Come era prevedibile, anche la lezione odierna sulla “Dama con ermellino” di Leonardo, tenuta dalla prof. Manuela Beretta, ha attirato un pubblico numerosissimo: c’era gente anche in piedi in fondo alla sala.
Tutti hanno ascoltato in religioso silenzio la nostra bravissima docente che parlava del capolavoro di Leonardo, che ha rivoluzionato la ritrattistica: da sempre i personaggi importanti che chiedevano di essere ritratti, venivano rappresentati di profilo, in posizione statica come esseri estranei e superiori alla quotidianità. La “Dama con l’ermellino” scardina tutta la tradizione precedente: il corpo della donna rivolto verso destra (di chi guarda) e il viso a sinistra, danno l’idea del movimento; vengono dipinte, come mai prima d’allora in un ritratto, le mani in posizione espressiva; anche la rappresentazione di un animale insieme al soggetto del quadro è cosa nuova per quei tempi.
Perchè Leonardo ha scelto proprio un ermellino?
L’ermellino con la sua pelliccia bianca è simbolo di purezza e lo si riteneva tanto geloso del suo candore da preferire di essere catturato piuttosto che rifugiarsi in una tana polverosa o fangosa. C’è anche da notare che Ludovico il Moro, committente del quadro e amante della donna ritratta, la sedicenne Cecilia Galerani, era stato da poco insignito dell’ordine dell’ermellino e inoltre in greco questo animale viene chiamato “GALE” che richiama bene il cognome della modella, Galerani.
Ma chi era Cecilia Galerani? Veniva da una famiglia toscana che aveva trovato l’agiatezza a Milano, ma la morte prematura del padre di Cecilia, fece piombare la famiglia in miseria. Lei però era stata portata a corte da Ludovico e lì rimase fino a che dopo qualche anno la ragazza rimase incinta e ne fu allontanata.
Nel quadro Cecilia ha vestiti e acconciatura secondo la moda spagnola del tempo; da notare le maniche intercambiabili (da cui il detto “è un altro paio di maniche”). La “Dama con ermellino” si trova ora a Cracovia.
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Don Ivano Colombo ha continuato a parlarci delle opere giovanili di Manzoni; in particolare oggi ci ha parlato degli “Inni Sacri”. Il poeta e romanziere milanese aveva progettato di scrivere 12 inni per celebrare in poesia le maggiori feste e i più profondi misteri della religione cristiana. Ne scrisse invece solo cinque: forse aveva perso l’ispirazione o non credeva più nella validità del suo progetto…
In queste opere in versi, Manzoni esprime una religiosità ancora immatura, ma vi si avverte l’inizio di un cammino che troverà la sua più completa espressione nel suo romanzo “I Promessi Sposi”.