Eravamo in tanti allora (primi anni 50) a vivere in dignitosa povertà. Mi ricordo le merende a base di mezzo formaggino col pane o a base di pane e burro e zucchero, o le cene in cui il piatto unico era l’ anguria, ma non si soffriva la fame. Probabilmente in casa d’ altri non era così e a scuola, alcuni bambini usufruivano dell’ assistenza del Patronato Scolastico che forniva loro una tazza di latte al momento della ricreazione; in altre occasioni quei bambini potevano avere gratuitamente i quaderni e il materiale scolastico in genere e, in alcuni casi, anche capi di vestiario o scarpe.
Per finanziare queste attività, ogni anno in autunno si teneva il gran ballo del Patronato Scolastico: la festa più attesa dalle ragazze, per sfoggiare qualche abito elegante, e dai ragazzi per mettersi in mostra e pavoneggiarsi davanti alle loro coetanee, sempre rigorosamente accompagnate dalle mamme, che svolgevano bene il loro ruolo di CHAPERON. Partecipavano anche tutti gli insegnanti del paese, che si occupavano di far in modo che la serata avesse un successo di partecipazione tale da consentire una sufficiente raccolta di fondi.
Ricordo che il Veglione metteva in fermento tutto il paese. Io ero troppo piccola allora e non ho mai partecipato, ma ricordo che in casa se ne parlava . Il Veglione rimaneva l’ argomento preferito di conversazione e di pettegolezzo anche nei giorni successivi all’evento per raccontare e commentare ciò che era successo, incluse le eventuali belle o brutte figure dei partecipanti
Per i bambini meno fortunati non doveva essere molto piacevole essere oggetto di questo tipo di beneficienza: il tutto sapeva molto di elemosina e forse per questo si passò poi ad altre forme di aiuto.