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Berna/Zurigo/Losanna, 15 settembre 2016
Il rapporto “Dirty Diesel”, pubblicato oggi da Public Eye*, svela gli abusi commessi in Africa dagli imprenditori svizzeri del settore petrolchimico.
L’esclusivo rapporto, risultato di tre anni di inchiesta, svela per la prima volta come le aziende svizzere attive nel commercio di materie prime siano implicate nei problemi del settore dei carburanti in Africa. Alcune imprese svizzere proprietarie di distributori di benzina fanno infatti affari agendo in modo vergognoso all’interno della catena di produzione e distribuzione. Nell’Africa occidentale ad esempio, le aziende Vitol, Trafigura e Addax & Oryx approfittano dei deboli standard africani per vendere carburanti di bassa qualità e realizzare guadagni a discapito della salute pubblica degli africani. Le analisi svolte da Public Eye su campioni prelevati nei distributori di benzina di otto Paesi hanno mostrato risultati scioccanti: i carburanti contengono fino a 378 volte il tenore di zolfo autorizzato in Europa. Questi prodotti contengono poi altre sostanze altamente nocive, come benzene e idrocarburi policiclici aromatici, a livelli egualmente proibiti dalle norme europee.
Public Eye dimostra che le aziende svizzere non solo vendono carburante tossico, ma addirittura lo producono mescolando diversi prodotti petroliferi semilavorati ad altre sostanze chimiche al fine di creare ciò che l’industria chiama “la qualità africana”. Questi carburanti altamente inquinanti vengono principalmente prodotti nella regione ARA (Amsterdam-Rotterdam-Antwerpen), dove gli imprenditori svizzeri dispongono di importanti infrastrutture, quali raffinerie e depositi. Le società svizzere producono in Europa carburanti che non potrebbero mai essere venduti nel vecchio continente e sono responsabili di buona parte delle esportazioni verso l’Africa occidentale di gasolio e di benzina ad alto tenore di zolfo. Diversi paesi dell’Africa occidentale esportano quindi verso l’Europa petrolio greggio di ottima qualità, ricevendo in cambio del carburante tossico.
La produzione e la vendita di carburante tossico sono illegittime e violano il diritto alla salute della popolazione africana. Secondo un recente studio dell’OMS, l’Africa è vittima del più elevato aumento di inquinamento dell’aria nelle zone urbane a livello mondiale. Le proiezioni del Consiglio Internazionale per un Traffico Pulito (ICCT) – organizzazione non governativa nata in seguito allo scandalo VW – prevedono che l’inquinamento dell’aria legato al traffico stradale causerà, entro la fine del 2030, tre volte più decessi prematuri in Africa che in Europa, Stati Uniti e Giappone messi insieme. Le malattie respiratorie rappresentano già un grande problema in questa regione ed i gas di scarico sono classificati come cancerogeni dall’OMS. Per fermare questa bomba ad orologeria, i governi africani devono adottare standard più rigorosi. I commercianti svizzeri devono invece rispettare i diritti umani in tutti i paesi nei quali operano, come indicato nei Principi Guida dell’ONU su imprese e diritti umani, in vigore dal 2011.
Nel rapporto sulla sostenibilità del 2015, il CEO Jeremy Weir annunciò che Trafigura sarebbe diventata un “leader riconosciuto in materia di responsabilità sociale delle imprese”. La società aveva espresso la volontà di ispirarsi ai Principi Guida dell’ONU. Alla fine di settembre Public Eye ed altre organizzazioni non governative dell’Africa occidentale invieranno un contenitore riempito di aria inquinata proveniente da Accra, capitale del Ghana, all’azienda ginevrina. Mediante questo simbolico “ritorno al mittente”, Public Eye invita Trafigura a rispettare la parola data, impegnandosi a vendere carburante conforme agli standard europei ovunque nel mondo.
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