Il prof. Emilio Galli ci sta proponendo un ciclo di lezioni che riguardano i rapporti politici dell’Italia con l’Africa, con una breve deviazione nella letteratura.
Oggi ci ha parlato delle guerre coloniali volute dal regime fascista per occupare la Libia, operazione militare che si concluse nel 1931 con la conseguente impiccagione del capo dei ribelli Omar Al Mukhtar. Iniziò in seguito una politica di occupazione basata sulla costruzione di villaggi abitati da coloni italiani.
Nel 1934, dopo aver instaurato buoni rapporti con Francia e Inghilterra, Mussolini si preparava ad attaccare l’Etiopia, che aveva un glorioso secolare passato di monarchia indipendente e poteva vantare una buona organizzazione amministrativa, e un esercito regolare di tutto rispetto e un abile sovrano (il Negus Hailé Selassié). Nel mese di dicembre ordinò di procedere all’attacco. Le forze militari italiane erano molto più numerose e meglio armate rispetto all’esercito etiope, ciononostante, dopo i primi successi, le conquiste si arenarono e, per sbloccare la situazione Mussolini sostituì il generale De Bono con Badoglio che fu autorizzato ad usare gas soffocanti, vescicanti, tossici anche sui villaggi abitati da civili e furono compiute atrocità e massacri a lungo taciuti. Il 5 maggio 1936 Badoglio entrò ad Addis Abeba, mentre il Negus fuggiva.
Allo scoppio della II Guerra Mondiale, le truppe italiane in Libia attaccarono l’Egitto, ma con scarso successo fino a quando arrivò Rommel; nel 1942 però le truppe italiane e quelle di Rommel furono sconfitte nella battaglia di El Alamein e nel 1943 la Libia non fu più colonia italiana.
Alla fine della guerra, la Repubblica Italiana ripudiò le guerre coloniali e diede il via a un’azione di propaganda che dipingeva un quadro edulcorato di quel periodo storico sotto lo slogan “italiani, brava gente” , idea che solo negli ultimi tempi gli storici hanno confutato portando alla luce le atrocità commesse dai soldati italiani in terra d’Africa.
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SUONO, SILENZIO, VITA – Oggi una variazione di programma ci ha consentito di assistere a una lezione tanto insolita quanto inaspettata. Il prof. Marco Colombo ci ha innanzitutto spiegato la differenza tra suono, che produce una sensazione piacevole, e rumore (che produce una sensazione sgradevole e fastidiosa). E’ seguita la descrizione delle caratteristiche dei due fenomeni e quindi si è parlato di silenzio, inteso non solo come assenza di suoni e rumori, ma come silenzio consapevole che può avere valenza terapeutica. La consapevolezza è lo stato mentale vigile che consente di “osservare” le nostre esperienze nel presente, momento per momento: vivere rievocando il passato o anticipando il futuro può portare solo angoscia.
E’ seguito un momento abbastanza prolungato di “pratica respiratoria”: ad occhi chiusi e nel silenzio più assoluto i presenti sono stati invitati a sperimentare un metodo di respirazione corretta, tramite il diaframma.
Davvero una lezione insolita, ma interessante.