Europa ( parte 3^)

bandiera-europeaContinua la serie dei post dedicati all’Europa; oggi ripubblico qui la sintesi di una lezione tenuta all’UTE dal prof. Benedetti, in occasione del 60° anniversario della firma dei trattati di Roma.
Erano inizialmente sei paesi, che intendevano prevenire lo scoppio di altre guerre sanguinose costate milioni di morti , eliminando i motivi economici di contrasto, che sono sempre alla base di ogni conflitto.
Le basi dell’ Europa unita furono gettate da cinque uomini, cinque grandi statisti, che sapevano guardare al futuro: Adenauer, Schumann, De Gasperi, Monnet, Churchill. Appartenevano a paesi che erano sempre stati su fronti opposti nelle infinite guerre di cui è disseminata la storia europea, ma seppero guardarsi negli occhi e stringersi le mani per costruire nuove possibilità di pace e di collaborazione.
Man mano che la prima  comunità si allargava, aumentavano anche i campi di collaborazione e cambiavano le sigle : prima ci fu la CECA (1951-per carbone e acciaio), poi CEE ed EURATOM (1957 – eliminazione dazi doganali , agricoltura, commercio, energia atomica),e nel 1993 con il trattato di Maastricht nacque l’ UNIONE EUROPEA – UE .
Nel frattempo si unirono ai sei paesi fondatori, anche Grecia, Spagna , Portogallo, Paesi Scandinavi, Danimarca e infine i paesi dell’ex blocco sovietico. Ora l’ UE è formata da 28 paesi, in molti dei quali circola una moneta comune : l’ euro. Nel 2009 si arrivò alla formulazione della CARTA FONDAMENTALE DEI DIRITTI.
L’ UE ha avuto importanti conseguenze positive su tutti i cittadini europei, che ora possono circolare liberamente da un paese all’ altro, ma risente ancora di aspetti negativi derivanti soprattutto dalla reticenza dei vari stati a cedere parte della propria sovranità a favore di istituzioni comuni più forti, ma è questa la meta cui si deve tendere se non si vuole arrivare alla disintegrazione della UE , disintegrazione che comporterebbe la scomparsa di tutti i paesi europei dalla scena politica mondiale…

UTE: La lunga vita delle parole: virtus e confine – Ora zio Sala e Piero Collina: due poeti dialettali

Oggi la prof. Meggetto ci ha parlato della parola VIRTU’: è una parola oggi poco usata a causa del relativismo imperante e della conseguente caduta di valori assoluti. Nei secoli scorsi (‘700/800), al contrario molte opere letterarie erano proprio incentrate sulla difesa della virtù.  Oggi si parla solo di virtù delle erbe o di realtà virtuale.

Etimologia della parola VIRTUS: essa deriva da VIR (maschio); e pertanto stava a significare fortitudo, disprezzo del dolore e della morte; virtuoso era l’uomo coraggioso, eroico, virile. Nel gergo militare virtus significava valore in battaglia.

Per Machiavelli la virtù del politico è la capacità di saper prevedere le conseguenze delle proprie mosse neutralizzando anche i capricci della fortuna; è la qualità della volpe.

La virtù dei filosofi è equilibrio dell’anima, è identificabile con la ragione; il suo contrario è il vizio.

Per i Latini, le virtù erano: liberalitas (generosità nel fare del bene agli altri), giustizia, fortitudo, prudentia, temperantia ( queste ultime 4, con S. Ambrogio, sono poi diventate le virtù cardinali dei cristiani).

CONFINE: oggi a questa  parola viene attribuito il significato di barriera invalicabile.  Anticamente si usava il termine LIMES, che indicava la frontiera difesa militarmente; col termine LIMEN invece si indicava la soglia, la zona che separa uno spazio fisico o spirituale da un altro spazio che si trova dall’altra parte e al quale il limen consente di accedere. Il contrario di limes è CONTATTO, che implica contaminazione di cultura, scambio, confronto. Il rifiuto del confronto genera violenza.

CONFINE deriva da cum (con)+finis (la fine o il fine), pertanto il significato originario doveva essere quello di “finire insieme”. Un sinonimo di confine è la parola frontiera, che deriva da frons esta pertanto a indicare il luogo in cui ci si trova di fronte all’altro.

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Nella seconda ora di lezione i docenti Ghioni, Vasirani e Gottardi hanno concluso il loro piacevolissimo  ciclo di lezioni, leggendoci alcuni brani della traduzione in dialetto comasco dei Vangeli di Orazio Sala e alcuni brani dei “Promessi Sposi”, sempre traduzione dialettale, di Piero Collina: due autori accomunati dallo stesso amore per la lingua comasca. Per entrambi infatti la lingua di un popolo non è solo un modo di esprimersi, ma il forziere che contiene i suoi tesori culturali. Entrambi hanno saputo tradurre nelle loro opere una grande sensibilità d’animo, esprimendosi con la spontaneità, l’immediatezza e la genuinità propria della gente semplice (semplicità non è sinonimo di rozzezza, intendiamoci.

Come detto, con questa lezione si conclude il ciclo di lezioni sulla letteratura dialettale ed è con vero piacere che abbiamo salutato con gratitudine e con un cordialissimo arrivederci all’anno prossimo i nostri tre valentissimi docenti.