Grande risalto ha avuto su un autorevole giornale inglese l’intervista a un dirigente scolastico che ha portato nella sua scuola una sorprendente innovazione: non ha diviso le classi in tre sottogruppi come si fa tradizionalmente in tutto il UK (sottogruppi di livello diverso cui sono indirizzati programmi diversi), ma ritiene che sia più valido dal punto di vista pedagogico che i bambini interagiscano tra di loro, di modo che i più veloci siano di stimolo e di aiuto ai compagni più lenti……
Devo dire che al sentire questa notizia mi è venuto un po’ da ridere: qui in questo paese, fa scalpore ciò che da noi è sempre stato fatto per un senso di rispetto verso ogni bambino, per non etichettarlo subito al primo ingresso nella scuola, rendendo poi quasi impossibile il superamento di quella bollatura iniziale.
Sembra che qui valgano principi pedagogici ispirati principalmente alla discriminazione, che del resto caratterizza molti settori della società inglese.
Il dottor Filippi introduce la sua lezione parlandoci di Ludwig Feuerbach, filosofo tedesco, oggi celebre per la frase “L’uomo è ciò che mangia”. Nel 1850, questo filosofo recensisce favorevolmente uno scritto sull’alimentazione di Jakob Moleschott con un commento intitolato: “La scienza della natura e la rivoluzione”. In questo commento mette in moto la sua convinzione filosofica che non si può separare il corpo dall’anima (siamo un tutt’uno) e vede nell’alimentazione la base per nutrire non solo il corpo, ma anche l’anima.
«La fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico ma anche quello spirituale e morale dell’uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della conoscenza».
L’idea che lo guida è chiara. Se si vogliono migliorare le condizioni spirituali di un popolo, bisogna anzitutto migliorarne le condizioni materiali.
Il docente, poi ci parla di flora batterica (microbiota) e del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, cioè i geni che quest’ultimo è in grado di esprimere (microbioma).
Microbioma: noi abbiamo un patrimonio genetico. I geni servono a produrre delle sostanze che interagiscono con il nostro organismo. L’alimentazione può modificare il microbioma umano.
Il microbiota umano è l’insieme dei microrganismi che vivono in simbiosi con il corpo umano, c’è dalla nascita e per la maggior parte vive nell’intestino (38 miliardi di microorganismi).
il microbiota umano può trovarsi in due stati: eubiosi e disbiosi.
Lo stato di eubiosi è uno stato di equilibrio, mentre lo stato di disbiosi è la condizione contraria e può causare malattie metaboliche, cardiovascolari, infiammatorie, neurologiche, psichiche e oncologiche.
La scienza che studia la composizione del microbiota è la metagenomica, la quale basa le proprie indagini sul microbioma.
Infine ci sono relazioni intercorrenti tra il microbiota intestinale e il cervello (cervello enterico).
Il primo a parlarne è stato Michael Gershon.
Gli scienziati hanno scoperto che l’apparato digerente influenza, tra le altre cose, anche il nostro benessere mentale per via di alcune reti nervose intestinali strettamente collegate con il nostro cervello.
Il docente conclude la sua lezione sottolineando la necessità di seguire una dieta corretta e di praticare una certa attività fisica per vivere meglio e più a lungo. Un’alimentazione corretta deve privilegiare: frutta, vegetali, cereali integrali, pesce, oli vegetali, legumi, latticini. Va limitato l’uso di carni rosse e processate, di bevande zuccherate, di alcol.
Già nel 460 A.C. Ippocrate diceva:” fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.
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La nostra brava docente di Arte, professoressa Manuela Beretta, ci ha parlato oggi de: Il Codice Atlantico di Leonardo.
Infatti, Leonardo non ha solo dipinto, ma ha anche prodotto dei fogli che ha disegnato e scritto e che non sono pittura ma che sono grandi opere d’arte.
La collezione più grande di disegni che Leonardo ha fatto è Il Codice Atlantico. Questi disegni non sono subito nati come codici, ma come fogli in cui Leonardo prendeva appunti di tutto ciò che vedeva. Tutto il mondo visibile era, per Leonardo, ragione di studio e, per questo studio, passava attraverso il disegno.
La pittura, per Leonardo, aveva sempre uno scopo scientifico.
Il Codice Atlantico è formato da più di 1700 disegni e si chiama “codice” perché è stato rilegato, “atlantico” perché i fogli sono molto grandi (67 cm. x 45 cm.), dimensioni di un Atlante geografico.
La storia di questi “fogli” è lunga perché Leonardo li produceva quotidianamente e li conservava.
