UTE: Interpretare il desiderio attraverso lo sguardo delle neuroscienze (sintesi di A. D’Albis) – Storia della nostra UTE (Diana)

Il dottor Ciccocioppo, farmacologo ed esperto di neuroscienze in generale e in particolare del rapporto tra mente e cervello, prima di introdurre l’argomento della lezione, fa una breve premessa spiegandoci in cosa consiste questo rapporto.

Ci dice che spesso si intende la mente come qualcosa di più etereo rispetto al cervello, ma in realtà sono un tutt’uno. Infatti, la mente non può esistere senza il cervello e il cervello, senza quello che definiamo mente, non sarebbe l’organo che conosciamo. Inoltre, cervello e mente, per funzionare, hanno bisogno del corpo.

Infatti, già dalla nascita, attraverso il corpo, trasmettiamo degli stimoli al nostro cervello ed esso, insieme alla mente, si evolve grazie a questi stimoli.

Quindi cervello, mente e corpo collaborano insieme per il buon funzionamento dell’organismo. Dopo questa premessa, il dottore passa a trattare l’argomento della lezione intitolato:” Interpretare il desiderio attraverso lo sguardo delle neuroscienze”.

Ma che cos’è il desiderio?

Il dottore ci spiega che il concetto di “desiderio” è molto ampio, comprende varie discipline, come la filosofia, ma interessa anche chi si occupa di “neuroscienze”. Il filosofo Spinoza ha anticipato, già nel XVII secolo, alcuni aspetti delle “neuroscienze” moderne. Nella sua opera principale, “Etica”, utilizza il termine “CONATUS”, che significa SFORZO. E’ il nostro “sforzo” per sopravvivere che ci fa essere quello che siamo. Spinoza ci dice che esistono due emozioni di base, la “GIOIA” e la “TRISTEZZA”, che insieme al “DESIDERIO”, ci permettono di funzionare.

Cioè, il nostro “desiderio di sopravvivenza” è guidato da queste due emozioni: “gioia e tristezza”.

Desiderare qualcosa di gradevole è condiviso da tutte le specie più evolute, o diversamente evolute.

Il nostro cervello, secondo il medico Paul MacLean, che già nei primi anni ’70 del secolo scorso aveva elaborato la teoria dei “3 cervelli”, il nostro cervello può essere suddiviso in tre grandi domini.

MacLean dice che nel cervello ci sono tre aree che hanno competenze diverse: Il “cervello rettiliano”, il più antico e quello condiviso da tutte le specie, controlla gli stimoli di base (fame, sete, sonno ecc.); il “cervello limbico”, è la parte che ci permette di sentire emozioni e provare sentimenti; la “neuro-corteccia” è, invece, la parte più razionale.

Il “cervello limbico” ci permette di ricercare ciò che ci dà piacere e di fuggire da tutto ciò che è sgradevole. Il desiderio, dunque, è rivolto sempre verso qualcosa di piacevole (cibo, sesso, rapporti parentali, interazioni sociali). Tuttavia, esiste anche il “desiderio di fuga” da tutto ciò che è spiacevole. Quando si instaura il desiderio verso qualcosa di piacevole, si attivano certe aree del cervello, mentre per fuggire da cose o esperienze sgradevoli se ne attivano delle altre.

Questo processo può essere anche inconscio.

Il desiderio, continua il docente, è molto articolato.

C’è anche il desiderio che provano le persone che soffrono di disturbi di “dipendenza”, come giocatori d’azzardo, fumatori, alcoolisti. In questi soggetti, il desiderio usurpa il cervello e diventa dipendenza. Infine, il docente ci spiega la differenza tra “desiderio amoroso” e “desiderio sessuale” che non corrispondono, perché il primo è molto emotivo e tocca il sentimento, il secondo è molto più istintivo e primordiale. Anche le aree celebrali che si attivano sono diverse.

Il dottore cita ancora il filosofo Spinoza che sottolinea che “il desiderio è l’appetito di ottenere coscientemente qualcosa e che è l’essenza stessa della natura umana in quanto è determinata a fare le cose che servono alla propria sopravvivenza”.

La lezione si conclude con alcuni interessanti interventi da parte dell’assemblea.

