Teatro per dare voce alle donne

Giovedì 16 maggio 2024, alle ore 15, presso la Sala Isacchi, verrà rappresentato uno spettacolo interpretato dalla compagnia teatrale dell’UTE.

Si tratta di cinque monologhi su tematiche che stanno a cuore alle donne. Sarà certamente molto interessante.

UTE: Storia dell’istruzione pubblica negli ex-comuni erbesi – Impressioni di viaggio: il Giappone.

Come è noto il Comune di Erba si è formato dalla fusione di sette antichi comuni: Erba, Arcellasco, Buccinigo, Cassina Mariaga, Crevenna, Incino, Parravicino.

Fino a non molto tempo fa, la maggior parte degli Italiani , e anche dei cittadini della nostra zona, era analfabeta e solo i più abbienti potevano avvalersi di insegnanti privati o di scuole private (già nel 1756 a Erba Alta c’erano due scuole private, frequentate dai figli delle famiglie benestanti del comune). Nelle parrocchie si insegnava il catechismo e qualche nozione per poter leggere.

Nel 1774, Maria Teresa D’Austria impone l’obbligo dell’istruzione pubblica con spese a carico dei Comuni (che però non avevano le risorse per attuare questa bella riforma).

Nel 1789, regnante Giuseppe II (figlio di Maria Teresa) viene aperta una scuola pubblica nell’attuale Villa Amalia, con disappunto dei religiosi proprietari del complesso architettonico.

Nel 1816, i comuni di Erba, Incino e Crevenna si consorziano per poter aprire una scuola pubblica dividendo così gli oneri che questa iniziativa comportava e l’insegnante accoglieva gli alunni in un locale della sua abitazione.

Nel 1821 Incino esce dal Consorzio e apre una scuola pubblica in via Carpani. Soltanto nel 1840 si cominciò a parlare di scuole femminili, ma i comuni obiettavano che le bambine dovevano lavorare nelle filande e non avrebbero frequentato la scuola.

Nel 1859 con la Legge casati venne sancito l’obbligo scolastico per bambini e bambine per almeno due anni e furono previste scuole serali per gli adulti. Nel 1864 a Erba e Incino venne aperta la prima scuola pubblica femminile che ottenne ottimi risultati (gli insegnanti lavoravano gratuitamente).

Nel 1877 con la Legge Coppino l’obbligo scolastico si estese a tre anni e i maestri vennero assunti tramite concorso.

Nel 1889 entrò in funzione il nuovo edificio scolastico di Via Como ed era già funzionante una scuola privata tenuta da M° Angelo Bassi, che fu anche sindaco di Erba durante la 1^ Guerra Mondiale.

Con la Legge Orlando del 1904, l’obbligo scolastico fu esteso a cinque anni.

La scuola privata di S. Vincenzo, presso cui funzionava anche un asilo infantile, ebbe il suo primo edificio nel 1934 .

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Il prof. Creuso , che è sempre portatore di sorprese e novità, ha portato con sé Galimberti, un giovane musicista -filosofo reduce da un interessante viaggio in Giappone, che ci ha raccontato ciò che lo ha colpito e interessato maggiormente.

Si era ripromesso di studiare i grandi tamburi giapponesi (TAICO), mentre la sua compagna poneva la sua attenzione sulle usanze del luogo. I TAICO sono presenti nei templi buddisti e shintoisti. Questi ultimi sono sempre costruiti in legno ai margini dei boschi, nascosti nella natura, e sono di piccole dimensioni; l’ingresso è segnato da un portale. Nella costruzione non vengono usati chiodi, ma ogni pezzo è magistralmente fissato ad incastro. Nello Shintoismo non ci sono libri sacri, ma solo riti tramandati di generazione in generazione. Sull’isola di Sado, meta del nostro relatore, esistono riti particolari, e diversi da villaggio a villaggio, di purificazione delle case, basati sulla danza che si protrae dal mattino fino alla sera. L’isola è anche patria del teatro NO.

