E’ morta Raffaella Carrà e, come accade in queste circostanze, si è scatenata una ridda di commenti tutti tendenti a beatificarla. Credo che ci siano molti motivi per rimpiangerla: agli inizi della sua carriera televisiva incantava per l’energia che sprigionava nei suoi balli, per la spontaneità e la facilità con cui comunicava con la gente, per l’allegria e l’amore per la vita e per le persone che sapeva esprimere.
Tuttavia confesso che a un certo punto non mi attirava più tanto: era evidente che a ballare erano ormai più i capelli che le gambe e bene fece a dedicarsi ad altro tipo di TV. La ricordo in “Pronto Raffaella” dove la sua straordinaria capacità comunicativa era la sua arma vincente. Mi piaceva meno “Carramba che sorpresa!” che ho seguito solo per le primissime puntate: è vero riusciva a regalare momenti di gioia a tanti, ma non mi piaceva l’idea di spettacolarizzare i sentimenti e il dolore della gente. Certo l’impatto di quella trasmissione dev’essere stato ben forte se addirittura il termine “carrambata” è entrato nel linguaggio comune e nei dizionari!
A lei va comunque riconosciuto il coraggio di intraprendere nuove strade, rischiando in proprio.
Il cordoglio di tanti che l’hanno conosciuta fa pensare che non sarà dimenticata tanto presto.
Per noi, non più giovani, resta la malinconia di veder scomparire a poco a poco coloro che hanno arricchito di emozioni e di buoni sentimenti il nostro cammino, mentre sorgono attorno a noi personaggi che non sempre comprendiamo e che ci restano estranei.
In queste circostanze mi vengono sempre in mente i versi del Pascoli, tratti dalla poesia “L’aquilone” …
Sì: dissi sopra te l’orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Chi vive a lungo è destinato a veder cadere attorno a sé tanti volti amici.