Guardando “La classe degli asini”

Ieri sera ho seguito la fiction televisiva “La classe degli asini” con Flavio Insinna e Vanessa Incontrada. La vicenda, che si ispira a una storia vera, è ambientata a Torino nei primi anni 70 del secolo scorso e tratta del problema dell’inserimento nelle scuole pubbliche dei bambini con difficoltà, che fino ad allora erano stati confinati , o per meglio dire ghettizzati, nelle scuole differenziali. Guardando quelle immagini mi sono venuti in mente alcune vicende di cui sono stata testimone o protagonista.

Ero appena diplomata e impartivo qualche lezione privata: tra i miei alunni, per qualche tempo ebbi anche una bambina delle elementari che aveva dovuto subire un intervento piuttosto serio per ovviare a difficoltà di deambulazione. La mamma doveva portarla a scuola in carrozzina , ma aveva bisogno di aiuto per entrare nell’edificio,  costruito in epoca fascista, dato che vi si accedeva tramite una scalinata. La mamma non poteva certo da sola portare bimba e carrozzina e chiese alla scuola se qualcuno avesse potuto aiutarla. Non trovò nessuna collaborazione nè tra gl’insegnanti nè tra il personale ausiliario; solo un genitore, che aveva anche lui problemi di deambulazione si offrì per dare una mano a quella bimba e a quella mamma.

Una decina di anni dopo, insieme ad altre due colleghe, dovemmo inventarci le classi aperte, come si diceva allora, per far fronte all’inserimento di un numero notevole di bambini con handicap provenienti da un istituto adiacente alla scuola. Forse la mossa era stata suggerita dal tentativo di farci alzare bandiera bianca di fronte alla difficile situazione, ma noi  cominciammo a suddividere i bambini in piccoli gruppi e a farli ruotare su diverse attività nei vari momenti della mattinata; spostavamo gli  arredi per adibire le aule a palestra o a laboratorio di pittura e i bambini collaboravano a trasportare carrozzine e materiali vari. Fu un momento di grande impegno  professionale, che fu possibile portare avanti solo grazie alla determinazione di noi tre insegnanti, visto che l’esperimento non era visto di buon occhio da colleghi e superiori. Poi venne la visita dell’ispettore, che approvò il nostro modulo operativo.

Dopo poco tempo fu approvata la legge che prevedeva l’inserimento di un bambino con handicap in classi con numero limitato (non oltre 20) di alunni. Per quei tempi era una legge all’avanguardia…ora non so bene come stiano le cose.