Ora tagliare l’ erba è diventato un lavoro molto semplice: basta azionare un tosaerba nei giardini o una falciatrice nei prati e in poco tempo vaste superfici vengono liberate dal loro mantello erboso.
Io ricordo invece quando, verso sera, nella bella stagione, c’ era sempre qualcuno sulle aie di campagna intento a preparare la sua falce per il lavoro del giorno successivo.
Seduto a terra sul bordo del marciapiede davanti a casa , il contadino o il bracciante piantava a terra un lungo ferro sul quale appoggiava la lama della falce e con un martello cominciava a battere sul filo del suo attrezzo, mentre l’ altra mano lo faceva scorrere lentissimamente e il lavoro continuava fino a quando tutta la lama era stata battuta al punto giusto. Per capire se il filo era abbastanza tagliente, bastava toccarlo col pollice: il rumore prodotto dal leggero sfregamento e il tatto dicevano se il lavoro era stato ben eseguito. Poi c’ era il lavoro di rifinitura per togliere eventuali piccole irregolarità: con la cote, una pietra a forma ovale molto allungata (che mi pare venisse custodita dentro a un corno legato alla cintura contenente un po’ d’ acqua), il contadino lisciava il filo della lama . Mi colpivano la precisione e la destrezza dei movimenti, che testimoniavano una lunga esperienza .
Quando poi si trattava di falciare l’ erba di un prato, il contadino procedeva piano , coordinando tutti i movimenti del suo corpo: mentre le braccia si allargavano azionando la lunga falce, il passo ritmato assecondava quel movimento. Il lavoro era duro e ogni tanto il falciatore si rialzava per ripassare il filo della falce con la cote o per asciugare il sudore della fronte . Dopo ore di lavoro, tutta l’ erba giaceva a terra e lì sarebbe rimasta fino a che non si fosse ben asciugata e proprio per questo veniva più volte rivoltata coi forconi fino a quando fosse stata pronta per rifornire il fienile rimasto vuoto nell’ inverno appena trascorso.