Ecco un altro racconto che fa parte del libro pubblicato per il 30° anniversario dell’UTE.
MIO PADRE: ricordi di guerra e di prigionia (Giorgio Tagliabue)
Antonio Carlo Tagliabue, detto Carlo, è nato a Parravicino d’Erba il 21 luglio1910 ed è deceduto a Erba il 6 luglio 1997 a 87 anni. Ha sempre avuto la residenza ad Albavilla.
Dal 3 settembre 1941, fu inviato sul fronte russo come sergente del 2° Reggimento di Artiglieria Alpina (Tridentina).
Faceva parte del gruppo “Valcamonica” specializzato nelle trasmissioni che si era stabilito nella postazione “Antelao” sul fiume Don.
Durante la ritirata, il 26 gennaio 1943 partecipò alla battaglia di Nikolajewka, ma riuscì a rientrare in Italia. Aveva i piedi congelati e fu ricoverato a Lecco il 15 Aprile del 1943. Richiamato in caserma a Vipiteno, l’8 settembre del 1943 fu catturato dai tedeschi con gli altri commilitoni; caricato su un vagone bestiame fu deportato nella Polonia del nord, vicino al confine russo, nel campo di lavoro e prigionia di Stablak , dopo essere passato per Innsbruck e Königsberg .
Essendo falegname, veniva destinato alla fabbricazione di baracche di le- gno tra patimenti indescrivibili per la fame, il freddo e i soprusi. Mio pa- dre, per vincere i morsi della fame, andava a ricercare le bucce delle patate buttate tra i rifiuti dai tedeschi; un suo amico, per tale “furto”, fu inseguito da un soldato tedesco che lo colpì alla schiena col moschetto con tanta violenza che il poveretto rimase invalido per il resto della sua vita. All’a- vanzata dei Russi, i prigionieri furono mandati al fronte a scavare trincee con pericolo di essere colpiti sia dai russi che dai tedeschi.
Un giorno, mio padre e i suoi compagni di prigionia si erano rifugiati tra i ruderi di un cascinale distrutto, quando sentirono parlare in russo. Allora cominciarono a gridare per farsi riconoscere come italiani e si sentirono rispondere : “Talianski carascov” (italiani amici). Il comandante del drap- pello russo aprì il giubbotto: era una donna e offrì a mio padre e agli altri una bottiglia di vodka che sorseggiarono tra lacrime di gioia.
In seguito fu portato con tutti gli altri internati della zona a Gumbinnen (ora Gusef – Russia), dove era stato organizzato un centro di raccolta di tutti i prigionieri liberati per programmarne il rientro in patria. Lì mio pa- dre ritrovò i commilitoni che provenivano dalla nostra zona e tra questi c’era Armando Nava, il quale in seguito scrisse il libro “Jesau 1943-1945” in cui raccontò quei duri anni di prigionia.
Da Gumbinnen, dopo tante peripezie, rientrò a casa, tra gli ultimi reduci, il 12 ottobre1945. A Carcano, frazione di Albavilla, lo avevano già dato per disper- so ed era già stata celebrata una messa in suo ricordo, ma quel giorno arrivò, a piedi vicino a casa, un poveretto malconcio che cercò di abbracciare mio
fratello Dante, ma questi, spaventato non riconoscendo il padre, raccolse dei sassi e glieli tirò addosso. Era finalmente a casa!!!
Da quel momento ricominciò a vivere una vita fatta di lavoro e di felicità per gli affetti e la libertà ritrovati. Ogni volta che sentiva il valzer “Il bel Danubio blu” gli tornava alla mente di aver intravisto con angoscia quel grande fiume dallo spioncino del carro bestiame che lo aveva portato verso una destinazione ignota come “schiavo di Hitler”
Tutti gli anni ad Asso si ritrovavano i reduci dal campo di Gumbinnen per ricordare le sofferenze del passato e per celebrare una messa a suffragio di quelli che non hanno fatto ritorno. Io ricordo che mio padre mi portava spesso con sé, quando ero bambino, per andare a visitare quel suo compagno di prigionia rimasto invalido per aver rubato una buccia di patata.