I Giapponesi provengono dalla Corea e utilizzano ideogrammi cinesi, ormai in disuso in Cina, ma hanno anche due alfabeti sillabici.

Il dr. Creuso e il giovane Galimberti hanno poi concluso la loro lezione con una apprezzatissima esibizione musicale per pianoforte e flauto traverso.

E’ stato un bel pomeriggio, come solo l’UTE sa regalare.

UTE: Fisica – Economia sociale e solidale

Purtroppo in questo periodo dell’anno si accumulano molti impegni e non ho avuto sempre il tempo di aggiornare il diario delle lezioni
dell’UTE . Cerco di rimediare.

Fisica : Di che cosa siamo fatti? (prof Galoppo)

Siamo composti dagli elementi materiali di cui è composto il nostro pianeta. Conosciamo la materia: essa è composta di atomi, come aveva intuito già il filosofo greco Democrito, contraddetto poi da Aristotele le cui teorie furono accettate e seguite fino al 1600 (Boyle). Solo però all’inizio del XX secolo fu confermata l’esistenza degli atomi da Einstein, che definì anche lìenergia con la formula: E= m(c al quadrato).

Ma a questo punto ci si può chiedere: cosa è l’energia? La risposta è: non lo sappiamo. Sappiamo usare l’energia, ma non sappiamo cosa sia. La sua quantità nell’Universo è costante.

Siamo in definitiva fatti di materia ed energia; la maggior parte (95%) dell’universo è costituito da materia oscura ed energia oscura che noi non riusciamo a vedere.

Riflessione mia: ogni conquista della scienza spalanca nuovi e sempre più ampi orizzonti di ricerca.

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Economia sociale e solidale (prof.ssa Russo)

L’economia sociale e solidale mira al benessere comune e non individuale.

Attualmente il mondo economico si basa sulla ricerca di sempre maggiori guadagni, ma dopo la “Rerum Novarum” di Leone XIII, erano sorte delle banche di credito cooperativo basate su principi solidaristici, ma col tempo si sono dovute adeguare alle leggi del mercato o sono scomparse. Di recente è nata la BANCA ETICA che si fonda su questi principi: nessun investimento nelle armi o in attività che sfruttano i lavoratori o che inquinano. Presta soldi anche a chi non ha garanzie, ma presenta buoni progetti.

“Le industrie delle armi – diceva Eisenhower – hanno bisogno di guerre” e Papa Francesco ha rifiutato milione di euro offerti da “Leonardo (ex-Finmeccanica) che produce notoriamente armi.

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative che mirano a invertire la rotta della speculazione economica a scapito dei diritti umani e dell’equilibrio ecologico: anche ognuno di noi può fare molto se tiene sempre presente che “ogni acquisto è un atto morale” , pertanto abbiamo il dovere di informarci da dove viene ciò che compriamo e come è stato prodotto.

Ute: insieme è meglio!!!

Ieri, noi dell’UTE di Erba siamo andati in un angolo del nostro territorio forse sconosciuto ai molti. Siamo infatti andati alla chiesetta dedicata a S. Adriano in Olgelasca. E’ situata ai margini del bosco, immersa nel verde e raggiungibile soltanto percorrendo un sentiero sterrato che solo gli abitanti del borgo possono conoscere.

E’ un oratorio le cui origini si perdono nel tempo e che è stato pertanto soggetto a molte ristrutturazioni; è accertato comunque che nei secoli XI e XII ha subito delle trasformazioni volute dalle monache benedettine che ne erano proprietarie in quel periodo. E’ ipotizzabile che in origine fosse un tempio pagano, dato che solitamente i luoghi di culto precristiani venivano costruiti lontano dai luoghi abitati.

