Ute: La funzione giurisdizionale – Florenskji

La  funzione giurisdizionale è l’attività esercitata dai magistrati. La magistratura comprende i giudici e i PM. Questi ultimi si dedicano alle indagini e sostengono l’accusa nei processi. I Giudici svolgono attività giudicante. Nella nostra legislazione le due carriere non sono separate.

Quando sorge una contrapposizione tra due parti (lite, controversia) si ricorre a un giudice civile che non deve avere interessi nella controversia, ma deve non solo essere, ma anche apparire assolutamente imparziale e indipendente.

La volontaria giurisdizione si ha quando ci si rivolge al giudice per chiedere decisioni inerenti a questioni in genere familiari ove non c’è lite. Nel diritto civile abbiamo: giudice di pace, tribunale, corte di appello, corte di cassazione .

I giudici speciali sono quelli dei tribunali dei minori, dei tribunali militari…. Anche i cittadini fanno parte della giurisdizione: i giudici popolari sorteggiati in caso di processo in corte d’assise.

La giurisdizione civile si occupa di controversie tra privati cittadini o tra enti e privati. La giurisdizione penale si occupa dei reati.

I giudici sono soggetti solo alla legge ed esercitano la giustizia in nome del popolo. Ogni provvedimento del giudice deve essere motivato. L’attore è chi inizia la causa. il convenuto è chi viene chiamato in causa. La giurisprudenza comprende , oltre alle leggi, anche le sentenze già emesse dai vari giudici e dalla Corte di Cassazione (che si pronuncia solo sulla legittimità, cioè controlla che tutte le procedure seguite siano corrette).

I giudici sono indipendenti dal potere politico; il magistrato che volesse partecipare alle elezioni come candidato deve dimettersi dalla magistratura.  Il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) governa la magistratura: bandisce concorsi, assume i magistrati, assegna le sedi e le nomine, decide i provvedimenti disciplinari.  Il giudice può essere trasferito solo se è consenziente (non così se si tratta di sanzione disciplinare).

Ogni giudice decide in autonomia, poi chi non è soddisfatto può ricorrere al grado superiore di giudizio. Il giudice di pace giudica i casi meno rilevanti ed ha una funzione conciliativa; in caso di fallimento si arriva al giudice ordinario. Il giudice onorario del tribunale (GOT) si occupa di processi in materia civile e penale in tutti i casi in cui la competenza è monocratica. La sua durata in carica è di 3 anni rinnovabili per un ulteriore triennio.   Nessuno può essere distolto dal giudice naturale stabilito per legge.

__________________________________________

Florenskij (1882-1937): Il personaggio di cui ci parla oggi Don Ivano è uno scienziato/prete ortodosso, che meriterebbe di essere celebrato come santo.  Studioso di matematica, che  egli voleva applicare alla tecnica, fu anche un grande spiritualista (ciò testimonia che non c’è incompatibilità tra scienza e fede). I suoi libri sono pieni di riflessioni molto interessanti. Alcune sue affermazioni si possono dire profetiche e rivelano una grande capacità di leggere la natura umana.

Padre azero, madre armena, cresce in Georgia, ma studia a Mosca, dove si segnala per la sua intelligenza. Studia la matematica, la filosofia  e la teologia dimostrando grande eclettismo e poliedricità. Leggendo Tolstoj arriva alla conversione , diventa sacerdote. Si sposa ed ha cinque figli.

Nel 1917: allo scoppio della rivoluzione bolscevica, molti fuggono a causa della guerra civile e per le violenze inenarrabili sui vari  fronti. Lui potrebbe fuggire e trovare porte aperte in occidente, invece rimane a collaborare col governo sovietico per l’elettrificazione del paese. Quando, nel 1933, sopraggiungono le purghe volute da Stalin, per stornare da sè le accuse di incapacità per il fallimento dei piani di sviluppo economico, Florenskij finisce in un gulag da cui esce soltanto per essere giustiziato.