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Ripercorrere la lunga storia dell’UTE : questo era l’obiettivo della conversazione che la fondatrice dell’UTE, Maria Guarisco, ed io ci eravamo prefissate.
L’emozione di Mariuccia (ha appena rinunciato a ricandidarsi per il Consiglio a causa dei suoi problemi di salute) e la mia poca propensione a parlare in pubblico erano palesi: ci eravamo proposte di seguire uno schema per non dimenticare cose importanti, ma è stato del tutto ignorato.

Mariuccia ha raccontato con evidente passione il lavoro per arrivare a costituire l’associazione UTE, che a buon diritto può ritenere una sua creatura. Ha rievocato gli inizi un po’ avventurosi e le figure più importanti che hanno contribuito a realizzare e a sostenere nel tempo la nostra Università.

C’erano parecchi soci presenti e la speranza è che abbiano potuto cogliere quanto sia importante continuare a sostenere l’UTE di Erba che, dopo la pandemia, sta attraversando , come tute le associazioni, momenti non facili.

 

 

 

 

 

Stiamo accumulando debiti.

Che debito di gratitudine stiamo accumulando nei confronti degli Ucraini?

Che Putin fosse un pericolo per l’Europa lo si sapeva da tanto: si sa che ha finanziato i partiti sovranisti di vari paesi per influire sulle elezioni e per determinare spinte scissionistiche (Vedi Brexit).

Ora gli Ucraini stanno provando con enormi perdite umane e materiali di opporsi alle sue mire espansionistiche e noi ne traiamo la speranza che si possa evitare un allargamento del conflitto.

Ora questa emergenza pare possa smuovere i paesi europei dall’impasse che li blocca da sempre: la regola dell’unanimità per ogni decisione. E’ una regola assurda: in ogni comunità, in ogni organizzazione sociale democratica vale il voto a maggioranza (assoluta o relativa o qualificata a seconda dell’importanza delle decisioni da prendere) e non è più sostenibile che l’opposizione di un solo paese membro possa vanificare la volontà di tutti gli altri.

Se si arriverà ad abolire questa regola, anche di questo dovremo essere grati agli Ucraini.

UTE: Progresso umano ed estinzione di specie (Diana) – Fenoglio e la Resistenza (sintesi di A. D’Albis)

Il dr Sassi ci ha accompagnato con le sue belle diapositive e le sue spiegazioni sempre accattivanti, nel triste percorso che ha portato all’estinzione di molte specie animali nel corso del tempo. In particolare ha attirato la nostra attenzione su quello che succede all’arrivo dell’uomo nelle isole.

Proprio per i limiti territoriali delle isole, i loro ecosistemi sono particolarmente delicati. Nel Madagascar, per esempio, coperto quasi interamente da foreste fino al 1980, sono bastati 30 anni per distruggerne l’80%.

E’ stato anche interessante venire a conoscenza del fatto che nelle isole certe specie animali sono di dimensioni più piccole di quelle analoghe che vivono sui continenti, altre specie invece sono di dimensioni molto più grandi (elefanti preistorici in Sicilia non più alti di un metro e il Varano di Comodo enorme lucertolone).

Nelle isole Mascarene e nelle isole Mauritius, l’ecosistema è stato completamente stravolto al tempo delle esplorazioni via mare: le navi vi approdavano per fare provviste di cibo e uccidevano pertanto gli animali autoctoni per conservarne le carni sotto sale. In cambio lasciavano a terra maiali e capre per ritrovarli al ritorno e potersene cibare, ma queste specie animali immesse forzatamente in un ambiente privo di antagonisti hanno finito per stravolgere l’ecosistema  di quelle terre.

Più recentemente possiamo ricordare , nel Nord America,  i massacri dei bisonti  o la scomparsa del piccione migratore che era l’uccello più diffuso al mondo.

Anche ora gli allevamenti  e le coltivazioni intensive sono spesso causa di gravissimi danni agli ecosistemi.

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Il professor Porro ci ha regalato un’altra delle sue interessantissime lezioni parlandoci della “Resistenza” nei nostri territori dell’Alta Brianza e del comasco e soffermandosi sulla nota figura di Giancarlo Puecher Passavalli, fucilato il 21 dicembre del 1943 a Erba a soli 20 anni!

