La “macchina del tempo” mi ha proiettato alla metà degli anni 50 o giù di lì….
Non c’ erano frigoriferi e la gente comprava giorno per giorno quel poco che non poteva produrre da sé e, per venire incontro alle necessità di quelli che abitavano lontano dalla piazza del paese, dove erano concentrati i negozi, certi commercianti facevano servizio a domicilio.
Così al mattino arrivava il fornaio a portare il pane ancora caldo, mentre la sera arrivava la lattaia coi suoi bidoni appesi alla bici e con i misurini da un litro, mezzo litro e un decilitro. Portava con sé anche le notizie del paese, che elargiva con generosità, mentre versava il prezioso alimento. Le massaie si affacciavano con la loro pentola sull’ uscio di casa, ascoltavano curiose le chiacchiere della lattaia e subito dopo mettevano il latte a bollire per impedirgli di inacidire durante la notte .
Credo che invece passasse una volta sola a settimana il pizzicagnolo, detto Sardèla per il fatto che tra salumi, formaggi, tonno in scatola.. vendeva anche le sardine sotto sale, il cui odore sovrastava quello di tutti gli altri alimenti. Costui era un tipo asciutto, coi baffetti brizzolati e i capelli ricci lucenti di brillantina. A volte era accompagnato dalla moglie, una signora sorridente che mi colpiva per i suoi capelli biondi. Tutte le donne bionde allora mi sembravano molto belle… Anche il pescatore passava solo di venerdì …. non so da dove venisse e come potesse mantenere fresca la sua merce…
Molto più raramente passavano invece i “negozi viaggianti” dei venditori di stoffe. Quello che ricordo meglio era piuttosto basso di statura, ma di corporatura robusta; aveva il viso tondo e colorito e il mento quasi spaccato in due da una fossetta profondissima. Aveva una gran facilità di parola e sapeva ben magnificare la sua merce per convincere le donne ad acquistarla. Ricordo come stropicciava o lasciava palpare la stoffa che stava vendendo per evidenziarne la qualità. Io però rimanevo più affascinata dal suo furgone che nei miei ricordi mi appare molto simile, nella parte anteriore, a una “balilla” . Era raro allora vedere delle automobili e quel grosso mezzo rumoroso e fumante, che appariva e scompariva accompagnato da nuvole di polvere, colpiva la mia fantasia.
C’ era anche lo stagnaro che passava ogni tanto per riparare le pentole e c’era l’ arrotino che affilava i coltelli e le forbici; c’ era chi passava a raccogliere i rottami di ferro o gli stracci o addirittura gli ossi dei maiali appena macellati perchè allora la gente poteva permettersi poche cose, ma ne sapeva apprezzare il valore e aveva ben radicato il senso del riutilizzo di ogni minima risorsa.
Mia cugina Lia ha commentato:
Ciao, Diana. Anche per le strade del paese passavano quasi tutti questi ambulanti con le loro grida e le loro cantilene per richiamare le donne che dovevano fare la spesa o avevano bisogno di servizi, come potevano offrire l’arrotino ( a ghè al mulèta..) o lo straccivendolo (… dòne, a ghè al strasèr.. A ghiv di stras, di òs, dal fèr, di cavíi…=capelli), o l’ombrellaio…Quelle loro cantilene, che a volte mi svegliavano la mattina presto (la pescivendola, la venditrice di mele…) mi risuonano ancora in testa. Tempi duri ma indimenticabili.