Ute: Dante e l’ideale dell’Impero. (Sintesi di A. D’Albis)

In questa lezione, Don Ivano ha esaminato il terzo aspetto della vicenda di Dante, la sua idea di Impero, non di Europa, che ha analizzato sempre sotto il profilo storico. L’idea di Impero di Dante non coincide con il nostro concetto di repubblica. Essa si basa sul sistema dell’Impero Romano, che era prettamente militare, arricchito, durante il Medioevo, da un elemento unificante che è la religione, l’appartenenza alla fede e alla Chiesa cattolica. Ai tempi di Dante, questa idea di Impero era di fatto già superata, perché il suo ultimo erede, Federico II, sovrano già avanti nei tempi, aveva dimostrato di essere lui superiore alla Chiesa. Infatti, politica e religione o vanno d’accordo, oppure, se sono in contrasto, portano inevitabilmente al conflitto. Sotto i regni di Federico I e, soprattutto, di Federico II, l’Impero supera la Chiesa e avviene il cambiamento. Dante non si rende conto di questo cambiamento al quale sta assistendo e vuole resuscitare uno schema di impero e di politica che non esisteva già più. Dante resuscita la struttura del vecchio Impero nella sua opera in latino “De Monarchia”.

In quest’opera ribadisce che la struttura dell’Impero è necessaria come garanzia di unità e vede nell’imperatore Arrigo (Enrico) VII la persona che potrebbe incarnare quella struttura. I tempi, però, stanno cambiando! Il Papa Bonifacio VIII concede l’indulgenza dell’anno 1300, perché spinto dalla volontà popolare dei pellegrini che, giungendo a Roma in massa, richiedevano a gran voce un giubileo emanato dalla politica. Apparentemente sembra che il Papa conceda qualcosa al popolo, in effetti è il popolo che pretende qualcosa dal Papa. Dante si rende conto che la sua costruzione di Impero è solo un’utopia; la breve avventura di Enrico VII finisce con la sua morte. A Dante non rimane che esaltare la sua idea di Impero nel poema e precisamente nel VI canto del Paradiso. In questo canto celebra la figura di Giustiniano, l’imperatore che raccoglie l’eredità dell’Imperatore Augusto.

Quest’ultimo era riuscito a mantenere la pace e l’unità nella diversità dei vari regni, durante il suo potere. Inoltre, Giustiniano unisce alla grandezza di Augusto anche la fede cristiana. In conclusione, il problema che pone Dante di armonizzare particolarismi e pluralità è positivo, ma ha tanti limiti. E’ quello che stiamo facendo noi, a fatica, con la nostra ricerca di unità europea. E’ escluso, però, che Dante abbia avuto un’idea “europeistica” che, ai suoi tempi, risultava ancora impensabile. In altri campi fu, però, un precursore, un “moderno”. Capì che la lingua latina era morta e che bisognava dare spazio alle lingue romanze e anticipò alcune dottrine che in seguito proclameranno la scissione tra potere temporale e spirituale, ma come politico restò un conservatore e un uomo del medioevo!”

Grazie, Angela!