Nie notiziari di questa mattina imperversa il tema della siccità, che sta disseccando fiumi e laghi con gravi ripercussioni sulle attività agricole e, in prospettiva, sulla vita di tutti noi.
Nel romanzo “Furore” di Steinbeck, la siccità è uno dei fattori (assieme al sistema bancario senza anima) della rovina della famiglia Joad. Ecco come lo scrittore americano la racconta:
“….verso la metà di giugno le nuvole del cielo, alte, pesanti, gravide di pioggia, si mobilitarono nel Golfo ed iniziarono la loro marcia di invasione nel Texas. Gli uomini nei campi levavano gli occhi verso di esse e annusavano l’aria e rizzavano dita bagnate di saliva per ragguagliarsi sulla provenienza del vento. Le nuvole passando lasciarono cadere parte del loro contenuto e s’affrettarono ad invadere altre contrade, lasciandosi alle spalle il cielo pallido come prima e il sole feroce, e nella polvere crateri pieni d’acqua, e nei campi di granturco chiazze rinverdite.
Passate le nuvole arrivò un venticello che, sospingendole verso settentrione, faceva mormorare sommesso il granturco annaffiato. Passò un giorno e il vento aumentò di intensità e di costanza. La polvere s’alzò dalle strade e coprì le ortiche dei fossi e si spinse anche addentro nei campi di granturco.
Il vento si fece impetuoso e si accanì nel rodere la crosta lasciata dall’acqua nei campi. A poco a poco il cielo si oscurò, perchè il vento continuando a raschiare la crosta metteva in libertà la polvere e se la portava via, insieme con frotte di foglie morte e fili di paglia. Il sole splendeva rosso nell’aria oscura e fredda. Una notte il vento impazzò, zappò furiosamente la terra attorno alle radici del granturco, e il granturco si mise a lottare per difesa contro il vento agitando le sue foglie indebolite, ma nella lotta le radici risultarono denudate dalle zolle di terra protettrice e ogni pianta risultò inclinata nella direzione del vento.
Da Furore di John Steinbeck.