E’ un vecchio film interpretato da un giovane Antony Quinn e da una giovanissima Virna Lisi (bellissima anche senza un filo di trucco).
Narra le vicende di un contadino rumeno che viene internato in un lager perché ritenuto ebreo; lui protesta di non sapere delle sue origini ebree, ma non viene ascoltato. Dopo varie peripezie, uno pseudo-scienziato tedesco, esaminando i suoi tratti somatici, lo ritiene invece il tipo che rappresenta al meglio la “razza ariana” e allora lo arruolano nella Gestapo e la sua immagine campeggia su ogni giornale e su ogni rivista pubblicati in Germania e nei territori occupati. Per questo quando la guerra finisce, viene processato dal tribunale di Norimberga dove risulta evidente che non può essere che una vittima di eventi più grandi di lui.
Come detto, il film è vecchio, ma afferma una tesi valida da sempre per tutte le guerre che siano state combattute nella storia dell’umanità: i poveri, gli umili, subiscono le conseguenze di eventi che non hanno voluto e che spesso non riescono a capire; sono le vittime innocenti di giochi di potere decisi nelle stanze dei bottoni senza tener conto del prezzo di tali mosse in vite umane e in sofferenze; da qualunque parte essi si trovino (vincitori o vinti) sono sempre povere marionette manovrate da mani che restano candide pur grondando sangue.