Si è appena sciolta l’ ultima neve caduta la settimana scorsa e fa ancora freddo, ma nel giardino sono già fiorite le prime viole. Questo mi ha riportato alla mente giorni lontani….
Quando frequentavo le elementari, c’ era una specie di tacita gara tra noi compagni di classe : chi sarebbe riuscito a portare alla maestra il primo mazzolino di viole raccolte nei campi?
Così nei primi giorni di bel tempo, ritornando da scuola, ci si metteva d’ accordo con i bambini vicini di casa per ritrovarsi insieme e andare “a viole”.
Si poteva uscire senza cappotto perchè il sole era già tiepido nelle ore centrali del giorno.
Si andava per i sentieri sterrati scavalcando qua e là i fossatelli pieni d’ acqua che percorrevano la campagna.
C’ erano i contadini nei campi che terminavano le potature o che raccoglievano le fascine e che, senza parere, ci tenevano d’ occhio.
Noi correvamo verso le rive dei fossi, l’ habitat preferito dalle viole e capitava di attraversare i campi arati già dall’ autunno e che avevano riposato per tutto l’ inverno sotto la neve.
Il gelo aveva formato sulle zolle nude una crosta superficiale friabile. Calpestandola, essa si sbriciolava e la terra ti riempiva le scarpe, così dovevi toglierle , mentre i piedi affondavano fino a trovare gli strati di terra sottostanti ancora gelidi e ti accorgevi che nonostante il sole tiepido era ancora inverno.
Poi la corsa riprendeva per raggiungere gli altri amici che nel frattempo avevano proseguito l’ esplorazione.
Le viole più ambite erano quelle a gambo lungo e anche quelle bianche erano particolarmente apprezzate. Ognuno di noi componeva il suo mazzetto senza dimenticare di aggiungere qualche foglia, per renderlo esteticamente più gradevole e con quel trofeo profumato si tornava a casa.
La mattina dopo, si cercava di arrivare a scuola un po’ prima del solito per poter mettere le viole nel vasetto sulla cattedra , così la maestra avrebbe mostrato sorpresa e avrebbe ringraziato chi le aveva donato quel segno inequivocabile della primavera imminente.