Invecchiare in un mondo che ha fretta.

Penso sempre che vivere è come costruirsi  una stanza le  cui pareti  decoriamo man mano coi ritratti delle persone (conosciute  direttamente o anche attraverso i media) che sono entrate a far parte del nostro mondo e gli arredi sono costituiti dalle nostre esperienze. Per un buon tratto di vita queste pareti si arricchiscono ogni giorno, poi le persone che abbiamo amato o che sono state importanti per noi cominciano a   scomparire: le pareti si spogliano pian piano allora si cerca di riempire  gli spazi vuoti con ritratti nuovi, che però risultano estranei, non si intonano con il resto della stanza.

Così anche le nostre esperienze non sembrano più essere utili in un mondo che cambia freneticamente e allora si corre il rischio di lasciarsi tentare dalla disillusione, dalla voglia di isolarsi da un mondo che ci appare sempre più estraneo e ostile……

E’ questo forse quello che sta capitando a una signora non più giovane che ho incontrato ieri in un ufficio pubblico. Era angosciatissima: vive sola in una villetta frutto dei risparmi suoi e dei suoi familiari, ora scomparsi. Vendere questa casa sarebbe come tradire i sacrifici dei suoi cari, ma gestirla è per lei ora troppo oneroso: c’è sempre qualche piccolo guasto da riparare e ogni volta deve chiamare gente estranea che lei pensa si approfitti della sua incompetenza per chiederle compensi spropositati; se poi deve espletare qualche pratica si scontra con un mondo fatto di segreterie telefoniche senza anima, con procedure che richiedono la capacità di utilizzare un computer e internet… Cercava di scherzare un po’ sulle sue disavventure, ma si capiva che la angosciava il sentirsi in balia di situazioni di cui non aveva più il controllo.

Forse a un certo punto della vita bisogna riconoscere i propri limiti e adeguare il nostro modo di vivere alla nuova condizione: può essere cosa saggia cambiare casa ad esempio se non si riesce più a fare le scale 30 volte al giorno e se non si è in grado più di curare orto e giardino; non è invece saggio  rifiutare del tutto  le nuove tecnologie, sarebbe bene imparare ad utilizzare almeno le più semplici superando la propria avversione e la propria paura di non farcela, perchè il mondo non ci aspetterà ….

Auguri a Liliana Segre!

Oggi Liliana Segre compie 90 anni. Nell’augurarle che possa continuare ancora per lunghi anni a essere testimone di pace e tolleranza, non posso fare a meno di compiacermi del fatto che alla sua veneranda età abbia però ancora  entusiasmo,  forza e coraggio degni di una giovane.

A volte penso che la sua lucidità, la sua freschezza di sentimenti, la sua razionalità le siano conservate come a risarcimento dei tanti anni di infanzia e di adolescenza che le sono stati rubati a cominciare da quel giorno di settembre di 82 anni fa, quando le fu negato il diritto allo studio per continuare poi  negandole il diritto di esistere.

Non posso nascondere che quando la sento raccontare le sofferenze sue, e di quelli che condividevano la sua sventura, mi sento assalire da una grande commozione non solo per la disumanità di cui è stata vittima, ma anche e soprattutto per la pacatezza e per la serenità con cui ricorda quei giorni terribili, per l’assenza di odio e di rancore nelle sue parole, che , si sente, vengono dal cuore.

Auguro a Liliana Segre una lunghissima vita perchè il mondo ha ancora tanto bisogno di lei.

 

Auguri, Samuele!

auguri 13Auguri , Samuele!!!!!

Nella notte dell’8 settembre di 13 anni fa, ti abbiamo accolto con gioia e la stessa gioia si rinnova ad ogni nostro incontro!

Ti vogliamo bene e tu continua ad essere così come sei.

Dedicato a Sr Giovanna.

Sessant’anni fa, mia sorella Vanna è entrata nel convento delle Clarisse Cappuccine di Carpi. Era una bellissima ragazza di 17 anni.

Ora è in Thailandia e sta attraversando un momento di difficoltà: la ricordiamo nella preghiera e con un video che ho preparato per augurarle ancora tantissimi anni di vita serena tra le sue consorelle che la curano con grande affetto e devozione.

Purtroppo il video non può essere inserito in questo post, ma glielo invierò via mail. Qui riporto due foto della sua prima vestizione. Auguri, Vanna! Ti siamo tutti vicini!Prima vestizione

Poesia: Non uccidete il mare…

«Non uccidete il mare, /  la libellula, il vento. / Non soffocate il lamento / (il canto!) del lamantino. / Il galagone, il pino: / anche di questo è fatto l’uomo. / E chi per profitto vile / fulmina un pesce, un fiume, / non fatelo cavaliere / del lavoro. L’amore / finisce dove finisce l’erba / e l’acqua muore. Dove / sparendo la foresta / e l’aria verde, chi resta / sospira nel sempre più vasto / paese guasto. Come / potrebbe tornare a essere bella, / scomparso l’uomo, la terra»
(Giorgio Caproni)
Io spero che non si debba arrivare all’estinzione del genere umano per consentire a nostra Madre Terra di ritornare al suo splendore, all’armonia tra tutte le creature che la abitano.
Spero che sapremo cambiare rotta senza perdere ancora tempo: è nostro preciso dovere lasciare a chi verrà dopo di noi un mondo in cui sia ancora possibile godere dei colori dei fiori, del profumo dei boschi, del canto degli uccelli, della maestosità delle montagne,  dell’immensità di un mare pieno di vita e della perfezione stupenda di ogni altra creatura.
L’imperativo è “non perdiamo altro tempo”, come dice Papa Francesco “Non si può pretendere di vivere da sani in un mondo malato” e la pandemia ancora in corso è un campanello di allarme che non va ignorato.