Le sue mura sono state edificate utilizzando pietre e sassi; all’interno si trovano dei pregevoli affreschi, che, purtroppo , sono stati in parte “divorati” dall’umidità. Sono ancora in buono stato le pitture dell’abside che rappresentano alcuni episodi della vita di S. Adriano, ma non manca il ricordo di S. Rocco e S. Bernardino, santi questi ultimi molto venerati nella nostra zona..

Come accade in queste circostanze, a farci da guida erano due ragazze preparatissime dell’Istituto Romagnosi per il turismo, accompagnate da due docenti. Si sono uniti a noi, come accade già da alcuni anni, gli ospiti di Casa Prina affetti da Alzheimer.

E’ ormai nella tradizione dell’UTE l’attenzione alle esigenze del nostro territorio ed è con questo spirito che i soci UTE, unitamente agli anziani della RSA, possono trovare occasioni per conoscere meglio i tesori della nostra zona, offrendo nel contempo ai ragazzi del Romagnosi un’opportunità di misurarsi in un campo che potrebbe diventare il loro lavoro del futuro.

Un grazie sentito all’UTE e al suo gruppo dirigente.

A S. Martino, Borghetto e Parco Sigurtà.

Oggi, con l’UTE, siamo andati a visitare la torre dedicata a Vittorio Emanuele II a San Martino, dove si è svolta la sanguinosa battaglia che ha deciso le sorti della Seconda guerra di Indipendenza.

Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano vittoriosi a Milano

E’ un monumento voluto per ricordare quegli eventi storici di quasi due secoli fa: all’ingresso si trova un maestoso monumento al re Vittorio Emanuele e un museo ricco di cimeli e di armi dell’epoca. La guida mi ha anche sciolto un enigma: come mai, mi sono chiesta molte volte, i soldati di quei tempi indossavano divise tanto sgargianti, mentre ora, è risaputo , i militari cercano di mimetizzarsi il più possibile nell’ambiente? La risposta è semplice e logica: le armi di quei tempi, e soprattutto i cannoni, producevano molto fumo ad ogni colpo e i colori delle divise servivano ai generali che seguivano la battaglia da lontano a distinguere i propri soldati dai nemici e a decidere così i movimenti delle proprie truppe.

Distribuiti sui sette piani della torre, si possono ammirare gli affreschi che rappresentano le tappe dell’unità d’Italia. Dalla I Guerra di Indipendenza alla Breccia di Porta Pia.

Poco distante da questo monumento è possibile visitare una chiesetta che contiene le ossa dei soldati caduti in quella terribile battaglia. Essi erano stati sepolti in fosse comuni, che, dopo dieci anni, furono riaperte e le ossa recuperate trovarono una collocazione dignitosa nell’ossario che occupa la parete dell’abside. Uscendo dal paese di S. Martino, tutti ci chiedevamo come sia possibile ancora oggi, dopo tanti lutti e distruzioni, poter anche solo ipotizzare l’eventualità di una guerra … eppure ne abbiamo due propio alle porte di casa nostra…che tragica follia!!!

Il pranzo nel delizioso paese di Borghetto ci ha un po’ risollevato il morale e ci ha consentito di affrontare con il giusto spirito di curiosità e di ammirazione la visita al parco Sigurtà a bordo di piccole vetture che ci hanno consentito di percorrere in lungo e in largo il parco, ammirando la grande varietà dei fiori e delle piante, la vastità di prati che paiono fatti di velluto e i tanti animali che vi sono ospitati.

E’ stata una giornata da ricordare per le cose belle e interessanti che abbiamo potuto ammirare e per la compagnia piacevole degli amici dell’UTE.

E se volete saperne di più sul fondatore del Parco Sigurtà, cliccate QUI

A Lezzeno.

Oggi, con i bambini che si preparano alla 1^ Comunione, siamo andati a Lezzeno al Santuario della Madonna delle Lacrime.