Nel suo libro “Bellezza e Liturgia” mette a confronto la cultura russa con quella occidentale: gli occidentali fanno sempre prevalere tecnica ed economia. L’idea dominante è: l’anima russa popolare emerge soprattutto nelle celebrazioni liturgiche, è una partecipazione passiva che si affida alla lettura delle icone, mentre i celebranti agiscono con preghiere e canti nascondendosi agli occhi dei fedeli. Il popolo russo ha sempre incontrato Dio nella natura ed è su questa religiosità che si è innestato il cristianesimo ortodosso.

Anche al giorno d’oggi la guerra in Ucraina ha tra l’altro anche questa connotazione di contrapposizione tra cultura russa e cultura europea.

 

Una lunga odissea.

Mercoledì sera, ho partecipato ad una breve “cerimonia” in occasione dell’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E’  un momento suggestivo e cerco sempre di partecipare.  Accanto ai momenti di preghiera c’è stata la testimonianza di due immigrati: una donna Ucraina, fuggita dal suo paese con la sua bambina poco dopo lo scoppio della guerra, e un ragazzo nigeriano. Quest’ultimo, di religione cristiana, nella sua lunga testimonianza ha raccontato di essere fuggito dal suo villaggio dopo che, in un’incursione da parte di un gruppo di terroristi, la sua casa è stata incendiata, causando la morte dei suoi genitori  e il rapimento di due suoi figli ancora molto piccoli.

Lui e la moglie si sono messi in viaggio seguendo strade diverse. L’attraversata del deserto è stata penosissima: ai bordi della pista erano disseminati i resti di cadaveri, cibo e acqua scarseggiavano al punto che ognuno per sopravvivere è stato costretto a bere la propria urina. Dopo un breve soggiorno in Libia, dove si era ricongiunto alla moglie, a bordo di gommoni sono giunti in Italia, ma non avevano documenti e hanno tentato di raggiungere la Germania, da cui però sono stati respinti di nuovo in Italia. Dopo tante peripezie sono giunti a Erba, dove la Caritas li sta aiutando.

Questo ragazzo non si è soffermato molto sui particolari delle varie tappe della sua lunga odissea, ma non è difficile immaginare quante sofferenze abbia dovuto affrontare.

Nell’ascoltarlo pensavo a quanto sia ingiusto il mondo che siamo venuti creando nel tempo e come stiamo anche oggi perpetuando ingiustizie vecchie di secoli. Credo che se fino a pochi decenni fa i diseredati del mondo erano rassegnati al loro destino perchè non conoscevano altri modi di vivere possibili, ora le nuove comunicazioni hanno abbattuto queste barriere e chi può cercherà sempre più di prendersi quel briciolo di felicità e di benessere a cui ogni essere umano ha diritto.

Ute: comprensione : vaccino per l’indifferenza.

A conclusione del suo ciclo di lezioni sulle emozioni, la psicopedagogista Lucia Todaro ci ha parlato della comprensione, vaccino per l’indifferenza.

Dopo aver ricordato brevemente le lezioni precedenti (attenzione quasi esclusiva all’intelligenza razionale nell’educazione dei nostri ragazzi a scapito dell’intelligenza emotiva, indispensabile per prendere decisioni valide nel tempo) la nostra docente è passata all’argomento del giorno: la comprensione.

Capire e comprendere possono apparire sinonimi, ma c’è una sostanziale differenza tra i due verbi: capire fa riferimento alla razionalità, comprendere significa prendere dentro di sè, interiorizzare. Una cosa capita la si può facilmente dimenticare, non è così se la si comprende.

La ricerca della felicità è basata soprattutto sulla capacità di stabilire buone relazioni; comprendere gli altri, provare compassione (nel senso etimologico di patire insieme) per gli altri implicano avere consapevolezza, motivazione ed esercizio.

Belle le citazioni riportate, qui ne trascrivo solo due: “Il mondo è un posto pericoloso non a causa di quelli che compiono azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza far nulla” ( Einstein).- “Il vero male è l’indifferenza” (Madre Teresa) .

La felicità è una questione che coinvolge corpo, mente, cuore e spirito. Quest’ultimo elemento viene preso sempre più in considerazione dai filosofi di oggi, perché è con lo spirito (o anima) che riesco a dare senso alle cose che vivo e che mi consente di arrivare alla speranza in qualunque situazione.