Attention, s’il vous plait…

La mia amica Z. è appena rientrata dalla Costa Azzurra e racconta di come siano “disinvolti” i Francesi nei confronti del coronavirus.

Sui mezzi pubblici non c’è distanziamento e pochi indossano la mascherina; se si deve fare la coda davanti a qualche ufficio pubblico o davanti a una banca, è vero si entra uno alla volta, ma in attesa del proprio turno nessuno pensa a mantenere le distanze di sicurezza.

Basta questo a spiegare i quasi novemila casi di contagio giornalieri?

E’ una domanda da porre ai negazionisti che ieri si sono radunati a Roma….

In attesa di risposta,  esorterei i cugini d’oltralpe a una maggiore coerenza parafrasando il loro famoso inno nazionale: Attention, enfants de la patrie, le coronavirus est parmi vous….

 

 

 

 

 

 

Poesia: Quelli che …

 

La mia carissima amica Piera, mi ha fatto un altro dei suoi preziosi doni: una poesia che rivela tutta la sua sensibilità e attenzione per il mondo esterno, ma anche e soprattutto per quello interiore…..

QUELLI CHE….

Quelli che al mattino avanzato//si posano e ripartono//or l’uno or l’altra//sull’antenna della TV//e si allontanano// e tornano// e si avvicinano//e si allontanano // e si invitano a vicenda// verso qualche appoggio….                                                                       … sono due tortorelle.

FarfalleQuelle che tremolanti// si girano intorno// a vicenda// creando tra di loro// grandi cerchi,// quelle che giocano volando// e spostandosi velocemente// senza mai lasciarsi,// quelle che ricamano nel cielo// con gioia// dando energia a chi le osserva ….               ….sono due piccole farfalle bianche.

Quella che pare sia la prima volta// che fa suo un momento della natura// quella che guarda con meraviglia attimi fuggevoli// e sa trasformare tanta tenerezza// in grande comprensione…                 ….quella sono io

che condivido (con la Tamaro)// la consapevolezza che solo le piccole cose// sanno dare le vertigini dell’infinito.

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Grazie, Piera!!!

Condividere una poesia è stabilire una comunione di pensieri e di sensazioni che   fanno sentire vicine anche le persone  lontane.

 

Pensando alla scuola…

L’inizio imminente del nuovo anno scolastico, accompagnato da incertezze e  timori, mi fa venire in mente  un altrettanto difficile inizio di anno scolastico di oltre quarant’anni fa. Lo riporto qui per mandare un messaggio agli insegnanti che si trovano ad affrontare un’esperienza nuova: spesso davanti alle difficoltà scopriamo in noi stessi risorse che non sapevamo di possedere, perciò “Coraggio!!!”

Non c’era ancora nessuna legge che regolamentasse l’inserimento di bambini con handicap nelle classi. Un istituto di riabilitazione e recupero di bambini con handicap aveva iscritto tra i 57 bambini residenti che dovevano frequentare la prima classe, alcuni suoi pazienti con gravi difficoltà motorie e/o di apprendimento. Eravamo in due a dover prendere in carico le due sezioni di classe prima previste dal provveditorato e l’ impresa si presentava ai limiti delle umane possibilità. Riuscimmo a convincere il collegio docenti ad assegnare l’ unica insegnante di sostegno, presente nel plesso, alle nostre sezioni  e facemmo insieme una scelta per quei tempi poco praticata. Considerammo gli iscritti come un unico gruppo da dividere in tre sottogruppi che si modificavano secondo le diverse attività e sui quali ruotavamo a turno noi tre insegnanti.

Non avevamo locali adatti, non avevamo una palestra, nè un laboratorio, ma con l’ aiuto dei bambini gli spazi venivano adeguati alle varie esigenze. Addirittura i bambini trasportavano una sedia a rotelle su per le scale per raggiungere l’aula al primo piano, mentre io portavo in braccio l’alunno affetto da miodistrofia.

Dopo un primo periodo di sconcerto fra i genitori e i colleghi, in breve tempo i nostri bambini si mostrarono entusiasti  di questa scuola un po’ movimentata e anche i genitori furono ben felici dei risultati che ottenevano tutti, perchè dovendo adeguare la didattica e le attività anche alle esigenze dei meno fortunati, ne beneficiò tutto il gruppo e tutti raggiunsero gli obiettivi programmati.

Questo “modus operandi” si protrasse per ben tre anni, finché le autorità scolastiche non si rassegnarono a riconoscere la necessità di tre classi  effettive e noi insegnanti proseguimmo a programmare per classi aperte, come avevamo fatto fin dall’ inizio.

Ricordo quel periodo come uno dei più faticosi della mia esperienza scolastica per i tanti progetti che abbiamo dovuto sottoporre ai dirigenti scolastici, ma è stato anche un periodo di grande entusiasmo, di grande sintonia con le colleghe e di grandi soddisfazioni.