Se, solo qualche decennio fa, la quasi totalità delle persone si dichiarava credente praticante, ora la situazione è diametralmente diversa: la maggioranza è indifferente ai temi religiosi o dichiaratamente atea. Ciononostante il Vangelo, che permea da secoli la nostra cultura, è conosciuto da tutti almeno nel suo messaggio essenziale.
I Vangeli di Matteo, Marco e Luca sono detti sinottici perchè presentano molti punti di contatto tra di loro e molte analogie; il Vangelo di Giovanni invece è stato scritto più tardi rispetto ai primi tre e ha una diversa impostazione.
Giovanni, infatti, non inizia il suo Vangelo con la nascita di Gesù, ma con un discorso altamente filosofico e teologico: In principio era il Verbo….Gesù è la parola creatrice, che viene tra i suoi e i suoi non lo accolgono.
E’ noto come le radici del cristianesimo affondino nell’ebraismo e per gli Ebrei l’idea che Dio, l’Eterno, possa nascere da una donna è del tutto inaccettabile; questo può darci la misura del dramma vissuto da Maria, che per aderire al disegno sconvolgente di questo Dio rischiava la condanna alla lapidazione. E nel momento in cui canta il suo Magnificat avrà ripercorso nella sua mente le pagine dell’Antico Testamento che parlano di un Dio sempre dalla parte degli umili, degli ultimi.
La stessa immagine Di Dio, misericordioso e vicino ai più tribolati, si evince dalla predicazione di Gesù (Beatitudini) e quando parla del giudizio finale ci fa intravvedere un Dio che non condanna per i peccati commessi, ma per il bene non fatto. Al momento della lavanda dei piedi poi si assiste a un totale capovolgimento delle parti: è Gesù-Dio che si inginocchia davanti ai suoi apostoli, per affermare la priorità del servizio reciproco.
Questa idea di un Dio mite e dalla parte di chi è affetto da ogni specie di povertà (materiale e spirituale) sconvolge Giuda che lo tradisce e sconvolge anche Pietro che lo rinnega: è inaccettabile per un ebreo che Dio muoia sulla croce.
Poi c’è la Resurrezione e irrompe sulla scena l’immagine del Dio che vince la morte per tutti noi e che si fa Padre (misericordioso come nella parabola del Figliol prodigo) e come tale noi lo preghiamo nel “Padre nostro”.
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Monsignor Angelo Pirovano continua le sue lezioni su “I profeti nella Bibbia”, iniziate già un paio di anni fa, parlandoci del profeta Ezechiele.
Il profeta Ezechiele viene subito dopo il profeta Geremia (anzi per alcuni anni è coevo di Geremia) e appartiene alla classe sacerdotale. Di solito i profeti erano al di fuori della classe sacerdotale. Ezechiele, invece, è anche sacerdote e svolge il suo ministero tra il 593 a.C. e il 570 a.C. Il suo nome significa:” Dio è forte”.
Non si conosce con certezza dove abbia svolto la sua missione, se solo a Babilonia o anche a Gerusalemme. A Babilonia la sua missione si svolge presso il fiume Chebar, un canale di irrigazione laterale del fiume Eufrate. Nel capitolo 1, vv.1-3 del libro di Ezechiele c’è l’indicazione di questa località e la data del 31 luglio 593, quando fu chiamato dal Signore a profetizzare.
Il tempio di Gerusalemme fu distrutto nel 586 a.C. e questa data divide in due periodi la vita di Ezechiele.
Nel periodo precedente la distruzione del tempio, Ezechiele è il predicatore della penitenza. Egli sprona alla conversione e annuncia i castighi che Dio manderà su tutto il popolo se non si convertirà. Il profeta insiste su una conversione personale perché Dio tratta ciascuno secondo la sua condotta.
Per impressionare più profondamente i suoi ascoltatori, compie dinanzi ad essi delle azioni strane, ma altamente significative e simboliche.
Dopo il 586, Ezechiele vuol far comprendere il senso di questa catastrofe e invia al popolo un messaggio di speranza dicendo che risorgerà, che Dio stesso lo guiderà come un buon pastore e cambierà il suo cuore. Poi la lezione procede con l’analisi del libro di Ezechiele. Esso si suddivide in due parti. Continue reading “UTE: Le immagini di Dio nel Vangelo (sintesi di Diana) – I profeti: Ezechiele (Sintesi di A. D’Albis)”