Ieri, facendo un po’ di zapping, mi sono imbattuta s in un bel documetario, trasmesso da Rai5, su uno dei disastri più macroscopici provocati dall’insipienza umana: la scomparsa del Lago D’Aral. Quando andavo a scuola io, sui libri di geografia si studiava che tra i maggiori laghi al mondo figurava il Lago D’Aral, detto anche Mare D’Aral per la sua enorme ampiezza. Ora forse le carte geografiche non lo riportano nemmeno.
Il regime sovietico, avendo programmato un incremento della produzione agricola, pensò di sfruttare le acque dei fiumi che alimentavano il lago, costruendo una serie di canali di irrigazione per coltivare cereali e cotone: il lago si sarebbe prosciugato è vero, ma si sarebbe potuto coltivare il riso nella zona paludosa che si sarebbe originata.
Risultato: i canali non impermeabilizzati si sono rivelati un inutile spreco di risorse idriche, il lago d’ Aral si è totalmente prosciugato e sul terreno sabbioso è rimasto uno spesso strato di sale, con queste conseguenze: terreno non coltivabile, scomparsa della fiorente attività di pesca, avanzata del deserto.
Ora però c’è un tentativo di recupero che sembra poter dare i primi risultati positivi e forse un giorno ritroveremo il Lago D’Aral sugli atlanti geografici.