Infatti, questi “fogli” abbracciano la vita intellettuale di Leonardo per più di 40 anni dal 1478 al 1519, anno della sua morte. Essi spaziano tra i temi più disparati: da schizzi e disegni in preparazione di opere pittoriche, a ricerche di matematica, astronomia, filosofia, gastronomia, fino a disegni per progetti di macchine da guerra e ponti militari, ma anche avveniristici progetti di pompe idrauliche, macchine per levigare gli specchi e salvagenti (con l’invenzione dello sci d’acqua).
Infine, ci sono anche degli studi sul volo e sul volo umano.
Dalla morte di Leonardo, la storia di questi fogli è ampia e travagliata.
Il 23 aprile del 1519, Leonardo, con un testamento, aveva donato questi disegni al suo discepolo prediletto, allora quindicenne, Francesco Melzi, nobile rampollo della famiglia Melzi, che lo seguiva dappertutto.
Dopo la morte di Leonardo, avvenuta il 2 maggio 1519 a Amboise in Francia, Francesco prese i fogli e li portò nella sua villa Melzi a Vaprio d’Adda.
Dopo la morte di Francesco Melzi, i suoi eredi si disinteressarono a questi disegni.
Così, alla fine del ‘500, lo scultore Pompeo Leoni riuscì a recuperarne una parte. Nel 1622, il Codice venne ceduto da un erede di Leoni al marchese Galeazzo Arconati, che, a sua volta, nel 1637, lo donò alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, garantendone la conservazione e la trasmissione alle generazioni future.
Nel 1796, entrarono a Milano le truppe napoleoniche, che requisirono il Codice e lo trasferirono a Parigi, dove restò al Louvre per 17 anni, fino a quando il Congresso di Vienna sancì la restituzione delle opere trafugate da Napoleone ai legittimi proprietari.
Il Codice ritornò alla Biblioteca Ambrosiana di Milano dove è conservato ancora oggi.
Il Codice ha subito due momenti di restauro. Il primo nel 1968, quando venne rilegato in 12 massici volumi che raccoglievano i disegni in modo disordinato.
Questa operazione fu criticata dai critici dell’arte perché comportava diversi problemi di consultazione e di studio.
Il secondo momento di restauro fu nel 2008, quando si decise un’operazione importante di “sfascicolatura” dei 12 volumi.
Oggi il Codice è sfascicolato e, dal 2009 fino al 2015, anno dell’EXPO, i “fogli” sono stati esposti in varie mostre tematiche.
Grazie alla professoressa Beretta per questa interessantissima lezione!
Un autobus attraversa il ponte
si muove lento come una farfalla gialla,
e, ora qui ora lì, un passante
assomiglia ad un piccolo moscerino inquieto.
Barconi carichi di fieno giallo
sono ormeggiati lungo il molo ombroso, e come
una sciarpa di seta gialla,
la fitta nebbia pende sopra la banchina.
Le foglie gialle iniziano ad avvizzire E dagli olmi del tempio si distaccano; Ai miei piedi il Tamigi è verde chiaro Come verga di giada increspata.
Questa poesia di Oscar Wilde risente dei suoi quasi 140 anni di vita: certo oggi sui ponti non passa più solo un autobus, ma una serie infinita e i pedoni che camminano per strada non sono rari: i marciapiedi sembrano spesso formicai in subbuglio. Sul Tamigi poi non passano più barconi carichi di fieno, ma carichi di turisti semmai. E la nebbia? La proverbiale nebbia di Londra? Sparita anche quella!!! Se Wilde rivedesse ora la sua città, non la riconoscerebbe……
Eccomi di nuovo a Londra. Ieri gli aeroporti, sia in Italia che qui in England, erano pochissimo affollati e le operazioni di controllo bagagli e documenti non hanno richiesto le solite attese snervanti: tutto si è svolto sempre in pochi minuti. Anche in aereo non mi era mai capitato di viaggiare avendo a disposizione tre sedili solo per me. Dopo l’atterraggio e il velocissimo controllo del passaporto, mi sono affrettata a raggiungere la stazione degli autobus, ma al mio arrivo era ancora vuoto e l’autista si è prodigato poi per una buona mezz’ora a gridare ad alta voce per richiamare eventuali altri passeggeri: dev’essere colpa della Brexit! La sterlina ha perso molto del suo valore e questo può aver limitato la propensione ai viaggi così tipica degli Inglesi.
Oggi il Dott. Rigamonti ci ha parlato della comunicazione verbale e delle tappe dello sviluppo del linguaggio nel bambino.