Il pullman ci ha portato fino alla stazione di Bellano, sulla sponda sinistra del Lario (ramo di Lecco) e poi, percorrendo una ripida mulattiera, siamo arrivati in tre tappe alla nostra meta. Il santuario sorge nel luogo in cui un contadino, nel 1688, avrebbe visto lacrimare una piccola immagine della Madonna. La chiesa ha le pareti tappezzate di “Per grazia ricevuta” a testimoniare la fede e la religiosità che da quasi quattro secoli ha attirato tanti fedeli in questo luogo.

Dal sagrato della chiesa si può ammirare una vista bellissima: il lago tranquillo solcato dalle bianche vele di alcune imbarcazioni, di fronte i monti del Triangolo Lariano e in lontananza, verso nord, le cime imbiancate delle Alpi.

Attorno c’è un piccolo parco-giardino e sul retro un grande prato attrezzato con giochi per i bambini.

Ragazzi e genitori hanno seguito con viva partecipazione le preghiere e le riflessioni proposte da don Claudio, poi si sono scatenati nei giochi. La giornata era nuvolosa al mattino, poi via via il cielo si è un po’ schiarito, allontanando definitivamente il temuto pericolo di pioggia, che ci aveva tenuto col fiato sospeso nei giorni precedenti.

Vale senz’altro la pena di vedere questo piccolo e forse poco conosciuto angolo di Lombardia, ma consiglio la mulattiera a chi è giovane e ben allenato a camminare, per tutti gli altri è preferibile arrivarci in auto: ci sono alcuni tornanti piuttosto impegnativi, ma la strada è ben asfaltata e le auto procedono con prudenza.

Film: Bread and roses (K. Loach)

Ieri, 1° maggio, su La7 ho visto il film “Bread and roses” di Ken Loach. Credo che sia stato un modo giusto di celebrare la festa dei lavoratori, ricordando quelli che ancora oggi (il film è di 24 anni fa) vengono sfruttati senza pietà perché sono i più indifesi. La protagonista è una giovane donna messicana, Maya, che raggiunge la sorella Rose a Los Angeles dopo essere entrata clandestinamente e in modo molto pericoloso negli Stati Uniti, sfuggendo anche alle grinfie di uno dei tanti trafficanti di esseri umani.

Grazie alla sorella, ottiene un posto in un’ impresa di pulizie e lì conosce un sindacalista, che vuole organizzare delle manifestazioni per rivendicare migliori condizioni di lavoro e di vita (non solo “pane”, ma anche le “rose”, cioè paghe decenti e assistenza sanitaria).

Maya partecipa attivamente all’organizzazione delle manifestazioni, che vedono invece la maggior parte dei suoi compagni molto restia ad aderire alla lotta per paura di perdere anche quel misero posto di lavoro che pure consente loro di sopravvivere.

Anche Rose è contraria a queste rivendicazioni: ha un marito malato e non può permettersi di perdere il lavoro, anzi in cambio di una piccola promozione tradisce i suoi compagni e fa arrestare il sindacalista e chi lo ha assecondato, ivi compresa Maya: lo scontro fra le due sorelle è inevitabile ed è così che Maya viene a conoscenza delle violenze e delle sofferenze a cui si è sottoposta Rose, anche quando era ancora una ragazzina, per aiutare lei e il resto della famiglia

Le manifestazioni raggiungono il loro scopo e i lavoratori ottengono i miglioramenti richiesti, ma Maya, senza documenti e colpevole di alcuni furti (compiuti per aiutare un amico a pagare la tassa universitaria) viene espulsa, ma alla partenza viene salutata da tutti i compagni di lavoro e anche dalla sorella, che non ha mai smesso di volerle bene.

E’ un film che dipinge una realtà cruda senza concedere nulla ai sentimentalismi e allo spettacolo e in cui le persone vengono rappresentate in tutta la loro umanità e autenticità.

1° Maggio.

Festa triste per troppe madri che hanno visto i loro figli uscire di casa per andare al lavoro e non sono più tornati .

Li hanno rivisti dentro una bara, immolati sull’altare del profitto, che non tiene conto delle vite di chi cerca solo dignità e rispetto.