Peripezie sanitarie.

La pandemia ha certamente gettato nel caos la nostra sanità regionale. Questo mi ha indotto, ahimè, a pensare di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria, che, me ne sto accorgendo solo ora, avrà come unico effetto quello di avermi spillato qualche centinaio di euro.

Qualche giorno fa, mi sono resa conto, dopo aver richiesto una ricetta al medico, che non avevo più un medico di base e ho dovuto chiedere appuntamento alla AST della zona per risolvere il problema e a quel punto nella mia città c’era un solo posto disponibile.

Chiedo subito un appuntamento perché da tempo mi sto trascinando qualche acciacco di troppo, ma mi viene risposto che dovrei richiamare un paio di settimane più tardi, comunque ottengo via internet le ricette per i medicinali.

Chiedo appuntamento per una visita privata per accorciare i tempi, ma anche qui è un incubo: ho girovagato per i reparti dell’ospedale più di mezz’ora, rimpallata da uno sportello e da un corridoio a un altro prima di trovare l’ufficio per poter pagare la parcella.

Mi vengono richieste delle radiografie; chiedo appuntamento col medico e mi sento rispondere: può richiamare fra un paio di settimane?!!!!???? Resto un po’ allibita, ma fortunatamente ottengo la prescrizione delle radiografie. Stamattina le prenoto e scopro che con le ricette così formulate spenderò più di 100 euro di ticket, mentre bastava una sola ricetta con conseguente unico ticket da 38 euro.

Ah, la meravigliosa, insuperabile Sanità Lombarda!!!

 

 

UTE: Verga e Mastro don Gesualdo – La spalla al centro. (le due sintesi sono di A. D’Albis)

Don Ivano continua le sue lezioni su Giovanni Verga, in occasione del centenario della morte, e ci presenta il secondo (e ultimo) romanzo del ciclo dei “vinti”. “Mastro Don Gesualdo”.

Come già detto la scorsa volta, Verga si era prefisso di scrivere 5 romanzi del ciclo dei “vinti”, analizzando una serie di personaggi che, pur appartenendo a classi sociali diverse, sono destinati ad essere trascinati via dalla storia.

I “vinti” non sono, per Verga, solo i rifiuti della società, o solo coloro che psicologicamente o socialmente sono fragili. Tutti possono entrare a far parte dei “vinti”, anche gli aristocratici, basta che abbiano la “roba”.

La “roba” è un termine siciliano per intendere la “proprietà terriera”, cioè una proprietà sulla quale c’è una costruzione, una casa, abitata dai suoi proprietari.

Come già accennato la volta scorsa, Verga non riuscì a portare a termine il suo progetto, non perché gliene mancasse il tempo, ma perché la sua vena narrativa era esaurita.

Lo scrittore si trova immerso nel clima culturale degli anni ’80 del XIX secolo. In questi anni scrive il suo capolavoro: ”I Malavoglia”, in cui è protagonista una famiglia e la storia segue l’evoluzione di questa famiglia.

Nel “Mastro Don Gesualdo” c’è un solo protagonista, legato alla “roba”, che è un “vinto”.

Lo chiamano “Mastro” perché appare alla gente come colui che ha sempre lavorato e, proprio per questo, ha le mani sporche di calcina e di gesso.

Il protagonista si identifica con il suo lavoro perché gli dà diritto alla “roba”, che gli appartiene fino ad identificarsi con essa. Continue reading “UTE: Verga e Mastro don Gesualdo – La spalla al centro. (le due sintesi sono di A. D’Albis)”

Lo spettro della fame.

Segnalo questo articolo di “Avvenire” , in cui si parla delle conseguenze della guerra in Ucraina sull’esportazione di cereali.

I prezzi del grano aumentano velocemente e vari altri fattori, oltre la guerra, fanno prevedere una riduzione nella produzione.

Assisteremo presto alla morte per fame di milioni di persone nei paesi che non potranno permettersi di acquistare i cereali a prezzi sempre più alti? E se già assistiamo alla fuga da paesi nordafricani come l’Egitto, quale sarà l’impatto sull’Europa di flussi migratori sempre più massicci?

Pare così assurdo che ancora si pensi di regolare le controversie con le armi, che non possono che aggravare i tanti problemi che affliggono l’umanità, soprattutto in un momento storico, come quello che stiamo vivendo, in cui, più che mai siamo inseriti in un sistema di vasi comunicanti, per cui ciò che accade in una qualsiasi parte del mondo ha inevitabilmente conseguenze più o meno immediate su tutto il pianeta.

Vicinanza e affetto.

Voglio esprimere qui la vicinanza mia e di tutto il CIF di Erba, alla nostra Presidente Provinciale, Marina Tirelli, per la prematura scomparsa del marito, Giorgio Butti.

Siamo certe che la  Fede, che l’ha sempre sostenuta, le sarà di grande conforto anche in questi momenti  e l’aiuterà a superare le difficoltà che non mancano mai a chi deve ripensare la propria vita.

