C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, |
Son nate nella selva del convento |
Si respira una dolce aria che scioglie |
un’aria d’altro luogo e d’altro mese |
sì, gli aquiloni! È questa una mattina |
Le siepi erano brulle, irte; ma c’era |
bianco; e sui rami nudi il pettirosso |
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino |
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, |
S’inalza; e ruba il filo dalla mano, |
S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo |
Più su, più su: già come un punto brilla |
Sono le voci della camerata |
A uno a uno tutti vi ravviso, |
Sì: dissi sopra te l’orazïoni, |
Tu eri tutto bianco, io mi rammento. |
Oh! te felice che chiudesti gli occhi |
Oh! dolcemente, so ben io, si muore |
ancora in boccia! O morto giovinetto, |
Meglio venirci ansante, roseo, molle |
Meglio venirci con la testa bionda, |
tua madre… adagio, per non farti male. Oggi mi son dedicata ai primi lavori in giardino: ho interrato qualche bulbo, trapiantato qualche primula, una pianta di rosmarino e qualche ciuffo di viole mammole. C’ era un sole tiepido e un profumo di primavera intorno, così mi son ricordata questa poesia studiata sui banchi di scuola. Toccano il cuore le parole del Pascoli che descrive i segni della primavera, che gli fa ricordare tempi lontani, i tempi della scuola, le passeggiate in collina col lancio degli aquiloni e i compagni…… Ma a questo punto la poesia prende una svolta quasi imprevedibile : la dolcezza e la nostalgia dei primi ricordi si mutano in amarezza: meglio morire in tenera età,- dice il Pascoli – quando non hai ancora visto venir meno i visi delle persone che hanno percorso insieme a te le strade della vita, quando hai vissuto talmente poco che morire non ti pesa, quando una mano di mamma può ravviarti i capelli…… Ecco qui Pascoli mi pare terribilmente egoista: come fa a non pensare allo strazio che accompagna quella lenta carezza? Esiste qualcosa di più innaturale che veder morire un proprio figlio? Solo chi non è mai diventato genitore può scrivere versi così insensati…… |