Di Alessandro D’Avenia avevo già letto “Ciò che inferno non è”, storia di un ragazzo che vede le sue prospettive di vita cambiare dopo l’incontro con Don Puglisi.
Ora ho letto quello che a quanto apre dovrebbe essere il suo libro più famoso: “Bianca come il latte, rossa come il sangue”.
E’ la storia, scritta in prima persona, da un sedicenne che, come tutti a quell’età, ritiene la scuola un inutile e fastidioso perditempo, visto che le cose che più gli interessano sono altre: la musica, il calcio , le amicizie, le ragazze…. Proprio tra queste , ce n’è una che lo interessa in modo particolare: è Beatrice . Ha i capelli rossi , gli occhi verdi e modi di fare dolcissimi. Leo non l’ha mai avvicinata, ma le manda tanti sms , che però non ricevono risposta, per farle capire quanto l’ammiri.
Un giorno però Beatrice non c’è davanti alla scuola: deve combattere una grave malattia che la porterà alla morte. Leo, il protagonista non riesce ad accettare questa realtà troppo atroce, ma verrà aiutato dalla sua amica Silvia, che lo ama in silenzio e che cerca di sostenerlo in ogni occasione, da un professore di filosofia , che ama il suo mestiere e che fa amare la sua materia anche ai ragazzi , e dai suoi genitori, dei quali riesce a sentire finalmente la capacità di stargli vicino e di comprenderlo.
La lettura è facile e piacevole e per questo penso che andrebbe letto sia dai ragazzi, che potrebbero riconoscersi in tante pagine, sia dai genitori, che potrebbero , attraverso le vicende di Leo, capire meglio l’irrequietezza e le stramberie proprie degli adolescenti.
Solo un autore ancora giovane poteva scrivere una storia come questa, potendo ricordare bene le turbolenze della propria adolescenza, anche se a tratti c’è forse un eccesso di enfasi …che però è conciliabile con gli sbalzi d’umore propri dei teen-agers.