Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si svegliava la mia fantasia.
nclino adesso all’autunno
dal colore chIe inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulla vigne saccheggiate.
Sole d’autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell’anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
sole che rivediamo,
col tuo giungere ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t’inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch’è tutta una dolcissima agonia.
(Da “Il sole a picco”, L’Italiano, Bologna 1929)
Forse è così per tutti: con l’avanzare dell’età non amiamo più gli eccessi dell’estate: il sole cocente, le giornate interminabili, la smania di andare via…
L’autunno meglio si adatta a quel velo di malinconia che si coglie negli occhi di chi non è più giovane e gode del dolce sole d’ottobre che riappare ogni mattina, come un miracolo che si ripete inaspettatamente.