Ripubblico questo ricordo della macellazione del maiale in casa mia , che risale a circa sessant’ anni fa. Si era perso tra i meandri del blog e ce n’è voluto un po’ per ritrovarlo…
In primavera il papà comprava un porcellino, che, finchè era molto piccolo, così roseo e vivace, era veramente grazioso mentre scorrazzava in cortile o mentre poppava dal grosso biberon con cui veniva nutrito nei primi tempi.
In seguito, ogni giorno si utilizzava l’ acqua di cottura della pasta o il siero del latte, che il papà si procurava al caseificio , per preparare il “pastone” utilizzando anche gli avanzi di cucina ai quali veniva aggiunta una buona dose di crusca e anche il mangime comprato in paese.
Il maialino cresceva molto in fretta e ben presto diventava talmente grosso che, quando veniva tenuto in cortile per lasciarlo grufolare qua e là , veniva legato a un paletto e a noi bambini veniva raccomandato di stargli alla larga.
Quando, veniva la stagione fredda (dopo Natale, credo) a un certo punto si cominciava a parlare del “masalari” (macellaio o norcino) che sarebbe venuto il tal giorno. Mi pare si chiamasse Magretti e ne ricordo la figura alta e magra, il viso abbronzato e solcato da profondissime rughe e il lungo grembiule di tela incerata.
Quella mattina , subito dopo la colazione, mia madre mi disse di andare a trovare la mia amica nella fattoria vicina ; mentre percorrevo il sentiero , mi giunsero alle orecchie le urla acutissime del maiale e io mi misi a correre più forte che potevo per la paura. Quando più tardi ritornai a casa, ricordo di aver visto la carcassa biancastra e fumante del maiale stesa su un tavolaccio in mezzo al cortile, mentre un odore piuttosto nauseante si spandeva nell’ aria.
Tutt’ attorno si affaccendavano il Magretti con il suo garzone e anche papà e mamma che davano una mano. Alla sera si consumava subito il sanguinaccio con la polenta e già il giorno dopo c’ erano i ciccioli saporitissimi e croccanti, che si scioglievano in bocca. Si cucinavano anche gli ossi, per spolparli con cura e poi venivano ceduti (venduti?) a chi li avrebbe indirizzati alle fabbriche di oggetti di uso quotidiano.
Ricordo anche la preparazione degli insaccati che ci avrebbero fatto buona compagnia per il resto dell’ inverno: azionando un utensile che non so descrivere, venivano riempite sapientemente le budella accuratamente lavorate e in men che non si dica il tavolo di cucina si riempiva di salsicce, di cotechini, di salami…
Credo di ricordare che i prosciutti venivano venduti almeno in parte, forse per pagare il norcino…
Quando gustavamo le prelibatezze , dono del nostro prezioso maiale, nessuno in famiglia , nemmeno io, pensava a quale triste sorte gli fosse toccata : era stato comprato e allevato per questo , niente di più normale. Ricordo anzi una certa atmosfera di festa per l’ abbondanza di cose buone che comparivano sulla tavola.