La prof. Piccolo ha iniziato la lezione facendo un breve riassunto della lezione precedente, ricordando come è nato il libro “Spagna” di Edmondo De Amicis. Questi, giovanissimo giornalista, era stato mandato in Spagna come inviato del giornale la “Nazione ” di Firenze per registrare l’umore degli Spagnoli che in quegli anni si trovavano ad essere governati da Amedeo I di Savoia , insediato sul trono di Spagna dopo l’estinzione della dinastia borbonica.
Il giovane De Amicis descrive ogni tappa del suo viaggio cercando di cogliere gli aspetti più accattivanti della Spagna, che a quel tempo era percepito dagli Italiani come un paese esotico. I suoi racconti ebbero l’effetto di incentivare i viaggi di piacere a scopo turistico verso la penisola Iberica.
Durante la sua permanenza in Spagna De Amicis conobbe e divenne amico di uno scrittore e uomo politico molto noto in Europa per i suoi discorsi contro la schiavitù che ancora era praticata nelle terre d’oltremare (Cuba, Portorico, Filippine): Emilio Castelar. Questi in passato aveva partecipato a dei movimenti rivoluzionari ed era stato costretto a scappare dal suo paese per evitare una condanna a morte. Nella sua fuga aveva visitato diversi paesi, ma quello che lo aveva affascinato di più era l’Italia e, dopo molti anni scrisse un libro intitolato “Recuerdos De Italia”, nel quale, senza un ordine logico, riportava le sue riflessioni e le emozioni provate visitando le città italiane e non solo i luoghi più noti. Ne traspare un grande amore per l’arte e per la cultura italiana.
I due libri furono pubblicati nello stesso anno e, pur essendo due noti libri di viaggio, presentano differenze notevoli, derivanti dalle diverse circostanze in cui sono stati pensati e scritti: De Amicis doveva conquistare il suo datore di lavoro e i lettori del suo giornale, quindi raccontava solo cose piacevoli e solo quello che i lettori si aspettavano di leggere; Castelar scriveva solo per esprimere il suo grande amore per l’Italia e ne descrisse in modo mirabile luoghi e atmosfere di grande bellezza, ma anche angoli di degrado e povertà.
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La lezione precedente era terminata con la lettura di alcuni articoli delle leggi razziali del 1938 ed è proseguendo quella lettura che oggi il prof. Cossi ha iniziato il suo racconto sulla figura di Don Milani. La madre del prete toscano infatti era ebrea e si può immaginare come quel periodo fosse vissuto in casa Milani.
Nel 1943, a 20 anni, Lorenzo entrò in seminario dove la vita era piuttosto difficile, soprattutto per lui che veniva da una famiglia benestante che gli aveva assicurato ogni conforto; il cibo era scarso e le celle fredde.
Il giovane seminarista studiava con passione le materie che gli interessavano, ma trascurava le altre e questo gli attirò l’ostilità del rettore, mons. Tirapani, ostilità che continuerà anche negli anni successivi al seminario. Il 13 luglio 1947 viene ordinato sacerdote e viene mandato nella parrocchia di San Donato di Calenzano, paese di operai e contadini, dove resterà per sette anni. In accordo col suo buon parroco, apre una scuola serale, perchè pensa che la mancanza di istruzione sia il problema più grande dei suoi parrocchiani: vuole che ognuno possa essere in grado di leggere un giornale e di capirne i testi. Ogni Venerdì invita un esperto per una conferenza e nei giorni precedenti della settimana prepara i suoi allievi a comprendere l’argomento che verrà affrontato e lui stesso prepara le lezioni, aggiornandosi via via sui temi da affrontare.
L’Italia in quegli anni è un paese da ricostruire: nel ’46 era stata proclamata la Repubblica e poi il governo era esercitato da una coalizione che comprendeva i partiti che avevano partecipato alla resistenza, ma i soldi del piano Marshal sarebbero arrivati solo a condizione che De Gasperi escludesse dal governo i rappresentanti del partito comunista e fu così che iniziò il lungo periodo dei governi etichettati Democrazia Cristiana, con l’appoggio di piccoli partiti di destra.
Due lezioni belle e ben esposte hanno arricchito il nostro pomeriggio all’UTE.