UTE: Psicopedagogia:La speranza certa.

La situazione attuale, in cui stiamo vivendo la coda della pandemia e ci si abbatte improvvisamente sulle spalle l’incubo di una guerra che potrebbe coinvolgerci, richiede certamente dosi ingenti di speranza.

Dobbiamo ripartire per andare verso una realtà che non potrà essere la stessa di prima: è risaputo che i nostri ragazzi che ora stanno per entrare in università, tra cinque anni si troveranno ad affrontare lavori che oggi non esistono ancora.

Durante la pandemia si è parlato molto di resilienza, cioè della forza serena  che ci permette di non soccombere nelle avversità ed è stato anche ribadito più volte che la fede rafforza notevolmente la capacità di resilienza.

Come tutti gli esseri viventi, l’uomo è dotato di istinto di sopravvivenza, ma ha in più in sé il desiderio della felicità;  in questi ultimi anni purtroppo, prima la pandemia e ora la guerra, hanno minato hanno minato queste due risorse e per questo è importante potenziare la nostra capacità di SPERARE.

La SPERANZA CERTA è una speranza rafforzata dalla fede in Qualcosa o Qualcuno di soprannaturale, cui affidarsi. A questo punto la dr.ssa Todaro ci ha ricordato la favola del bruco che voleva scalare una montagna e che riuscì a realizzare il suo sogno, diventando farfalla, proprio quando tutti pensavano che fosse morto.

La speranza entra in gioco quando ci si trova in difficoltà, ci spinge ad agire ed è sempre accompagnata dal timore che l’oggetto del nostro sperare non si realizzi.

La speranza riduce lo stress, migliora l’adattamento alle malattie e la qualità di vita, mettendo in moto le life-skills.

Nelle persone gravemente malate la speranza dipende da:

  • aspettative positive;
  • qualità personali;
  • spiritualità (fede)
  • obiettivi da raggiungere a breve termine;
  • assistenza fisica ed affettiva;
  • relazioni personali;
  • confort: essere liberi dal dolore.

Davanti a difficoltà gravi si può decidere di abbandonarsi alla disperazione o sperare: questo secondo modo di operare, ci spingerà a fare qualcosa, magari anche solo a fare un piccolo gesto o a elevare una preghiera e questo ci farà sentire meno impotenti.

Fa bene, la sera prima di dormire, pensare a qualcosa di positivo, secondo l’antico adagio che recita “Domani è un altro giorno”. Fa bene la mattina, quando ci si alza pensare al privilegio di essere vivi, di respirare senza fatica, di provare gioia e di avere persone da amare.

Chi è capace di speranza trova forza nell’affrontare un presente difficile,  ripensando alle cose belle della sua vita, inoltre ognuno di noi può dare affetto e  speranza agli altri.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come benessere fisico, sociale, mentale e ha incluso l’importanza della spiritualità. La felicità non dipende da ciò che si ha, ma da come valuto ciò che ho e ho avuto.

Papa Francesco ha più volte parlato della speranza come capacità di STARE NELL’ ATTESA,  sapendo che anche i momenti difficili sono destinati a finire.

Può aiutare anche ricordare una massima di Madre Teresa di Calcutta: “Ieri non è più, domani non è ancora. Non abbiamo che il giorno d’oggi. Cominciamo!”

Anche chi non ha capacità di sperare può imparare a farlo, focalizzando la propria attenzione alle cose belle che sempre abbiamo attorno a noi.