UTE: Orientamenti filosofici: tre bussole per una geografia del pensiero. (prof. M. Creuso)

Oggi il prof. Creuso, ci ha dato una prova di grande stima, proponendoci una lezione interessante, ma piuttosto impegnativa, che ci ha fatto fare un rapido volo sulla filosofia per comprendere le linee guida che hanno ispirato, e ispirano, i filosofi nella storia dell’umanità.

Nella vita di ogni giorno serve una bussola per orientarsi nel corso di un viaggio o per indirizzare i nostri comportamenti, ma serve una bussola anche per il pensiero proprio per noi che viviamo in un mondo oggi sempre valutato con dati numerici.

Ci sono tre possibili orientamenti per conoscere la realtà: guardare le cose dall’alto, dal basso o in superficie.

Platone e S. Agostino ci insegnano a guardare le cose dall’alto, cioè a dirigere le nostre azioni per costruire una realtà il più possibile conforme al modello ideale in cui il bello e il buono coincidono. Molti ritengono che proprio l’estremizzazione di questo tipo di pensiero abbia favorito l’insorgere dei totalitarismi e gli orrori dei lager nazisti

Il secondo approccio, guardare la realtà dal basso, ha portato gli antichi a porre all’origine di tutto gli elementi naturali: acqua fuoco, terra, ecc. ; più recentemente questo atteggiamento ha portato l’uomo a cercare di conoscere la materia sempre più in profondità, fino ad arrivare  alle sue  parti più infinitamente piccole,  incrementando rapidamente  lo sviluppo della tecnica che ci consente di dominare la natura e di piegarla a fini non sempre moralmente accettabili.

La prospettiva di superficie, il terzo approccio, è quella che pone al centro la cultura, come nella città di Pericle. Si parla quindi di geosofia, cioè di geografia del sapere, che deve essere profondo, elevato, esente da preconcetti e da pregiudizi. Il modello del filosofo di superficie è Ercole, che ha come misura delle cose il proprio passo.

Con questa lezione il prof. Creuso ci ha voluto stimolare a riflettere sul mondo di oggi con la saggezza che viene dalle nostre esperienze, per cogliere il vero  ed essenziale significato della  vita e della realtà.

 

Re-skilling?? E’ proprio necessario?

Ascoltavo la radio: si parlava di lavoro e di come si stia rivoluzionando il mondo della produzione. Molti lavori di oggi sono destinati a scomparire come sono scomparsi, decenni fa,  il magnano o o il cocchiere o il carrettiere.

In compenso però nasceranno molti lavori nuovi e da qui la necessità di continuo aggiornamento per giovani e meno giovani. Alla radio però l’esperto di turno intervistato ha parlato di re-skilling…. che significa riqualificazione.

Ora siamo perfettamente d’accordo sul fatto che ci si debba adattare all’ordine di idee di non fermarsi a ciò che si impara a scuola o sul lavoro e che, quando necessario, si ricorra a corsi di riqualificazione periodici; sono invece molto contraria a che il termine “Riqualificazione” che a me pare adattissimo ad esprimere il concetto in questione, venga sostituito da un anglicismo che in questo caso è del tutto inutile.