L’indifferenza è associata ad assenza di emozioni, a freddezza emotiva a disinteresse per gli altri: è tipica di chi non ha senso di umanità. Ignorare qualcuno equivale ad annullarlo e se siamo noi a sentirci ignorati, si può sempre fare qualcosa per cambiare la situazione e non farsi annullare dall’indifferenza altrui. La comprensione è il vaccino contro l’indifferenza.

A questo punto è stato ribadito il concetto di empatia: capacità di comprendere le emozioni dell’altro , pur restando consapevoli di se stessi.

E’ importante infine: ricordare chi ci ha compreso e i momenti in cui ci siamo sentiti compresi, essere grati per ciò che si è e si ha, riprodurre nella memoria la comprensione per se stessi e per coloro che amiamo.

“Al tramonto della vita ciò che conta è aver amato” (S. Giovanni della Croce).

 

 

 

Ute: Italo Calvino – La sorellina della Terra: la luna

Nel centenario della nascita di Italo Calvino, il prof. Galli ci ha parlato oggi delle sue opere giovanili, non senza averci prima dato alcune note biografiche.

Nacque  nel 1923 a Cuba, ma dopo pochi anni la famiglia ritornò nella città di origine, Sanremo; nel 1943 entrò nelle file della Resistenza e, alla fine della guerra si iscrisse al PCI. Nel 1850 cominciò a lavorare per la casa editrice Einaudi, che pubblicò le sie prime opere: “Il barone rampante”, “Il visconte dimezzato” e “Il cavaliere inesistente”. E’ del 1063 “Il Marcovaldo”, cui seguì “La giornata di uno scrutatore”; nel 1980 la produzione letteraria di Calvino segnò una svolta decisa.  Calvino morì nel 1985 a Siena.

Nelle sue opere si possono distinguere tre filoni narrativi: Realismo a carica fiabesca; Fiabe a carica realistica; Gioco combinatorio di possibili narrativi.  Nel dopoguerra, quando Calvino cominciava a scrivere i suoi romanzi, l’analfabetismo era ancora diffuso in Italia e la maggior parte della popolazione parlava solo il dialetto; solo con l’avvento della TV e l’introduzione dell’obbligo scolastico fino alla terza media si diffuse l’uso della lingua italiana colta, per questo Calvino si preoccupò di utilizzare un linguaggio semplice, comprensibile da tutti, ma non banale: un linguaggio ricco e concreto che col passare del tempo fa sì che le sue opere vengano sempre più apprezzate.

Fa parte del filone del realismo narrativo il suo primo romanzo: IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO. In questa sua opera racconta la sua esperienza di partigiano attraverso la storia di un ragazzo orfano che per diverse traversie finisce per  aggregarsi a un gruppo di combattenti. Tra di loro ci sono persone molto diverse, alcuni sono solo degli sbandati, altri sono violenti altri sono convintamente schierati contro la dittatura e per la democrazia. Il tema fondamentale di questa opera è definire la differenza tra i combattenti di quella guerra civile e Calvino arriva a questa conclusione: da una parte si  sparava per perpetuare il fascismo, dall’altra si sparava per porre fine a un ventennio di violenze e soprusi. Nessun tentativo di revisione della storia tendente a parificare le due posizioni potrà mai essere accettato.

_______________________________________

La sorellina della Terra: la Luna.

La Terra fa parte del gruppo dei pianeti più piccoli del sistema solare, ma tra questi è l’unico ad avere un satellite di dimensioni ragguardevoli. Giove invece ha più di 60 satelliti!!!  Il diametro della luna è un quarto di quello della terra e la sua densità è molto inferiore . Le prime osservazioni scientifiche furono intraprese da Galileo, che chiamò MARI le zone scure e TERRE ALTE quelle più chiare. La presenza di tanti crateri sulla superficie lunare viene spiegata con la collisione con altrettanti meteoriti provenienti dallo spazio. Tutto ciò che si trova sulla luna è molto antico perché non si è evoluto nel tempo, quindi studiando questo nostro satellite possiamo ricavarne informazioni sulle origini della nostra Terra. Tutta la superficie lunare è coperta da una “polvere” finissima.

