sentire dentro di me
che cosa si prova ad essere dentro ai miei occhi
quando li posso chiudere al mondo e a me stesso.
Proiettato all’esistenza da quell’io invisibile
ma che non potrei aver più fede che esiste,
senza poterlo né vedere né comprendere!
Vivere, miracolo nel miracolo, possibile che
l’invisibile dentro di me giochi così bene che
non so neppure quando sogno o se son vivo?
Oscurati dal sapere stesso di esserci solo dentro,
credono che esista solo la luce dell’avere.

Ancora un’altra strage.

Mentre qui da noi il duo Salvi-Maio continua a occupare le prime pagine di giornali e telegiornali con trattative interminabili, in Palestina si muore

Le ultime notizie dicono che ci siano stati oltre 50 morti e più di 2.000 feriti sul confine con la striscia di Gaza…. e Trump ne è il primo responsabile. Non poteva non sapere che riconoscendo Gerusalemme capitale di Israele avrebbe scatenato una rabbiosa protesta da parte dei Palestinesi, ma questo non lo ha fermato …. E cosa dire dell’esercito israeliano che risponde con le mitragliatrici ai lanci di pietre? Un massacro che non può che aggravare la situazione in Palestina.

 

Non ci sono più gli esami di una volta.

Quando ero piccola io , l’ obbligo scolastico arrivava fino alla quinta elementare. Chi intendeva proseguire gli studi aveva due possibilità: affrontare l’ esame di ammissione alla scuola media  o iscriversi alle scuole di avviamento professionale.

E’ per questo  che dopo Natale, quell’ anno, frequentai  nelle ore pomeridiane un corso di preparazione all’ esame di ammissione. L’ insegnante era una signorina già avanti negli anni, che aveva un handicap vistoso (le mancavano gli avambracci e le sue piccole mani, con sole quattro dita, si inserivano nell’ articolazione  del gomito). Era molto severa inizialmente e ricordo che ne avevo anche un po’ paura, poi invece si rivelò un’ insegnante dolce e capace.

Le lezioni si tenevano in un locale della sua grande casa, che aveva anche un vasto giardino, in cui scendevamo a fare merenda.. Eravamo forse 7 o 8 tra bambini e bambine e lo studio ci impegnava parecchio.

Appena finite le lezioni del mattino, correvo a casa per mangiare e poi subito di corsa (o in bicicletta) a quel doposcuola che doveva prepararci all’ esame di giugno, da affrontare in una scuola media dei paesi vicini. Ritornavo a casa verso sera con una gran voglia di sgranchirmi le gambe e ricordo che mi mettevo a correre  nei dintorni all’ impazzata per qualche minuto.: come mi sentivo leggera!

Alla fine dell’ anno sostenemmo con successo l’ esame di ammissione e fummo premiati durante una festa tenutasi nel teatro del paese: il direttore didattico e la maestra di classe consegnarono a me e ad altri due compagni l’ attestato del 1° premio e il libro “Il giornalino di Gian Burrasca” che lessi e rilessi poi tante volte negli anni seguenti, sempre con grande divertimento.


Il veglione.

ballo-anni-50Eravamo in tanti allora (primi anni 50) a vivere in dignitosa povertà. Mi ricordo le merende a base di mezzo formaggino col pane o a base di pane e burro e zucchero, o le cene in cui il piatto unico era l’ anguria, ma non si soffriva la fame. Probabilmente in casa d’ altri non era così e a scuola, alcuni bambini usufruivano dell’ assistenza del Patronato Scolastico che forniva loro una tazza di latte al momento della ricreazione; in altre occasioni  quei bambini potevano avere gratuitamente i quaderni e il materiale scolastico in genere e, in alcuni casi, anche capi di vestiario o scarpe.

Per finanziare queste attività, ogni anno in autunno si teneva il gran ballo del Patronato Scolastico: la festa più attesa dalle ragazze, per sfoggiare qualche abito elegante, e dai ragazzi per mettersi in mostra e pavoneggiarsi davanti alle loro coetanee, sempre rigorosamente accompagnate dalle mamme, che svolgevano bene il loro ruolo di CHAPERON. Partecipavano anche tutti gli insegnanti del paese, che si occupavano di far in modo che la serata avesse un successo di partecipazione tale da consentire una sufficiente raccolta di fondi.

Ricordo che il Veglione metteva in fermento tutto il paese. Io ero troppo piccola allora e non ho mai partecipato, ma ricordo che in casa se ne parlava . Il Veglione rimaneva l’ argomento preferito  di conversazione e di pettegolezzo anche nei giorni successivi all’evento per raccontare e commentare ciò che era successo,  incluse  le eventuali belle o brutte figure dei partecipanti

Per i bambini meno fortunati non doveva essere molto piacevole essere oggetto di questo tipo di beneficienza: il tutto sapeva molto di elemosina e forse per questo si passò poi ad altre forme di aiuto.

La cavolaia.

Oggi nel mio orto svolazzava leggera una cavolaia, una, si direbbe, comunissima cavolaia.. Dovrebbe essere un fatto banale , ma invece direi che  l’ evento merita di essere menzionato.

Da molti anni infatti capita raramente di vedere delle farfalle, uccise forse dall’ inquinamento dell’ ambiente e dagli antiparassitari.

Non era così quando, da piccola andavo per i campi insieme ai bambini della contrada. Le si vedeva volare sui campi di erba da foraggio, sui campi di grano chiazzati qua e là dal rosso dei papaveri e le loro ali variopinte davano la sensazione di vedere dei fiori volanti.Ce n’ erano di tante varietà:, ognuna caratterizzata dal particolare colore delle ali  Quando si posavano su quaklche corolla e restavano lì ferme, facendo solo palpitare leggermente le loro ali,    c’ era sempre qualcuno tra noi che provava a catturarle con le mani nude; se riusciva nel suo intento , poi restava sulle sue dita una specie di polvere , che aveva ai nostri occhi un  sapore di magia .

p.s.  Mi sta venendo in mente “La vispa Teresa”…. :-)))