Il dr. Rizzi oggi ci ha illustrato una tecnologia che sa di futuro: la stampante 3D.
E’ una tecnologia per molti ancora sconosciuta, ma la cui scoperta risale alla fine degli anni 80. La stampante è in grado di produrre prototipi a basso costo, modelli di fusione (in oreficeria), attrezzature di produzione e viene utilizzata quando si devono produrre pochi pezzi dello stesso tipo.
E’ una tecnologia che fa risparmiare tempo ed è di facile utilizzo. Ne esistono diversi tipi.
La più piccola, di uso domestico, è grande come un PC e funziona grazie alla fusione di un filo di plastica (venduto a bobine) che la stampante spalma strato su strato secondo un modello che è stato programmato. Può costare circa 200 euro. Tutt’altro discorso è invece quello che riguarda le stampanti per le industrie che hanno prezzi molto più elevati e possono produrre protesi individualizzate (in ortopedia e ortodonzia) e addirittura cartilagini ,tessuti e organi umani (anche se per questi ultimi sono ancora in corso studi ed esperimenti). In edilizia stampanti di grandi dimensioni possono addirittura produrre case e palazzi; anche l’industria aerospaziale ricorre spesso a questa tecnologia per riprodurre parti da inserire nelle astronavi.
E’ certo una tecnologia che può avere sviluppi ora inimmaginabili e che può cambiare il mondo della produzione.
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MORLOTTI E QUEL SUO DOLCISSIMO PAESAGGIO – La prof. Beretta oggi ci ha parlato di un pittore che io non avevo mai sentito nominare, ma che, ho scoperto, è tra i più importanti pittori lombardi del secolo scorso.
Nato nel 1910 a Lecco, si iscrisse all’accademia di Firenze nel 1936, ma ne uscì dopo due anni, perché si sentiva estraneo alla tradizione toscana, così intellettuale e legata ai volumi geometrici; l’arte lombarda invece è da sempre molto legata alla realtà. Morlotti apprezza il realismo di Caravaggio e si sente vicino a Cézanne ea Courbet.
Lasciata l’Accademia partì per Parigi, dove si immerse nell’arte dei grandi pittori contemporanei e non. Due opere lo colpirono più di tutte: “Guernica” di Picasso e “Le bagnanti” di Cézanne. Nel primo di questi quadri scopre un nuovo modo di rappresentare la realtà, che è soprattutto una realtà emotiva anche se quasi surreale per la forma estetica; il secondo quadro, secondo quanto dice lo stesso Morlotti, è stato per lui come un pugno nello stomaco per l’uso delle forme e dei colori.
Fino a questo punto, però , il pittore lecchese non aveva ancora trovato un suo modo personale di esprimersi con la pittura e lo stesso successe anche al suo ritorno a Milano nel 1939. Qui però ebbe modo di incontrare e frequentare tutti gli intellettuali più in vista in quel periodo. Allo scoppio della guerra si trasferì a Mondonico, una piccola frazione di Olgiate Molgora, fatta di poche case immerse nel verde. Nel silenzio e nella quiete di quel luogo, Morlotti trovò l’ispirazione per la sua pittura e cominciò a dipingere i paesaggi che lo circondavano, caratterizzati da colline dolcie ricche di vegetazione. La sua pittura di quel periodo era istintiva, emotiva, ricca di colori.
A questo periodo felice seguì una parentesi parigina, assai meno “produttiva” Poi scoprì Imbersago e vi si trasferì e ritrovò la sua vena artistica, ma non si dedicò più ai paesaggi: il suo interesse si concentrò sui particolari della natura che aveva intorno, come a volerli penetrare; sono di questo periodo i “Paesaggi sull’Adda” dove arriva a un modo di dipingere che si può definire “informale”: non usa pennelli, ma spatole, non dipinge cose, ma macchie di colore. Dai suoi quadri traspare una grande partecipazione emotiva alla natura delle terre lombarde.
Sono grata alla professoressa Beretta per avermi fatto conoscere questo pittore così intimamente legato alla sua terra.