Tra le diverse teorie che intendono spiegare la formazione della luna la più antica e ora anche la meno accreditata recita: la luna vagava nello spazio e quando si avvicinò alla Terra fu attratta dalla forza gravitazionale del nostro pianeta. Oggi però si pensa che essa abbia avuto origine in seguito alla collisione catastrofica della Terra con il corpo celeste di grandi dimensioni chiamato Theia. Nello scontro una parte superficiale della Terra si sarebbe staccato cominciando a ruotare on un’orbita vicino al pianeta da cui si è staccata.

Per meglio conoscere il nostro pianeta , negli anni 60 del secolo scorso, Americani e Russi intrapresero una sfida che portò i russi a fare i primi voli spaziali e gli Americani a portare l’uomo sulla Luna (1969). Nel 1972 fu effettuata l’ultima missione spaziale. Le conquiste tecniche e scientifiche di queste missioni hanno avuto un’enorme  ricaduta  sull’economia e sulla nostra vita quotidiana.

I movimenti della Luna sono tre: rotazione su se stessa (in 27 giorni e mezzo), rivoluzione attorno alla Terra (stessa durata) e traslazione (con la Terra attorno al Sole).

Alla fine della sua Lezione il dr. Cossi ci ha accennato  scioccanti ipotesi sull’evoluzione del sistema solare di cui ci parlerà in seguito: sarà bene non perdere le prossime lezioni.

Film: Una volta nella vita.

Chi legge questa mia pagina sa che non ho la pretesa di fare recensioni, ma solo di raccontare storie cinematografiche che mi hanno emozionato. Ieri su Rai Play ho visto appunto un film che  racconta una storia vera e che mi ha toccato profondamente. Forse il mio apprezzamento è dovuto al fatto che è ambientato in una scuola e a quel mondo io mi sento ancora molto legata.

Siamo in Francia e la prof. Gueguen che insegna storia, geografia e arte, si trova a dover affrontare una classe particolarmente difficile, composta da ragazzi (siamo in una scuola superiore) provenienti da famiglie disagiate. I primi approcci sono molto difficili: i ragazzi non si interessano affatto alle materie di studio, irridono i vari insegnanti che si alternano nelle ore di lezione, mancano loro di rispetto in mille modi e spesso la classe è turbata da episodi di aggressività e violenza.

La prof. Gueguen tenta un approccio diverso dal solito e propone un’attività complementare facoltativa: la partecipazione a un concorso sul tema della “Shoa”. I ragazzi devono fare delle ricerche e lavorare in gruppo. Inizialmente la proposta viene accolta con un po’ di diffidenza, poi via via l’interesse cresce e i ragazzi raccolgono foto, documenti giornalistici, testimonianze di sopravvissuti, visitano musei dedicati al tema della loro ricerca e leggono libri suggeriti dall’insegnante. I ragazzi lavorano di buona lena pertanto non ci sono più problemi di disciplina;  imparano a collaborare tra loro mettendo in comune il frutto del loro lavoro. Anche i più ribelli alla fine si uniscono ai compagni e danno il loro contributo.

Il finale si intuisce da subito: la classe vince il concorso e quei ragazzi, che costituivano un problema per la scuola e per la collettività e che sembravano non avere speranze di riscatto, riescono a conseguire il diploma e ad avere così una speranza di potersi inserire in modo costruttivo nella società. Quel concorso ha dato loro la possibilità “una volta nella vita” di emergere e di sentirsi vincenti.

Questo film mi ha fatto pensare a quanto sia importante il lavoro degli insegnanti e quanto sarebbero da gratificare e incoraggiare quelli tra loro che più si impegnano per dare ai ragazzi la possibilità di esprimere tutte le proprie potenzialità, nella consapevolezza che  ogni individuo ha dei talenti da valorizzare anche nelle condizioni più svantaggiate.