La COMUNICAZIONE VERBALE è la capacità specificatamente umana di comunicare verbalmente e implica due tipi di COMPETENZE:
• LINGUISTICHE: capire e produrre frasi significative e formate secondo le regole grammaticali;
• COMUNICATIVE: abilità di usare le frasi in modo appropriato al contesto.
Il docente ha ribadito che è l’adulto il vocabolario del bambino e che è importante parlargli in maniera corretta, perché il bambino impara imitando.
Ha poi sottolineato che è importante che le cose che si apprendono abbiano una immagine nel cervello.
L’apprendimento del linguaggio non è solo la parola, ma anche la rappresentazione mentale.
Nelle prime settimane, il bambino emette dei suoni vegetativi;
a 2 mesi, il bambino comincia a emettere delle vocalizzazioni;
verso i 7 mesi, il bambino comincia con la “lallazione” canonica (la lallazione è l’emissione di suoni ripetitivi come da-da, ma-ma); A 10-12 mesi, si sviluppa la “lallazione variata”, cioè i bambini, con semplici lallazioni, compongono delle vere e proprie frasi con intonazione e ritmo corretti.
Ci sono dei bambini che a 12 mesi parlano già, altri no. Spesso non è un problema del bambino, ma dell’adulto perché il suo insegnamento non è stato corretto.
Grazie al cielo, però, tutto poi si mette a posto, perché quando i bambini vanno al nido o all’asilo, stando vicini ad altri bambini, hanno degli stimoli diversi.
Infine, per concludere questa prima parte sulle competenze linguistiche, il docente ci ha descritto lo SVILUPPO FONOLOGICO del bambino da 1 a 3 anni:
• a 10 -12 mesi il bambino riproduce circa 50 parole;
• a 17 – 24 mesi c’è un’esplosione di vocabolario e il bambino riproduce fino a 300-600 parole;
• a 3 anni la maggior parte dei bambini italiani padroneggia tutti i fonemi della nostra lingua.
Altra cosa è la COMPRENSIONE:
• a 7 mesi i bambini comprendono alcune parole familiari;
• a 8 mesi comprendono una cinquantina di parole;
• a 18 mesi circa 200 parole.
Tuttavia, la comprensione è molto soggettiva.
Il docente termina la lezione parlando del “SORRISO” SOCIALE”.
Alla nascita il bambino “imita” l’adulto anche nei modi. Questo discorso imitativo dura tutta la vita. Quando il bambino comincia a sorridere, vuol dire che il bambino comincia a instaurare una relazione con le persone conosciute.
La lezione del dott. Rigamonti è stata, come tutte le sue lezioni, molto stimolante e utile per i nonni, che hanno rapporti stretti con i bambini, ma anche per gli altri che, pur non essendo nonni, hanno imparato qualcosa di veramente istruttivo e interessante
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La lezione di oggi della professoressa Zapparoli ( sempre con la collaborazione del professore Francesco Pintaldi, che prepara dei video bellissimi) è legata intimamente con la lezione precedente sulla storia del balletto classico. Oggi approfondisce anche alcuni argomenti tecnici, già accennati la volta scorsa, presentandoci una “étoile” della danza molto importante: Carla Fracci.
Carla Fracci inizia presto la sua storia di danzatrice. E’ una bimbetta proveniente da una famiglia molto semplice, che vive a Milano in una casa di ringhiera e che si forma in questa città per andare verso un cammino di grande fama internazionale.
Nasce a Milano il 20 agosto 1936 e studia alla Scala. Nel 1954 si diploma e subito viene chiamata presso i più grandi teatri stranieri (ll London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet , il Royal Swedish Ballet e l’American Ballet Theatre.) che la volevano accanto ad altri grandi ballerini di fama mondiale come Nureyev.
Il primo lancio di Carla Fracci fu al Festival di Nervi (cittadina della Liguria)e da lì fu chiamata a debuttare a New York con Giselle, la cui interpretazione più famosa è quella con Erik Bruhn. Giselle è un balletto classico-romantico, scritto dal romanziere francese Théophile Gautier e musicato dal celebre compositore di musiche per balletti Adolphe-Charles Adam, Carla Fracci ha danzato Giselle anche con Nureyev e Paolo Bertoluzzi, un grande ballerino italiano.
Durante la visione del video che riproduce alcuni pezzi di Giselle, la nostra docente ci fa notare la freschezza, la leggerezza, la bravura tecnica dell’interpretazione di Carla Fracci come pure l’espressione del viso che esprime molto bene le emozioni. Infatti, Carla Fracci, oltre ad essere una brava ballerina, è anche una brava attrice.
