Nel viaggio di ritorno dalla Grecia, il Papa ha pronunciato una frase che ha colpito molto i giornalisti, come se fosse una svolta imprevista nel magistero della Chiesa. La frase in questione è: “I peccati più gravi non sono quelli della carne”.
A dir la verità non è proprio una novità, come si legge in questo articolo del 2019.
Disprezzare la corporeità è stato per troppi secoli un atteggiamento della cristianità, culminato nel medioevo e oltre, quando addirittura non lavarsi era considerato un atto di penitenza gradito a Dio e il ricercare le sofferenze corporee un mezzo per raggiungere la santità.
Per parte mia non ho mai capito tali atteggiamenti e da molti anni anche sacerdoti di mia conoscenza andavano dicendo le stesse cose che Papa Francesco va ripetendo: il nostro corpo fa parte della creazione, è opera mirabile di Dio e come tale va rispettato, curato e difeso.
Certamente l’attività sessuale è una straordinaria possibilità di comunicare e di partecipare alla Creazione e pertanto va esercitata sempre con grande senso di responsabilità e rispetto per l’altro, con l’intento di darsi reciproco sostegno.
Ciò che, spesso, in questo campo, veniva considerato grave peccato in passato, non si può certo paragonare al male provocato da chi riduce in schiavitù altri esseri umani, da chi li sfrutta, da chi li degrada,da chi li schiaccia per conseguire più successo e più potere.
Un cambiamento di “registro” in questa materia potrà forse riavvicinare i molti che si sono allontanati dalla Chiesa non sentendola più in sintonia con la realtà e con il modo odierno di intendere la vita.