Un grande rammarico per ciò che poteva essere
e non è stato , ora che non c’ è più tempo
per darsi un’ altra possibilità…
Donna è Bello
Un grande rammarico per ciò che poteva essere
e non è stato , ora che non c’ è più tempo
per darsi un’ altra possibilità…
Gli attacchi a chiese, moschee, centri di assistenza medica in Africa, sono tanto frequenti che nessun giornale, tranne Avvenire, ne parla più…. Sono cose che non ci riguardano? Siamo sicuri che non si riflettano anche su di noi gli effetti di queste atrocità? Ricordate il detto “Se una farfalla batte le ali a Pechino, a New York si scatena una tempesta.“?
Rendere sempre più invivibile l’Africa vuol dire indurre gli Aricani a scappare e dove se non qui da noi, che siamo i più vicini?
Chi ha interesse a seminare il terrore?
La “macchina del tempo” mi ha proiettato alla metà degli anni 50 o giù di lì….
Non c’ erano frigoriferi e la gente comprava giorno per giorno quel poco che non poteva produrre da sé e, per venire incontro alle necessità di quelli che abitavano lontano dalla piazza del paese, dove erano concentrati i negozi, certi commercianti facevano servizio a domicilio.
Così al mattino arrivava il fornaio a portare il pane ancora caldo, mentre la sera arrivava la lattaia coi suoi bidoni appesi alla bici e con i misurini da un litro, mezzo litro e un decilitro. Portava con sé anche le notizie del paese, che elargiva con generosità, mentre versava il prezioso alimento. Le massaie si affacciavano con la loro pentola sull’ uscio di casa, ascoltavano curiose le chiacchiere della lattaia e subito dopo mettevano il latte a bollire per impedirgli di inacidire durante la notte .
Credo che invece passasse una volta sola a settimana il pizzicagnolo, detto Sardèla per il fatto che tra salumi, formaggi, tonno in scatola.. vendeva anche le sardine sotto sale, il cui odore sovrastava quello di tutti gli altri alimenti. Costui era un tipo asciutto, coi baffetti brizzolati e i capelli ricci lucenti di brillantina. A volte era accompagnato dalla moglie, una signora sorridente che mi colpiva per i suoi capelli biondi. Tutte le donne bionde allora mi sembravano molto belle… Anche il pescatore passava solo di venerdì …. non so da dove venisse e come potesse mantenere fresca la sua merce…
Molto più raramente passavano invece i “negozi viaggianti” dei venditori di stoffe. Quello che ricordo meglio era piuttosto basso di statura, ma di corporatura robusta; aveva il viso tondo e colorito e il mento quasi spaccato in due da una fossetta profondissima. Aveva una gran facilità di parola e sapeva ben magnificare la sua merce per convincere le donne ad acquistarla. Ricordo come stropicciava o lasciava palpare la stoffa che stava vendendo per evidenziarne la qualità. Io però rimanevo più affascinata dal suo furgone che nei miei ricordi mi appare molto simile, nella parte anteriore, a una “balilla” . Era raro allora vedere delle automobili e quel grosso mezzo rumoroso e fumante, che appariva e scompariva accompagnato da nuvole di polvere, colpiva la mia fantasia.
C’ era anche lo stagnaro che passava ogni tanto per riparare le pentole e c’era l’ arrotino che affilava i coltelli e le forbici; c’ era chi passava a raccogliere i rottami di ferro o gli stracci o addirittura gli ossi dei maiali appena macellati perchè allora la gente poteva permettersi poche cose, ma ne sapeva apprezzare il valore e aveva ben radicato il senso del riutilizzo di ogni minima risorsa.
Mia cugina Lia ha commentato:
Ciao, Diana. Anche per le strade del paese passavano quasi tutti questi ambulanti con le loro grida e le loro cantilene per richiamare le donne che dovevano fare la spesa o avevano bisogno di servizi, come potevano offrire l’arrotino ( a ghè al mulèta..) o lo straccivendolo (… dòne, a ghè al strasèr.. A ghiv di stras, di òs, dal fèr, di cavíi…=capelli), o l’ombrellaio…Quelle loro cantilene, che a volte mi svegliavano la mattina presto (la pescivendola, la venditrice di mele…) mi risuonano ancora in testa. Tempi duri ma indimenticabili.
“Le persone uccise a Portella della Ginestra si chiamavano: Margherita Clesceri, Giorgio Cusenza, Giovanni Megna, Francesco Vicari, Vito Allotta, Serafino Lascari, Filippo Di Salvo, Giuseppe Di Maggio, Castrense Intravaia, Giovanni Grifò, Vincenza La Fata. Tre di loro avevano meno di 13 anni.”
Le righe qui sopra sono state copia-incollate da questo articolo che potrete leggere su “IL POST” . Vi troverete la spiegazione del perchè la Festa del lavoro si celebra proprio il 1° maggio (per ricordare i lavoratori morti in piazza o per condanna negli USA, per aver chiesto il rispetto dei loro diritti) e vi troverete anche il ricordo di ciò che accadde a Portella della Ginestra 71 anni fa.
Che questa festa e il rispetto di tutti coloro che sono morti per il lavoro e sul lavoro possano ricordare sempre ai nostri governanti che l’attuazione del primo diritto citato nella nostra Costituziona deve essere sempre il loro primo imprescindibile obiettivo. Solo il lavoro onesto e retribuito adeguatamente garantisce ad ognuno di poter vivere con dignità, da donne e uomini liberi.