Sempre durante l’esecuzione di questi brani, la docente ci dice una curiosità riguardo ai piedi dei ballerini: le ballerine ballano in punta, mentre i ballerini usano la mezza punta. Anche lo sviluppo della muscolatura dei ballerini maschi è diversa perché devono essere in grado di alzare la ballerina. La ballerina, invece, deve avere una caviglia fortissima, per reggere il peso del corpo, e un collo del piede che deve abituarsi a curvarsi in un modo un po’ innaturale.
La lezione continua con altri filmati di personaggi del passato:
Isidora Duncan, innovativa per la danza;Anna Pavlova, grande coreografa e ballerina.Abbiamo visto anche due interpretazioni di “Giulietta e Romeo”, una con Liliana Cosi e Nureyev e l’altra con Carla Fracci e Nureyev. Senza togliere nulla a Liliana Cosi, l’interpretazione di Carla Fracci ci è sembrata più sentita e partecipata. La lezione si è conclusa con una danza di Luciana Savignano e una danza allegra tratta dal Don Chisciotte.
Grazie alla professoressa Zapparoli per l’interessante lezione e al professore Francesco Pintaldi per il bellissimo video.
Un albero secco
fuori dalla mia finestra
solitario
leva nel cielo freddo
i suoi rami bruni:
Il vento sabbioso la neve e il gelo
non possono ferirlo.
Ogni giorno quell’albero
mi dà pensieri di gioia,
da quei rami secchi
indovino il verde a venire.
(W. Ya-p’ing)
Infantilismo …..l’ho sempre pensato e detto: le promesse elettorali di Di Maio e Salvini erano irrealistiche e avevano il solo scopo di buttare fumo negli occhi della gente, ma il voler pervicacemente insistere che ciò che era stato promesso doveva essere fatto anche contro l’evidenza dei fatti era atteggiamento molto infantile.
E ora? Dopo aver dato dell’ubriacone a Junker, dopo aver millantato un’irremovibilità assoluta sulle proprie posizioni…..ecco che finalmente abbassano la testa e la coda e, per amore di poltrona, si assoggettano alle leggi dell’economia e della convivenza.
Resterà ben poco di quelle promesse fatte sette mesi fa e che ormai sembrano appartenere alla preistoria ….resta però il danno di miliardi causato dall’innalzamento dello spread. Dovrebbero pagarlo Lega e M5s decurtando gli assegni dovuti ai loro eletti.
Se tutto rientrerà nella normalità, un grosso grazie va al Presidente Mattarella, che, senza clamori, ha messo subito in chiaro per iscritto le condizioni per ottenere la sua convalida alla manovra e ha evidentemente tenuto il punto. Io sono convinta di questo e anche se c’è chi giudica il nostro Presidente della Repubblica troppo “molle” perchè non strepita, io penso invece che se non andremo a rotoli lo dovremo a lui.
Oggi è S. Lucia e qui, in questa parte di Emilia dove mi trovo, molti bambini stamattina avranno trovato i doni sotto l’albero. Non ho trovato spiegazioni per il fatto che sia proprio questa santa a portare i doni e non è vero che la notte di S. Lucia sia la notte più lunga che ci sia (forse lo è per i bambini che aspettano i regali), infatti il solstizio d’inverno si avrà solo fra qualche giorno. Forse la spiegazione di tutto è in quel nome “Lucia”, derivante chiaramente da “lux” (luce) che la fa invocare nel periodo più buio dell’anno per impetrare il ritorno della luce.
Nei miei ricordi di bambina mi rivedo svegliarmi quando era ancora buio a cercare in fondo al letto il piccolo tesoro lasciato lì durante quella notte magica: qualche caramella, qualche cioccolatino, l’immancabile mandarino, un libro o un giocattolo, un pupazzetto di zucchero …. Fuori a volte nevicava, ma non mi sognavo certo di non andare a scuola, naturalmente a piedi come sempre: avrei potuto raccontare anch’io alla maestra quanto ero stata fortunata!
La magia però veniva presto smascherata e con la magia finivano anche i regali …..
Ritornando alla storia di Lucia, si sa che era una fanciulla di buona famiglia di Siracusa e che fu denunciata come cristiana da un suo pretendente respinto durante le persecuzioni di Diocleziano. Fu condannata al rogo, ma il fuoco non la uccise e fu quindi decapitata.
Ora è venerata, oltre che nella sua città natale, di cui è patrona, anche in molti paesi del Nord-Europa, dove la luce in questa stagione è un bene raro…