Credo che tutti in questi giorni siamo spesso sintonizzati sulle reti RAI per vedere i giochi olimpici, che sono uno spettacolo davvero consolante, almeno per me: mi piace vedere tanti giovani di tutti i paesi del mondo, anche quelli più sconosciuti, confrontarsi alla pari, con entusiasmo e senza pregiudizi gli uni verso gli altri. Alla fine di ogni gara vincitori e vinti, spesso tutti con gli occhi pieni di lacrime, si abbracciano riconoscendo il valore dell’avversario.
Tra le molte gare che ho seguito, vorrei riflettere un po’ su quelle bel beach-volley femminile. Le ragazze occidentali vestono un bikini succinto, che mi pare un abbigliamento che tende a limitare il fastidio della sabbia che si intrufola ovunque ad ogni tuffo. Le ragazze provenienti da paesi islamici invece devono gareggiare col corpo fasciato da pantaloni lunghi, da magliette a maniche lunghe e col capo avvolto dall’hijab, il foulard che lascia scoperto il volto. Questa mi pare una vera assurdità o meglio una tortura!!
Se poi vado per strada, vedo le ragazze, più o meno giovani, vestirsi come fossero in spiaggia, quasi come le atlete del beach-volley, e i ragazzi che coprono giudiziosamente cosce e toraci pelosi. Ora, credo che la libertà sia un valore sacro e irrinunciabile, ma credo che essa abbia un limite nella libertà degli altri e credo anche che sia ragionevole adeguare il proprio abbigliamento alle situazioni e agli ambienti in cui ci troviamo. Perché io devo essere costretta a vedere seni e natiche ballonzolanti quando vado al supermercato o su un treno?