Noi del CIF di Erba le saremo vicine con il nostro affetto e le nostre preghiere.

UTE: Luigi Meneghello nel centenario della nascita – La spalla al centro.

Luigi Meneghello, nato nel 1922 a Malo, in provincia di Vicenza, ha vissuto in prima persona la seconda guerra mondiale e, come spesso accade, questa esperienza ha segnato profondamente la sua esistenza.

La sua prima opera è il romanzo “Libera nos a Malo” (il titolo fa riferimento alle parole latine del “Padre nostro” , ma la parola Malo si riferisce al proprio paese natio). In esso ricorda come il latino dei riti religiosi, non compreso dalla gente, diventava occasione di strafalcioni e di situazioni umoristiche.

Un’altra sua opera è “Azoto”. Meneghello ricorre spesso al dialetto, matrice di ogni lingua, che rafforza il senso di appartenenza ad una comunità e che per primo ci fa cogliere la realtà..

Con la civiltà dei consumi, tutto viene “consumato” rapidamente, anche le relazioni familiari che invece un tempo costituivano il fondamento della sopravvivenza.

In “Piccoli maestri” Meneghello parla della sua partecipazione alla Resistenza; alla fine della guerra si iscrive al Partito d’Azione che ebbe vita molto breve  e questo lo spinse a scegliere l’Inghilterra come paese in cui vivere. Ci rimarrà per oltre mezzo secolo e tornerà in Italia a fine anni ’90 e qui si conclude la sua esistenza nel 2007.

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Il dr. Lissoni ci ha guidato alla scoperta di una parte molto complessa del nostro corpo: la spalla. Essa è formata da diverse articolazioni, diversi muscoli e diversi legamenti; per questo sono anche molto frequenti, soprattutto nelle donne, i disturbi che ne limitano la funzionalità.

Si può essere più predisposti ai problemi della spalla per ereditarietà, genere, età, diabete, obesità e fumo. Il dolore alla spalla è spesso connesso ai dolori al collo. Sono frequenti anche i traumi per incidenti e cadute, ma sono da evitare anche movimenti ripetitivi, certi sport agonistici, sforzi eccessivi, cattive posture e l’eccessiva sedentarietà.

I dolori possono essere dovuti a infiammazioni, processi dgenerativi o traumi.

Le BORSITI sono provocate da traumi, l’ARTROSI è un processo degenerativo che provoca piccole lesioni sempre più accentuate col passare del tempo; l’ARTRITE è un’infiammazione che corrode l’articolazione. Vi è poi la cosiddetta SPALLA CONGELATA in cui l’articolazione è completamente bloccata.

La spalla va soggetta anche a distorsioni, lussazioni e fratture: tra queste ultime, la più frequente è quella alla clavicola.

Per prevenire i problemi alla spalla è necessario, come sempre, fare movimento adeguato alla propria età, non acquisire abitudine a posture scorrette e alle donne si consiglia di non portare borse troppo pesanti sempre sulla stessa spalla.

Un grazie sentito al dr. Lissoni e al prof. Porro per le loro lezioni sempre interessanti ed esposte con chiarezza e passione.

Peonie.

Nel mio giardino è un trionfo di peonie.
Sono sbocciate tutte in questi giorni e sono bellissime. Leggo da internet:
Il fiore incarna l’amore, l’affetto e la prosperità; inoltre è simbolo di onore, valore e nobiltà d’animo. Quando fiorisce, la pianta è simbolo di pace. In Oriente il suo significato cambia: la peonia è simbolo di nobiltà e raffinatezza.

Ho raccolto quelle coi fiori già ben aperti per non farle divorare da coleotteri grigi a puntini bianchi che ne sono ghiotti e ora rallegrano il mio salotto.

Quando fiorisce è simbolo di pace, dice internet, e io mi auguro che veramente siano presagio quella pace che tutti stiamo aspettando.IMG20220514212313

 

UTE: Verga, tra verismo e impersonalità (sintesi di A. D’Albis) – Mangiare carne? (Diana)

Quale impatto ha sull’ambiente il fatto che ci nutriamo di carne?

E’ indubbio che l’uomo sia onnivoro e che, come tale possa cibarsi sia di vegetali che di alimenti di origine animale. L’uomo primitivo si nutriva per lo più di semi, radici, frutti e solo quando con fatica riusciva a catturare un animale poteva cibarsi di carne. Ora invece basta andare al supermercato è con “pochi” soldi possiamo acquistare tutti i tipi di carne esposti con dovizia.

Se il costo della carne è relativamente basso è perchè proviene da allevamenti intensivi, dove gli animali sono costretti a vivere in condizioni degradanti. Per produrre carne in tali quantità esorbitanti si incrementa l’effetto serra che danneggia enormemente il sistema ecologico del pianeta.