I ricordi più belli della mia vita da insegnante sono proprio legati ai ragazzi con maggiori problemi: quando ottieni qualche risultato insperato, provi la soddisfazione di essere stata utile e capisci il senso delle tue fatiche.

 

UTE: la donna nella Russia medioevale (Sintesi di A. D’Albis) – Il conflitto russo- ucraino (Sintesi di Diana)

La professoressa Chiesa introduce la sua lezione sulla condizione della donna nella Russia medioevale con un inquadramento storico della nazione Russia.

Ci dice che il termine “Rus” e di origine finnica e che significa “uomo venuto d’oltremare”. La Rus di Kiev, infatti, fu fondata da popolazioni scandinave. Fu soprattutto la famiglia Rurikidi che iniziò la sua dinastia nell’842 su un territorio, che fu successivamente chiamato “Rus’ di Kiev”, perché comprendeva una parte dell’attuale Ucraina e aveva come capitale Kiev. Successivamente, sotto il regno di Vladimiro I si ebbe l’unificazione dello Stato. Vladimiro salì al trono nell’988 e subito dopo si convertì al Cristianesimo ortodosso. La sua conversione fu dovuta alla necessità di mantenere buoni rapporti con l’impero bizantino ortodosso e il matrimonio con Anna, sorella dell’imperatore di quell’impero.

Vladimiro obbligò tutta la popolazione a convertirsi e quando morì, nel 1055, era già venerato come Santo, prima di essere canonizzato. Ora è venerato sia dalla chiesa ortodossa che da quella cattolica. Dopo Vladimiro I salì al trono suo figlio Jaroslav. Costui, a differenza del padre che era analfabeta, ebbe la possibilità di studiare e contribuì a sviluppare culturalmente la nazione, oltre a capire l’importanza di instaurare alleanze con gli stati europei attraverso un’accurata politica matrimoniale. Alla sua morte la “Rus’ di Kiev” cominciò a declinare e si alternarono periodi di instabilità ad altri un po’ più stabili, fino a giungere alla invasione dei tataro -mongoli che portò morte e distruzione in tutto il paese. 

Dopo questa introduzione, la professoressa ci descrive la condizione della donna in Russia partendo dalla preistoria. In questo periodo la popolazione era divisa in Clan. La donna, poiché madre, e quindi simbolo di fertilità, aveva un’alta considerazione sociale. Nonostante i matrimoni fossero stipulati per instaurare alleanze e non per amore, c’era parità tra i due sessi e la donna svolgeva un ruolo anche politico all’interno del suo villaggio. Inoltre, se anziana, diventava un punto di riferimento importante.

C’erano anche le donne “guaritrici”, che conoscevano gli effetti sulla salute delle erbe medicinali, ma che, oltre a curare il corpo, si interessavano anche del benessere dello spirito con preghiere e altre pratiche religiose. Esse curavano anche gli animali. Una nota negativa riguardava le vedove che, quando moriva il marito, venivano bruciate con lui.

In tutto il territorio della “Rus di Kiev” e per parecchi secoli, la condizione della donna era stata molto favorevole. Nella storia del Medioevo russo, dal X secolo al XIV secolo, l’attività sociale della donna invase l’attività maschile. Le donne potevano avere proprietà e gestirle, potevano aggregarsi alle attività dei mariti e, alla loro morte, divenirne titolari. Poi ci furono donne ambasciatrici o che governavano indipendentemente i loro principati.

Poiché il matrimonio era un contratto, esse erano libere anche sessualmente, quindi potevano avere amanti come i loro mariti. Alcune nobili donne capirono che per esercitare il potere bisognava essere istruiti e fondarono scuole per nobildonne. 

Con l’avvento del Cristianesimo, queste prerogative a favore delle donne andarono a poco a poco perse. Il matrimonio , da contratto stipulato tra i due sposi, divenne un affare della Chiesa. A poco a poco, nei vertici ecclesiastici, cominciò a serpeggiare una certa avversione verso la donna (MISOGINIA), che portò lentamente la donna a essere relegata al solo ruolo di moglie e di madre e a perdere tutti i suoi diritti. Con Ivan IV il Terribile, primo zar di Russia, le donne persero definitivamente tutti i diritti.