Puecher fece presto la sua “scelta” partigiana, già il 9 settembre, ma la sua militanza durò poco perché fu arrestato il 12 novembre dello stesso anno, processato e condannato a morte. Come testimonia nella sua relazione intitolata: ”La difesa del giusto”, l’avvocato comasco Gian Franco Beltramini, chiamato a difendere d’ufficio Puecher e gli altri 7 partigiani arrestati, il processo fu una farsa e contro gli imputati non venne presentata alcuna prova di colpevolezza.

A questo punto, il professor Porro sottolinea che la parola “giusto” assume un valore particolare nel caso di Puecher. Egli, pur essendo un ragazzo di soli 20 anni, si comportò, più che da eroe o martire, da uomo “giusto” e la sua “scelta” fu di carattere morale: egli voleva ridare dignità alla sua Patria. 

Il professore ci spiega la differenza tra Nazione e Patria. Spesso, il concetto di Nazione è diventato sinonimo del concetto di Patria, che, però, ha qualcosa in più. La “Patria” è la terra alla quale si appartiene volontariamente per identità storica e culturale e che si difende, anche con la vita, da eventuali aggressioni. Il professore aggiunge che le Nazioni, di solito, aggrediscono, mentre la Patria si difende.

Nel secolo scorso e anche oggi, la nascita di nazionalismi esasperati e aggressivi è stata la causa dello scoppio di tante guerre.

Presentando la biografia di Puecher, il professor Porro evidenzia alcuni aspetti della sua educazione e descrive l’ambiente in cui è vissuto. Puecher nacque a Milano il 23 agosto 1923 da una famiglia benestante. Il padre Giorgio, notaio, ebbe da sempre idee antifasciste; la madre, fervente cattolica, educò il figlio ai valori cristiani. Puecher si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, ma lasciò per frequentare l’addestramento come volontario, nell’ Aereonautica. Non riuscì a terminare neanche questo addestramento prima dell’8 settembre e dell’occupazione tedesca. Durante la guerra era sfollato con la famiglia nella villa di proprietà di Lambrugo, vicino Erba, che diventò un luogo di accoglienza per ogni tipo di sbandati.

Qui Giancarlo ebbe contatti con alcuni esponenti dei cattolici democratici di Milano e presto aderì al primo nucleo partigiano della Brianza, formatosi a Ponte Lambro. Puecher era il vice comandante di questo gruppo, mentre il suo collaboratore e amico Franco Fucci (ex alpino in Grecia passato nel fronte antifascista) era il comandante. Il gruppo di Ponte Lambro passò da semplici azioni di contatto tra partigiani ad alcune azioni di sabotaggio e di volantinaggio.

Dopo l’uccisione a Erba di due fascisti (Ugo Pontiggia e Angelo Pozzoli) da parte di aggressori sconosciuti, furono istituiti in zona sia il coprifuoco, sia dei posti di blocco con i Militi della Polizia “repubblichina”. La sera del 12 novembre, ignari del coprifuoco, Puecher e Fucci partirono in bicicletta da Canzo per recarsi a Ponte Lambo. Furono fermati a un posto di blocco e arrestati. Fucci provò a difendersi usando la pistola, ma fu ferito e ricoverato in ospedale: questa fu la sua salvezza.

Puecher, invece, fu portato in prigione a Como. La stessa sera furono fermati e arrestati altri sette partigiani amici di Puecher, tra cui il padre, Giorgio. Ci fu un processo e la condanna a morte degli otto imputati. L’avvocato della difesa, viste le inconsistenze delle accuse, nel tentativo di impedire le condanne a morte, riuscì solo a ridurle di numero. L’unico condannato rimase Giancarlo Puecher. Gli altri se la cavarono con condanne detentive da 5 a 30 anni, cancellate dopo la guerra. Purtroppo, il padre fu prima scarcerato e poi riarrestato e mandato a Mauthausen dove morì di stenti.

Puecher fu fucilato il 21 dicembre 1943 nel cimitero nuovo di Erba. Morì da cristiano, abbracciando e perdonando coloro che stavano per ucciderlo.