Se la carne è un alimento prezioso per la salute, è possibile produrla in modo più sostenibile? Se prendiamo esempio dai popoli che vivono anche oggi in territori non coltivabili (Mongoli, Masai, ecc.) e quindi si sostengono con l’allevamento di animali, vediamo che essi li trattano con molto rispetto, li fanno vivere in condizioni di benessere e li macellano solo per lo stretto necessario. Anche noi dovremmo allevare gli animali in spazi adeguati per  consentire loro di potersi muovere liberamente. Questo però farebbe lievitare i costi di produzione della carne e quindi i costi al consumo.

Dato il continuo aumento della popolazione mondiale, e di conseguenza la domanda di cibo, già da ora si sperimenta l’uso alimentare degli insetti: il loro apporto nutrizionale è ottimo e il loro allevamento è poco inquinante. Tuttavia si stanno percorrendo anche altre vie, come la produzione in laboratorio di carne partendo dalle cellule staminali: questo consente di non abbattere nè animali, nè foreste. I risultati sono molto soddisfacenti e i costi di produzione si stanno riducendo.

Un’altra alternativa è la carne-finta, cioè prodotta  con elementi vegetali.

La soluzione ideale è comunque per il momento di consumare meno carne  con grande giovamento per l’equilibrio dell’ecosistema Terra.

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Don Ivano, prima di affrontare l’argomento della sua lezione, fa una breve presentazione di un personaggio, sconosciuto ai più, prete e parroco della parrocchia di Chiuso di Lecco di cui si celebra il bicentenario della morte e che è stato beatificato a Milano nel 2011: Beato Serafino Morazzone.

Don Ivano sottolinea che questo curato beato è stato nominato dal Manzoni nella prima versione del suo romanzo, quello intitolato: “Fermo e Lucia”. Manzoni lo conosceva e, essendo morto da poco, volle nominarlo per ricordarlo. Nella versione definitiva del romanzo, invece, non lo nominò più.

Dopo questa divagazione, il relatore ci parla di Giovanni Verga e del suo capolavoro “I Malavoglia”. Di Giovanni Verga ricorre quest’anno il centesimo anniversario della morte (1840-1922).

Egli fu il maggior esponente della corrente letteraria del “Verismo” e la sua opera ebbe un significato notevole nella Storia della Letteratura Italiana. Gli esponenti della corrente del Verismo raccontano, nelle loro opere, eventi di vita quotidiana reali e hanno come protagonisti dei loro scritti le classi sociali meno abbienti.

I romanzi del Verga hanno le caratteristiche di questa corrente. Sono scritti con un linguaggio rude e spoglio, ma con termini e espressioni vicine al dialetto siciliano (e questa è una novità). Le sue storie sono ambientate nel profondo Sud (la Sicilia), nella più remota provincia della Sicilia (Catania), ma sono permeate da quel senso di umanità che è universale.

Ne “I Malavoglia”, l’autore parla di una famiglia di pescatori che ha una casa, ha “la roba” (termine siciliano per intendere “la proprietà terriera”). Non è gente povera, ma sfortunata, perché lotta, inutilmente, per conservare “la roba”, ma non ci riesce. Essi sono “i Vinti” per eccellenza.

Verga voleva scrivere 5 romanzi sui “vinti”, il famoso “ciclo dei vinti”.ma non va oltre i primi due.Ad un certo punto, la sua vena narrativa si è interrotta e il suo ciclo di romanzi non è stato mai completato.

Egli scrisse i suoi capolavori a Milano e non fu subito capito, sia in termini di contenuto, sia in termini di stile. Nelle sue opere Verga scandaglia l’animo umano, che è universale, quindi sono permeate, non solo da un profondo senso di umanesimo, ma anche da una forte spiritualità.

Sono queste caratteristiche che fanno di un’opera letteraria “un capolavoro”. Un capolavoro” è tale se permane anche se cambiano i tempi e le opere di Verga, tanto ricche di umanesimo e di spiritualità, sono dei “capolavori”.

 

La verità delle immagini.

Ascoltare alla radio il discorso di questa mattina sulla Piazza Rossa, mi ha fatto pensare a Pirandello e alla sua opera teatrale “Così è se vi pare”, nella quale ogni personaggio racconta una sua versione della realtà senza che gli spettatori possano capire quale sia la verità dei fatti.

Putin, infatti, ha parlato di una Russia minacciata, di una reazione legittima tendente a difendere la Patria da un’aggressione, di soldati che, da eroi, combattono una guerra giusta in difesa dei valori della cultura nazionale.

Ad ascoltarlo potrebbero venire dei dubbi, ma, a conferma di una versione dei fatti diversa da quella da lui raccontata, oggi c’è la tecnologia: le immagini che arrivano dall’Ucraina raccontano un’ atroce verità: c’è un invasore (la Russia) che rade a zero le città e fa strage di civili in una terra che ha il torto di voler continuare a chiamarsi Ucraina.