Sotto il suo regno venne scritto e divulgato il “Domostroj”, una specie di galateo che dava rigide regole di comportamento per dare alla società un modello patriarcale in cui la donna non aveva nessun diritto, era relegata in casa, sottomessa al marito e vittima di violenza.Solo nel XVI secolo, con il regno di Pietro il grande, le donne riconquistano valore. Infatti, nel 1724, Pietro il Grande associò Caterina, sua moglie, al trono, che diventò Zarina.Dopo Caterina, per 67 anni, si susseguirono sul trono della Russia altre Zarine (Anna; Elisabetta; Caterina II) Queste donne ribaltarono il ruolo della donna in Russia.

Durante l’Illuminismo vennero fondate parecchie scuole per donne. Con l’ascesa al trono di Alessandro II, si ebbe una regressione. Le donne russe riuscirono a raggiungere l’apice dell’istruzione con l’iscrizione all’Università, solo nel XIX secolo.

__________________________________________

Prima di affrontare il tema specifico della lezione, il prof. Cossi ritiene di dover fare un breve excursus sulla storia della Russia, richiamando, a grandi linee, la storia della Russia, partendo però da Pietro il Grande, lo zar che per primo cercò di dare un’identità al popolo russo. Infatti, dopo il suo viaggio in Europa (di cui abbiamo già parlato in precedenti sintesi) egli introdusse numerose riforme tendenti a limitare potere della Chiesa ortodossa, per questo arrivò a costringere gli uomini a tagliare  barba e baffi, cosa prima proibita per motivi religiosi. Dopo Pietro il Grande, come già detto, seguirono 67 anni in cui il potere fu detenuto da zarine; l’ultima e più importante di esse fu Caterina II, che spodestò il marito e forse lo fece uccidere; ebbe però il merito di accogliere le idee illuministe tranne quella della necessità di una Costituzione. Suo figlio, governò ben poco, ma cercò di cancellare tutte le riforme introdotte dalla madre, che odiava profondamente.

Nel 1801 salì al trono Alessandro I, che avrebbe voluto introdurre riforme per ammodernare lo Stato, ma temendo la reazione dei nobili non ne fece nulla, anzi instaurò un regime poliziesco.  Anche Nicola I, salito  al trono nel 1825, tentò di abolire la servitù della gleba, ma incontrò una forte opposizione dei proprietari terrieri. Anche in Russia arrivò lo spirito rivoluzionario che nel 1848 scosse tutte le capitali europee, ma ogni tentativo di protesta fu represso. Proibì gli studi umanistici e fece suo il motto: Ortodossia – Autocrazia – Popolo. Lo Zar doveva essere riverito e temuto come rappresentante di Dio sulla terra e come interprete della volontà del popolo. Contrappone all’Europa corrotta la “purezza” della Russia.

Qualche tempo dopo,  anche Dostoevskij viaggiando per l’Europa fu molto deluso nel constatare come gli Europei fossero senza ideali e rincorressero solo il denaro.

 

Parlare di guerra per parlare di pace…

Ieri sera al teatro Excelsior, Nello Scavo e Lucia Capuzzi, due giornalisti di “AVVENIRE”, ci hanno raccontato le loro esperienze nei paesi più tribolati del nostro mondo.

Nello Scavo ha raccontato, quasi con pudore, la crudeltà e le atrocità della guerra in Ucraina, dove si è recato di persona, e ci ha fatto veramente sentire l’assurdità di una guerra a cui ormai ci stiamo un po’ abituando e che stiamo vivendo a volte come un video-gioco davanti alla TV. Parlando poi di migrazione ha ben spiegato come dietro al traffico di esseri umani , si nascondano interessi molto ampi e complessi e come sia insensato negare i diritti essenziali a tanta parte di umanità: alla fine negare i diritti porta solo a creare ingiustizie che prima o poi presentano il conto. Scavo ha parlato anche della guerra dei Balcani, la sua prima missione (come free-lance, per dirla con un eufemismo di moda oggi, o come “spiantato, disoccupato della comunicazione” come ha detto lo stesso giornalista). E a questo proposito ha testimoniato come la pace in quelle zone, tra Kosovo e Serbia, sia fragile… La guerra ha  lasciato dietro di sé uno strascico di odio e rancore tale, che nemmeno trent’anni di “pace” (ma forse è più giusto dire armistizio lungo trent’anni) sono riusciti a far dimenticare e che si tramanda alle nuove generazioni come una tragica, feroce eredità.

