Ricordo bene: fino a non molti anni fa il vescovo che arrivava in visita a una parrocchia, portava con sé un’ aria di solennità indotta dagli abiti, dalla papalina, dal gesto solenne di porgere la mano ai fedeli genuflessi per il bacio dell’anello e il suo arrivo era sempre annunciato in anticipo dal suo entourage perché tutti si predisponessero adeguatamente alla sua accoglienza.
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La sera del 30 aprile scorso, in una bellissima chiesa moderna di Sartirana di Merate, l’arrivo del nostro Arcivescovo, Monsignor Delpini, si è svolto in un modo totalmente diverso: la sua figura esile e minuta è comparsa all’improvviso sulla scalinata e poteva essere benissimo confuso con uno dei tanti sacerdoti presenti: clergyman scuro, sorriso aperto e un semplice cenno della mano a tutti i presenti come saluto.
Anche il suo intervento nella veglia di preghiera per il lavoro, organizzata da don Walter Magnoni, è stato caratterizzato dalla stessa semplicità e schiettezza, dalla profondità che non ha bisogno di vestirsi di parole complicate o di toni altisonanti, ma che sa capire i problemi della gente e li tratta con delicatezza ed empatia, con l’umiltà di ammettere di non avere soluzioni a portata di mano e senza dimenticare il suo dovere di pastore di esortare tutti all’impegno responsabile, alla fiducia, alla speranza e alla preghiera.
Questo arcivescovo ha uno stile “francescano” (inteso come derivante da Francesco di Assisi, ma anche come vicino allo stile di Papa Francesco) che mi piace molto.