All’UTE don Ivano parla spesso di Ignazio Silone e questo mi ha spinto a prendere dalla libreria di casa: VINO E PANE. Credevo di averlo già letto, ma non era così.
Alcuni amici gli procurano documenti falsi e abiti da prete; per tutti, alla locanda dove alloggia, è don Paolo e sotto queste vesti si guadagna l’affetto e la stima degli abitanti del paese. Riesce ad allacciare a un certo punto i rapporti coi compagni di partito che lavorano nell’ombra per la futura rivoluzione comunista che dovrà liberare il paese dalla dittatura e dalla miseria che opprime la popolazione. Si scontra però con una realtà che lo turba:
.-la gente pare accettare acriticamente la dittatura ed è favorevole anche alla guerra coloniale, perché plagiata dalla propaganda che fa credere che essa sia un’occasione per migliorare le proprie condizioni di vita attraverso la spogliazione delle terre da conquistare ” Forse solo gli inglesi hanno diritto di rubare?” dice il cocchiere a don Paolo;
-i suoi compagni di partito sono appiattiti su posizioni politiche imposte dall’alto e don Paolo avverte che in questo non c’è molta differenza con il servilismo imposto dal fascismo;
– il compagno Uliva esprime il pensiero di Silone (prima comunista e poi radiato dal partito) quando dice che l’eventuale progresso derivante da una rivoluzione dovrà inevitabilmente servirsi di un “punto d’appoggio a una dottrina ufficiale obbligatoria, a una ortodossia totalitaria che si servirà di tutti i mezzi, dal cinema al terrore, per distruggere ogni eresia……All’attuale inquisizione nera succederà un’ inquisizione rossa…….. perchè tutte le rivoluzioni….sono cominciate come movimenti di liberazione e finite come tirannie?”….
Nel romanzo spicca poi una figura che direttamente compare pochissimo nelle varie vicende narrate, ma che si avverte come presenza costante: è quella del vecchio professore di Pietro, don Benedetto, un prete tenuto ai margini per la sua avversione al regime. E’ lui che da lontano segue le vicende dell’antico allievo prediletto, che, con la sua lotta contro il totalitarismo becero, secondo don Benedetto è più vicino a Dio di quanto lui stesso non possa immaginare.
C’ è poi una scena impressionante: il padre di Murica, un ragazzo morto sotto tortura, facendone l’elogio funebre, distribuisce ai presenti il vino e il pane che sono il frutto del lavoro del figlio e pronuncia le parole della messa….prendete e mangiate …prendete e bevete …. ma non suonano come blasfeme, perchè anche Murica, come Gesù ha dato la sua vita per gli altri…
Ci sarebbero molte altre cose da dire, altri personaggi da considerare, ma non voglio dilungarmi troppo. Una cosa però devo sottolineare: il titolo VINO E PANE richiama la simbologia cristiana, ma anche la consuetudine, nelle classi povere del nostro paese di qualche decennio fa, di offrire agli ospiti il vino e il pane, non avendo altro. Nel libro viene poi spesso raccontato come i protagonisti siano soliti inzuppare il pane nel vino ed è una cosa che ricordo anch’io; a volte anche nella minestra in brodo gli uomini versavano mezzo bicchiere di vino: era forse un modo per arricchire un po’ i loro piatti sempre troppo poveri.