Lucia Capuzzi, innamorata del Sud America, ma recentemente inviata in Afghanistan, ci ha parlato della lotta delle donne afghane, private ormai di ogni diritto, nel silenzio più totale dei media occidentali. La missione di portare la democrazia a suon di bombe è fallita, tanto vale lasciare quel disgraziato paese al suo destino e alla sua povertà disperante. Nelle strade del sud del paese si vedono solo uomini: le donne sono relegate in casa e non hanno diritto a uscire nemmeno accompagnate; a Kabul girano per le strade come fantasmi, avvolte nei burqa, ma non possono andare al parco e nemmeno possono accedere alle università. In Iran poi è in atto una repressione feroce contro le donne e contro tutti coloro che le sostengono. (Bene ha fatto Mattarella ieri a parlare con chiarezza all’ambasciatore iraniano). E cosa dire delle popolazioni indigene dell’Amazzonia che stanno lottando per la loro sopravvivenza contro la deforestazione portata avanti con insensata pervicacia da Bolsonaro?

Entrambi i due coraggiosi giornalisti, dopo aver raccontato tanti orrori, hanno anche raccontato episodi che autorizzano a nutrire la speranza: in mezzo anche alle situazioni più dolorose, ci sono sempre uomini e donne che continuano a lottare contro le violenze e a piantare semi di speranza: è questo che deve darci lo stimolo a essere anche noi, nel nostro piccolo, costruttori di pace.

P.S.: Grandi applausi hanno accompagnato gli interventi dei due coraggiosi  giornalisti, ma il più sentito, almeno da me, è stato quello indirizzato a Lucia Capuzzi quando Nello Scavo ci ha detto che lei, dopo essere stata fermata e imprigionata dai talebani, una volta liberata non è fuggita dal paese, ma è rimasta fino ad ottenere una lettera di scuse dal governatore locale. Dobbiamo essere molto grati a giornalisti dello stampo dei nostri due relatori, ci permettono di conoscere realtà lontane consentendoci di valutarle e di prendere posizione , schierandoci dalla parte della giustizia.

Dice Daniel Goleman…

Ho sentito parlare di Daniel Goleman dalla dr.ssa Lucia Todaro nella sua ultima lezione all’UTE e mi è venuta la curiosità di saperne di più.

E’ così che ho acquistato il libro “Lavorare con intelligenza emotiva” di cui riporto qui alcune righe:

La motivazione ad affermarsi e a lasciare il proprio segno nel mondo è più pressante quando abbiamo tra i 20 e i 50 anni.  Però intorno ai 45/50 anni la gente rivaluta i propri obiettivi …perché arriva una riconsiderazione di ciò che conta realmente nella vita. …. Raggiunta la mezza età, ci sono moltissimi alti dirigenti o avvocati (di successo ndr) che vorrebbero invece impegnarsi nel sociale o aprire un ristorante ….. o gestire una piccola azienda. Ma il loro vero lavoro li annoia.

Quando si comincia a pensare che buona parte della propria vita è ormai alle spalle, vale la pena davvero di riscoprire i veri valori della vita e cercare gratificazione nelle piccole cose di ogni giorno e  negli affetti delle persone care.

In altra parte del libro vengono illustrati i difetti più comuni tra i dirigenti di un certo livello e tra questi difetti c’è anche il bisogno di apparire perfetti, che porta a rifiutare ogni critica, anche quando questa è realistica e documentata e ad incolpare gli altri dei propri errori o fallimenti. Non deve essere facile dover collaborare con dirigenti di questo tipo: stress e frustrazioni sono inevitabili!!